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Ambiente

La scala mobile per l’estinzione

Animali e piante delle montagne sono costretti dalla crisi climatica a viaggiare su una scala mobile in salita, che potrebbe avere pesanti conseguenze sulla loro sopravvivenza

di
Chiara Bettega
11 gennaio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Nel 1985 un gruppo di ricercatori del Field Museum di Chicago vola in Perù e intraprende una spedizione sul Cerro de Pantiacolla, una piccola catena montuosa di poco più di 1400 m ai piedi delle Ande, nulla a che vedere con l’immagine romanticamente drammatica dei pinnacoli andini. Il gruppo percorre i mille metri di dislivello, spalmati su otto chilometri, che separano la base lungo il fiume Palatoa dalla cima e con la meticolosa e paziente disciplina che caratterizza gli ornitologi, e in 31 giorni documenta tutte le specie di uccelli presenti lungo quello che in termini tecnici viene definito “transetto”, ovvero un percorso il più possibile lineare.

Agli occhi dei non addetti ai lavori la spedizione di Pantiacolla potrebbe sembrare una raccolta di figurine: l’album completo conta 453 figurine di specie dai nomi bizzarri come solo i nomi degli uccelli possono essere. D’obbligo la traduzione letterale dall’inglese, giacché non esiste il corrispettivo italiano: dal tiranno dell’acqua dolce che risiede alla base del monte fino al beccopiatto pettofulvo che se ne sta solo sulla cima, fino all’eufonia ventrearancio che sta ovunque. Ognuna con la propria storia evolutiva, ognuna con le proprie abitudini; ognuna con la propria nicchia termica, ovvero quell’intervallo di temperatura ottimale entro cui un organismo riesce a vivere e riprodursi. Per noi umani non sembra una cosa poi così importante; certo, c’è chi non sopporta il caldo, chi non ama il freddo, ma condizionatori e stufe ci hanno ormai disabituati a fare i conti con la temperatura esterna. Il resto del mondo animale e vegetale è invece scolpito anche dalla temperatura per cui, semplificando all’estremo, ci sono gli specialisti del freddo - ma non del caldo - e viceversa e poi ci sono i generalisti, quelli che stanno bene un po’ in tutte le situazioni non estreme.

 

Nelle “terre basse”, per poter osservare come le specie cambiano seguendo la variazione di temperatura, dobbiamo necessariamente spostarci in senso latitudinale di parecchie centinaia di chilometri. Le montagne invece ci offrono un’opportunità unica, ovvero quella di comprimere in uno spazio ristretto tutta questa variazione termica: ogni 100 metri che percorriamo verso quote più alte la temperatura diminuisce più o meno di 0.6 °C. La stessa diminuzione di temperatura in senso latitudinale si avrebbe circa ogni 90 km verso nord nel nostro emisfero e 120 verso sud nell’emisfero australe. Bella differenza, vero?

Torniamo alla spedizione di Pantiacolla. L’obiettivo non è completare la raccolta di figurine, bensì descrivere come cambia la comunità di uccelli mano a mano che si sale verso l’alto e “posizionare” ogni specie dentro il proprio intervallo altitudinale. Bene. La spedizione compie il proprio dovere e torna nella fredda città del blues sul lago Michigan.

 

Nel 2017 una nuova spedizione torna in Perù con l’obiettivo di ripercorrere i passi della precedente e vedere se è cambiato qualcosa nella “vita alata” della montagna, approfittando del fatto che tutto, laggiù al Cerro, è rimasto come allora. Tutto tranne la temperatura. Nei 32 anni che separano le due spedizioni, la temperatura media annuale in quell’area del Paese è aumentata di 0.42 °C, il che può sembrare ridicolo, ma ricordiamoci quanto importante sia la temperatura nella verticalità montana. Pentiacolla 2 ripete esattamente quanto fatto da Pentiacolla 1 e quando arriva alla cima il beccopiatto pettofulvo non c’è più. Neppure l’averla formichiera, o il solitario andino. Alla fine Pentiacolla 2 conterà 8 assenti delle 16 specie che nel 1985 vivevano sulla cima. Non solo: l’intera “comunità verticale” del Cerro si è spostata in media di 40 metri verso l’alto, rincorrendo quell’aumento di temperatura di soli 0.42 °C. Uno spostamento che se consideriamo la forma piramidale delle montagne si traduce in una progressiva diminuzione dello spazio vitale a disposizione e diventa una falce per le specie delle quote più alte come il beccopiatto del Cerro, che non hanno più dove stare, se non andarsene e scomparire da quella montagna. O scomparire per sempre, dipende.

 

I ricercatori la chiamano “scala mobile per l’estinzione” e non riguarda, naturalmente, solo il Cerro de Pentiacolla, come non riguarda solo gli uccelli. A livello globale le montagne si stanno riscaldando più velocemente rispetto alle pianure circostanti e la maniera più rapida che piante e animali di questi ambienti hanno per far fronte al cambiamento è spostarsi verso l’alto, per ritrovare le condizioni ottimali in cui vivere.

E così ci si incammina sulla scala mobile, che se non ci decidiamo a fare qualcosa continuerà a salire, finché, parafrasando la famosa canzone, “non ci saranno montagne alte abbastanza” (Ain't no mountain high enough, Marvin Gaye & Tammi Terrell).

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