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Ambiente

L’acqua per l’innevamento artificiale viene restituita all’ambiente in primavera? Non è un processo così semplice. Fact checking all'analisi degli impiantisti

In occasione della Giornata Internazionale della Montagna, l'Associazione Nazionale Esercenti Funiviari (Anef) ha pubblicato una serie di "domande e risposte" sul tema della neve artificiale per "promuovere una corretta informazione". Riprendiamo il loro documento, e lo corrediamo con un fact checking e con alcuni commenti sulle affermazioni in esso presenti

di
Chiara Bettega, Sofia Farina e Francesca Roseo
13 dicembre | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"La neve non è solo un elemento fondamentale per il turismo invernale, ma un motore economico e sociale per le comunità montane. E proprio in questo momento di inizio stagione è nostro desiderio ribadire e chiarire cosa sia la neve tecnica, come viene prodotta e quale sia il suo impatto ambientale, per sfatare pregiudizi e promuovere una corretta informazione" ha dichiarato ieri Valeria Ghezzi, Presidente dell’Anef, l’Associazione Nazionale Esercenti Funiviari. Anef, a cui fa capo circa il 90% delle aziende funiviarie italiane, in occasione della Giornata Nazionale della Montagna, ha pensato di condividere una serie di “domande e risposte” sulla neve tecnica (che è il nome ufficiale della neve artificiale).

 

Lo riportiamo qui di seguito, con fact checking e commenti sulle affermazioni in esso presenti (riportate in corsivo).

 

 

Di cosa è fatta la neve tecnica

 

La neve tecnica è composta esclusivamente da acqua e aria, senza l'aggiunta di sostanze chimiche. Grazie a un processo di atomizzazione, gocce d'acqua vengono raffreddate e trasformate in cristalli di neve tramite l'uso di appositi generatori. Questo procedimento permette di replicare un fenomeno naturale, garantendo però maggiore prevedibilità e sicurezza per la stagione sciistica.

 

È vero, la neve tecnica è composta solamente da aria e acqua. In passato venivano utilizzati additivi e sostanze chimiche, ma si tratta di una pratica obsoleta e non utilizzata attualmente in Italia.

 

 

Consumo di acqua, sostenibilità e sicurezza

 

Uno dei temi più dibattuti riguarda il consumo di acqua. È importante sottolineare che l’acqua utilizzata per la neve tecnica non viene sprecata né inquinata, perché viene semplicemente trasformata in neve e restituita all’ambiente con il disgelo primaverile, e che le nuove tecnologie applicate alle procedure di preparazione delle piste, consentono di ottenere la massima uniformità del piano sciabile e garantiscono quindi alti standard di sicurezza per gli sciatori.

 

L’acqua utilizzata per l’innevamento artificiale non viene inquinata, è vero, ma dire che “viene semplicemente trasformata in neve e restituita all’ambiente con il disgelo primaverile” è riduttivo. 

 

Infatti, è bene considerare che l'acqua stoccata nei bacini artificiali viene di fatto sottratta al territorio montano (che, nel contesto climatico attuale, soffre già di carenze idriche). Citando il rapporto di Legambiente Nevediversa 2023: "L’acqua, depositata sulle piste sotto forma di neve artificiale, viene a mancare altrove, manca in ecosistemi fragili e per quegli usi umani che dovrebbero avere la priorità". 

 

Per non parlare dell'impatto che gli stessi bacini artificiali hanno in termini di consumo di suolo e, soprattutto, della sua alterazione in fase di realizzazione dell'opera. Anche se a fine lavori "tutto sembra come prima", in realtà ogni volta che si tocca un suolo, si compromette la sua funzionalità per lungo tempo. Nel caso dei suoli alpini la situazione è ancora più preoccupante, perché sono suoli estremamente delicati, che difficilmente riescono a recuperare dopo interventi di questo tipo.

 

Oltre all'incidenza sullo stock idrico a disposizione della collettività, non dobbiamo dimenticare gli effetti che la sottrazione di acqua a torrenti e fiumi comporta per gli ecosistemi acquatici. Quindi non basta dire che a fine stagione quell'acqua ritorna all'ambiente, perché nel frattempo si sono già prodotti effetti.

 

Inoltre, sempre nel report NeveDiversa 2023, viene riportato il risultato di uno studio dell’Istituto Federale per lo Studio della Neve e delle Valanghe di Davos/Svizzera, in cui si dimostra che, sulle piste innevate artificialmente, in primavera si può manifestare un flusso d’acqua aggiuntivo di notevole portata. Quello che viene presentato come un aspetto positivo dell'innevamento artificiale, è in realtà un pericolo, perché può aumentare i fenomeni erosivi.

 

Infine, anche se composta da sola acqua, la neve artificiale è più pesante, quindi il carico sul terreno è maggiore rispetto alla neve naturale, e permane più a lungo causando un ritardo nell'inizio dell'attività vegetativa primaverile (che è già molto breve in alta quota) con impatti, a sua volta, sulla fenologia dell’intera biocenosi presente. 

 

Per quanto riguarda la nota circa la sicurezza delle piste e le tecnologie attualmente in uso per la loro preparazione e per la cura del manto sciabile: queste prescindono dall’utilizzo di neve naturale o tecnica.

 

 

Innovazione e tecnologie avanzate

 

Gli operatori del settore investono costantemente in tecnologie innovative per minimizzare l’impatto ambientale e migliorare l’efficienza della produzione di neve e nello specifico in generatori di nuova generazione, sistemi di gestione avanzata e mezzi battipista di ultima generazione.

 

I generatori di nuova generazione consumano fino al 30% in meno di energia rispetto ai modelli precedenti.
 

Il rinnovo dei mezzi utilizzati per la produzione di neve tecnica senz’altro aiuta a diminuire i consumi di energia. Tuttavia, anche in questo caso, la visione proposta non evidenzia importanti sfumature. 

 

Bisognerebbe comunicare anche quali sono gli impatti della produzione di nuovi generatori, della loro sostituzione, di cosa si fa di quelli vecchi e ritenuti obsoleti, e anche e soprattutto di quale sia la diffusione di questi nuovi e più efficienti strumenti sul territorio italiano. Ad ogni modo, anche diminuendo i consumi rispetto ai modelli precedenti, rimane il fatto che per produrre neve tecnica, soprattutto quando le temperature sono più alte, bisogna utilizzare ingenti quantità di energia elettrica per replicare un processo che dovrebbe accadere naturalmente, e quindi, a costo energetico zero.
 

Tra l’altro, considerando l’ultimo rapporto di Pwc sull’impatto socio-economico a livello locale degli impianti di risalita, pubblicato proprio sul sito di Anef c’è scritto che: “Tramite l’innevamento programmato e gli investimenti degli associati ad Anef in generatori ad alta efficienza si produce un risparmio energetico di circa il 15%” quindi la metà di quanto riportato in questo comunicato stampa anche se è evidente che, anche per ragioni economiche, l'impegno di tutti sia quello di ridurre sempre di più il consumo di energia quindi la strada tracciata va in questa direzione. 

 

I sistemi di gestione avanzata in uso monitorano in tempo reale le condizioni meteo e i fabbisogni di innevamento, ottimizzando la produzione di neve e riducendo gli sprechi.
 

La riduzione degli sprechi e l’ottimizzazione della produzione di neve solitamente sono degli accorgimenti guidati sia da motivazioni di carattere ambientale, ma anche di risparmio economico. Anche in questo caso, così come per l’efficienza dei generatori, sarebbe interessante sapere quale percentuale degli impianti nel nostro paese si serve di questi sistemi di gestione altamente tecnologici.  

 

I mezzi battipista di ultima generazione: consentono di gestire la neve prodotta in modo più efficiente, utilizzando solo lo stretto necessario per garantire sicurezza e fruibilità delle piste.

 

Questo punto è essenzialmente una ripetizione di quanto già detto nei punti precedenti. Sarebbe interessante conoscere i dati relativi alla diffusione di questi nuovi ed efficienti mezzi. Non si può inoltre trascurare l’impatto sul suolo che risulta compattato dall’ingente peso di questi macchinari (che si aggira tra le 4 e le 12 tonnellate). 

 

 

Un settore strategico per le comunità montane

 

La neve tecnica non è solo uno strumento per garantire la sciabilità delle piste, ma rappresenta un pilastro per l’economia delle vallate alpine e appenniniche in termini di impatto economico diretto, il comparto funiviario genera un fatturato di 1,3 miliardi di euro l’anno, e di indotto generale, perché il valore si moltiplica tra le 5 e le 7 volte, contribuendo a sostenere occupazione e sviluppo delle comunità montane.

 

Questi numeri derivano dall'analisi fatta da Pwc e commissionata e pubblicata proprio da Anef che si trova qui.

 

Ricordiamo che anche la produzione di neve tecnica ha i suoi costi. In particolare, citando il sito di TechnoAlpin, il costo per la produzione di un metro cubo di neve dipende dalle condizioni specifiche del sito (come approvvigionamento idrico, potenza di pompaggio, laghi di accumulo, condizioni di innevamento, ammortamento dell'impianto) ed è generalmente compresa tra 3,5 - 7 euro a metro cubo di neve. Inoltre, come sottolinea Legambiente nel suo rapporto Neve Diversa 2024, “L’innevamento artificiale richiede sempre maggiori investimenti per nuove tecnologie ed enormi oneri a carico della pubblica amministrazione”, anche perché il costo della produzione nelle ultime due stagioni è aumentato: è passato dai circa 2 euro al metro cubo del 2021-2022, ai 3-7 euro nella stagione 2022-2023.

 

Che l’industria dello sci alpino sia un elemento costitutivo e fondamentale delle economie di intere vallate e province della regione alpina, è innegabile. Così come è innegabile che si tratta di un settore fortemente colpito dagli effetti del surriscaldamento globale, che aggiungono, anno dopo anno, nuove difficoltà da affrontare. Dalla carenza di neve naturale, all’instabilità dei pendii e alle temperature troppo elevate per la tenuta della neve. 

 

Quello del turismo invernale è un settore che, con grande urgenza, deve adattarsi al nuovo clima: con un surriscaldamento globale di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, metà delle stazioni sciistiche europee soffrirebbe di carenza di neve, situazione che peggiorerebbe con un aumento di 4°C. E come emerge dal recente rapporto della Corte dei Conti Europea sulle strategie di adattamento messe in atto dagli stati membri, essenzialmente non stiamo facendo abbastanza per prepararci a quello che verrà. Inoltre, per gli esperti della Commissione, soluzioni tecniche come l’innevamento artificiale, estremamente diffuso nella catena alpina, offrono benefici temporanei ma aumentano il consumo idrico ed energetico, rischiando di favorire il maladattamento. 

 

Oltretutto, una “monocultura” degli sport invernali comporta un notevole rischio per le comunità delle valli alpine, perché le rende dipendenti da una sola attività che già oggi, ma ancor di più in futuro, è fortemente minacciata dal cambiamento climatico. Le stesse comunità che dipendono dai servizi ecosistemici forniti dalle montagne che abitano e che sono costantemente minacciati dalla frammentazione e dalla degradazione degli ecosistemi determinata dalla costruzione di piste, impianti e bacini. 

 

 

Della neve artificiale, della sua storia e dei suoi impatti abbiamo già parlato, in passato, qui.

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