La parabola dello svitatore di rivetti
Come possiamo comprendere l'importanza di specie ed ecosistemi per il funzionamento del pianeta su cui viviamo? Un'insolita ma illuminante parabola ce lo spiega
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il 24 dicembre 1968 l’astronauta William Anders scattò, dall’orbita lunare dell’Apollo 8, una foto che segnò un cambio di paradigma nella percezione umana della propria posizione nel cosmo: la prima immagine a colori del nostro pianeta, parzialmente in ombra, una sfera bianca e blu sospesa nel nero profondo dell’universo. Fu intitolata Earthrise, “Sorgere della Terra”. Per la prima volta le persone vedevano la loro casa in tutto il suo splendore, ma anche nella sua infinita solitudine e fragilità. Una piccola fiammella in una cattedrale infinita, buia e silenziosa.
Tredici anni dopo, i due scienziati americani Anne e Paul Ehrlich pubblicano il libro Extinctions: the causes and consequences of the disappearance of species, nella cui prefazione la sfera bianca e blu sospesa nel nero universo viene paragonata ad un’astronave, l’Astronave Terra appunto, sulla quale tutti noi - ma proprio tutti, volenti o meno - siamo imbarcati e questo magnifico dirigibile spaziale diventa protagonista di una vera e propria parabola: la parabola dello svitatore di rivetti.
I coniugi Ehrlich ci proiettano così in un aeroporto. Mentre ci dirigiamo dal terminal all’aeromobile notiamo un uomo che, in cima ad una scala, è intento a svitare dei rivetti da una delle ali. Potete immaginare lo stupore - e la comprensibile preoccupazione - con la quale ci avviciniamo all’uomo e gli chiediamo cosa diavolo stia facendo. Lui candidamente ci spiega che la compagnia aerea per cui lavora (che gli Ehrlich chiamano eloquentemente Growthmania Intercontinental, letteralmente “Mania di Crescita Intercontinentale”) ha bisogno di soldi per continuare ad espandersi e dato che ha scoperto che può vendere quei rivetti a due dollari al pezzo, gli ha dato l’incarico di toglierli. Tranquilli però, non tutti i rivetti sono importanti e in effetti ne ha già tolti diversi e l’ala non è ancora caduta, inoltre pure lui volerà su quell’aereo, quindi non dobbiamo preoccuparci.
Siamo tutti d’accordo che a questo punto rientreremmo nel terminal e andremmo a denunciare lo svitatore “svitato” e la compagnia aerea all’autorità aeroportuale, giusto?
Ecco quindi che l’inquadratura si sposta su quella grande astronave chiamata Terra, sulla quale siamo per forza costretti a viaggiare e che non abbiamo certo possibilità di cambiare. I rivetti dell’astronave sono rappresentati dalle specie - qualsiasi tipo di organismo vivente, non umano - che tengono insieme gli ecosistemi terrestri facendoli funzionare, mentre lo svitatore di rivetti siamo tutti noi, che contribuiamo a togliere specie-rivetti dagli ecosistemi-fusoliera del mezzo su cui viaggiamo. Sicuramente nessuno di noi si sentirà uno svitatore di specie, tuttavia da un lato legittimiamo con il silenzio o l’ignoranza azioni che portano al consumo di suolo, all’inquinamento (non solo atmosferico, ma anche acustico e luminoso), alle alterazioni degli habitat fino al cambiamento climatico e dall’altro con le nostre stesse scelte e i nostri comportamenti individuali possiamo contribuire ad un sistema che, inesorabile, svita e svita e svita i rivetti della nostra astronave.
Si potrebbe obiettare che come non tutti i rivetti di un aereo sono indispensabili al suo funzionamento, così non tutte le specie lo sono per i rispettivi ecosistemi. Effettivamente, gli ecosistemi sono composti da gruppi di specie che svolgono funzioni diverse, un po’ come la nostra società è fatta da gruppi di persone che svolgono diversi lavori. Maggiore è la diversità di funzioni (lavori) svolte, migliori sono le condizioni di quell’ecosistema (società). A seconda di quante specie compongono un gruppo, possiamo avere più o meno ridondanza di funzioni, per cui idealmente potremmo permetterci di perdere qualche specie in un gruppo numeroso, perché ce ne saranno altre che continueranno a svolgere quella specifica funzione. Così per i rivetti: potrò continuare a toglierne fintantoché ci saranno dei sostituti che svolgono la stessa funzione e l’aereo continuerà a volare. Ma ad un certo punto quel rivetto in più che tolgo potrebbe essere fondamentale per non far perdere l’ala, come l’estinzione di una specie chiave potrebbe portare ad un danno irreparabile per quel dato ecosistema. Oppure: a far cedere la struttura potrebbe essere l’effetto cumulativo dell’assenza di molti rivetti-specie ridondanti. La questione è che non sempre si riesce a capire quali sono le specie chiave di un ecosistema, o stimare quante specie simili al suo interno possiamo perdere prima di comprometterne la funzionalità. Bisogna anche tener presente che, considerati gli stress ai quali gran parte degli ecosistemi terrestri e acquatici sono sottoposti, specie ridondanti possono funzionare da cuscinetti protettivi, preziosi per garantire maggior stabilità e resilienza.
La parabola dello svitatore di rivetti contiene, come tutte le parabole, un monito al quale possiamo o meno dare ascolto. Se risparmiare dall’estinzione tutte le specie può essere effettivamente fuori dalla nostra portata, almeno proviamo a riconoscere lo svitatore di rivetti negli ambienti che frequentiamo, dal parco cittadino alle valli montane più selvagge e abbiamo il coraggio di opporci. In fin dei conti è della nostra astronave che stiamo parlando, quella “palla da bowling marmorizzata”* che portò anni dopo Anders ad ammettere: “Partimmo per esplorare la Luna e invece scoprimmo la Terra. […] Siamo legati ad un pianeta che dobbiamo condividere. Siamo tutti, insieme, assistenti di volo di questo fragile tesoro”.
*Joni Mitchell, Refuge of the Roads