La diga più grande dello Zambia resta a secco a causa della siccità. Le sfide dell’idroelettrico passano dai problemi dell'Africa
Negli ultimi due anni l’aggravarsi delle siccità, l'aumento delle temperature e la crescita dei consumi energetici hanno messo sotto pressione il sistema elettrico del Paese. Di conseguenza, lo Zambia si ritrova a ricevere energia elettrica in modo intermittente, privilegiando i grandi centri urbani. Un tema molto delicato accomuna la diga di Kariba ai progetti idroelettrici proposti in Italia negli ultimi anni: queste grandi infrastrutture sono spesso costruite in aree rurali, mentre i benefici (energetici o idrici) ricadono su territori lontani
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
L’energia idroelettrica è una fonte rinnovabile stabile e, sulle Alpi, questa certezza persisterà anche nei decenni a venire. Si tratta del “gigante dimenticato” della decarbonizzazione, che in Italia fornisce il 20% dell’energia rinnovabile in rete, scendendo al 15% in anni particolarmente siccitosi come il 2022. Parlando di nuovi invasi, come nel caso del Vanoi in Veneto (dove, nello studio di fattibilità, è prevista una turbina da 2 MW che sarà allacciata a una CER locale) o della diga di Casalbuono e Montesano in Campania (con una potenza installata prevista di 1 MW), la potenzialità dell’energia idroelettrica installabile sembra un capitolo a parte, trattato con una certa riluttanza.
Guardando a un futuro prossimo, ossia ai prossimi decenni, per capire che ruolo avrà l’energia idroelettrica in una società decarbonizzata, bisogna allargare lo sguardo e osservare i paesi attualmente più colpiti dall'aumento delle temperature e dalle instabilità meteorologiche.
Con una previsione di un aumento delle temperature medie di +2,7°C / +3°C entro fine secolo, è difficile capire come sarà il clima sulle Alpi (dove l’aumento delle temperature procede a un ritmo doppio rispetto al resto del globo) e altrettanto complesso sarà valutare come l'aumento delle temperature influenzerà la stabilità della produzione idroelettrica.
Allargare lo sguardo, il caso Zambia
In Zambia, l’energia idroelettrica è il pilastro dello sviluppo energetico del Paese. Questa nazione dell’Africa centro-meridionale, con una popolazione di 19 milioni di persone e un clima tipicamente tropicale, è responsabile solo dello 0,02% delle emissioni globali (dati al 2023). Negli ultimi decenni, la produzione di energia da fonti idroelettriche è aumentata al punto da coprire circa il 50% del fabbisogno energetico nazionale, come avviene per molte altre nazioni sub-sahariane.
Negli ultimi due anni, l’aggravarsi delle siccità, l'aumento delle temperature e la crescita dei consumi energetici hanno messo sotto pressione il sistema elettrico del Paese. Di conseguenza, la capitale si ritrova a ricevere energia elettrica in modo intermittente. Gli ospedali sono costretti a dotarsi di generatori di emergenza alimentati da combustibili fossili, mentre i cittadini devono pianificare l'uso delle utenze domestiche (come ricaricare il telefono, usare il PC, fare il bucato in piena notte) in base alla disponibilità di energia.
Un recente studio dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) ha rilevato che i Paesi africani che basano la propria strategia energetica esclusivamente sull’idroelettrico rischiano di affrontare un “maggiore stress idrico a causa di cambiamenti e andamenti irregolari delle precipitazioni” dovuti al riscaldamento globale.
Questa instabilità nella produzione idroelettrica porta a conseguenze che aggravano ulteriormente il problema: per garantire un accesso costante all'energia elettrica, lo Zambia sta rapidamente aumentando l'uso dei combustibili fossili. Nei prossimi due anni, è prevista l’apertura di alcune centrali a petrolio e gas, nel tentativo di stabilizzare la rete. Allo stesso tempo, si sta assistendo a un vero e proprio boom dell'energia da carbone, la fonte fossile più inquinante.
Per comprendere l'impatto che i cambiamenti climatici hanno sulle popolazioni locali, basta osservare la situazione della diga di Kariba, sul fiume Zambezi, che ha una potenza installata di 2.010 MW (che fa impallidire il capitolo idroelettrico del progetto del Vanoi) e che in questi mesi si trova ai minimi livelli. Questa diga fornisce energia sia allo Zambia che allo Zimbabwe. L'attuale siccità, la peggiore degli ultimi 40 anni, si somma ad altre crisi strutturali che colpiscono non solo lo Zambia ma anche molti altri Paesi africani: l’accesso all’energia, alle infrastrutture, alla sanità e a una dieta adeguata è un privilegio riservato a una piccola élite economicamente benestante, mentre il resto della popolazione, soprattutto nelle aree rurali, soffre a causa della mancanza di risorse idriche.
Un tema molto delicato accomuna la diga di Kariba ai progetti idroelettrici proposti in Italia negli ultimi anni: queste grandi infrastrutture sono spesso costruite in aree rurali, mentre i benefici energetici ricadono su territori lontani. Il parallelo con la diga del Vanoi è tristemente evidente. Una pianificazione che tenga conto delle esigenze delle comunità locali che ospitano questi grandi invasi è essenziale per evitare di perpetuare logiche neo-colonialiste in ambito energetico e idrico, una vera sfida per un futuro segnato dall’aumento delle temperature.
L’Europa e l’espansione dell’idroelettrico
Ritornando sulle montagne di casa, in Europa, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) prevede un aumento dell’8% della capacità idroelettrica (il 17% a livello mondiale) con progetti prevalentemente sviluppati in Turchia, Portogallo, Croazia e Svizzera.
Il paese elvetico nel giugno del 2024 ha promulgato un referendum che prevede l’espansione dell’utilizzo di energia rinnovabile prodotta sul territorio nazionale tra cui, appunto, l’idroelettrico. La nuova norma, che fa riferimento alla Legge sulla protezione del Clima, prevede la costruzione di 16 nuovi progetti idroelettrici, tra cui tre nuove dighe sulle Alpi.
In quest’ottica di riduzione delle emissioni, un ruolo importante sarà giocato dalla modernizzazione degli impianti e dei bacini esistenti, che in Europa dovrebbe contare per il 90% degli investimenti nell’idroelettrico durante questo decennio.
Sempre secondo l’IEA, “il divario tra retorica e azione resta un problema significativo al giorno d'oggi. Nonostante le promesse incoraggianti di un numero sempre maggiore di governi di raggiungere zero emissioni nette entro la metà del secolo, le ambizioni climatiche non sono ancora supportate da politiche credibili per ridurre le emissioni. Un passo concreto che i governi possono compiere per iniziare a colmare questo divario è rimettere l'energia idroelettrica al centro dell'agenda politica energetica e climatica.”
Transizione energetica ed ecologica fanno rima con una “giusta transizione” dove le comunità e i territori sono informati e sono parte del processo progettuale e decisionale di queste grandi opere. Sebbene l’idroelettrico sia la fonte rinnovabile più vulnerabile di fronte ai cambiamenti climatici, resta una fonte primaria per l’approvvigionamento energetico dei paesi alpini. Progettare queste infrastrutture guardando a paesi che ci sembrano lontani, come lo Zambia, potrebbe essere la chiave per prevedere futuri scenari di incertezza energetica. Senza mai dimenticare che la sfida climatica non si risolve da soli a casa propria, ma come umanità intera.