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Ambiente

Inquinamento Pianura Padana: quanto è pericoloso allenarsi all’aperto? La preoccupazione dell'atleta Francesco Puppi

Nella Pianura Padana l’aria è a dir poco irrespirabile. Il forte trail runner Francesco Puppi si domanda, come atleta e come cittadino, se è possibile uscire di casa, nel suo caso per allenarsi, senza rischiare gravi conseguenze per la salute: "È lecito chiedersi perché questa non venga considerata un’emergenza sanitaria e non vengano prese misure drastiche per contrastarla"

di
Pietro Lacasella
21 febbraio | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

“Possiamo ancora uscire ad allenarci senza rischiare gravi conseguenze per la nostra salute?”

 

Inizia così un post del forte trail runner Francesco Puppi, noto non solo per gli importanti risultati sportivi ottenuti, ma anche per la sensibilità più volte dimostrata sulle tematiche ambientali.

 

Nella Pianura Padana l’aria è a dir poco irrespirabile. Gli inquinanti atmosferici hanno ripercussioni dirette sulla salute e sull'ambiente. Contribuiscono inoltre a rendere l'uomo, le piante e interi ecosistemi più vulnerabili nei confronti di altri "fattori di stress" quali gli agenti patogeni, i parassiti o la siccità. Così Puppi ha deciso, ancora una volta, di sfruttare la visibilità ottenuta grazie ai risultati sportivi per sensibilizzare su un argomento di interesse non solo ambientale, ma anche sociale:

 

“Per chi come me vive sulle Prealpi – continua il post – a ridosso della pianura o nella pianura stessa, è da mesi (anni) che sperimentiamo livelli di inquinamento atmosferico pericolosi per la salute umana (…) La situazione è diventata notizia ed è finita sui media e nei discorsi della maggior parte delle persone in questi ultimi giorni”.

 

“Però tutto va avanti quasi come al solito – prosegue l’atleta – come se questi livelli di inquinamento fossero normali, come se questa situazione fosse inevitabile (non lo è, a patto di modificare in maniera importante la nostra economia e stile di vita) e tutto ciò non facesse male alla nostra salute, tanto che è lecito chiedersi perché questa non venga considerata un’emergenza sanitaria e non vengano prese misure drastiche per contrastarla”.

 

 

 

 

 

 

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“Un aspetto che mi pare sia stato ancora poco considerato sia come affrontare questa situazione, da parte delle persone comuni ma soprattutto di noi atleti. Non tutti ovviamente hanno la possibilità di spostarsi in luoghi più salubri, e questa non dovrebbe essere in alcun modo considerata una soluzione al problema. In termini estremamente pratici: possiamo uscire a correre oppure no? Quanto è pericoloso allenarci all’aperto? Voi come vi comportate? Correre è la mia vita, è parte del mio modo di essere e del mio lavoro. Tanti sportivi sono nella mia stessa situazione, e penso che molti come me stiano iniziando a preoccuparsi seriamente. Cosa dobbiamo fare?”

 

“Possiamo fare un dibattito – propone per concludere Puppi – che non sia guidato dall’indignazione e dalla rabbia, dalle reazioni di pancia, che lasci fuori le fake news (tipo che ieri Milano era la “terza città più inquinata al mondo”) e che utilizzi i fatti (tipo che i livelli di PM2.5 registrati da Arpa a Milano, domenica scorsa, erano 28 volte superiori al limite raccomandato dall’OMS) piuttosto che le percezioni individuali per affrontare il problema?”

 

Lo sport, con la sua capacità di coinvolgere emotivamente le persone, può contribuire a diffondere valori e buoni principi.  Gli sportivi, anche se spesso non lo sanno, possono farsi promotori di messaggio sociali molto importanti, perché hanno la possibilità elevarsi a esempio, e quindi di indicare la strada da seguire.
E di buoni esempi, per fortuna, se ne incominciano a vedere: Francesco Puppi è uno di questi.

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