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Ambiente

Il volto nascosto dell'ozono e cosa ha a che fare con le Terre Alte

L'ozono è una molecola dal duplice volto: prezioso alleato e pericoloso killer. Tutto dipende dalla sua posizione in atmosfera. Il suo volto negativo dev'essere di particolare preoccupazione per le Terre Alte, che ancora una volta risultano particolarmente a rischio

di
Chiara Bettega
27 aprile | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Quante cose nella nostra vita, materiali e immateriali, fanno bene o fanno male a seconda del contesto? Quante volte la parola “dipende” ci costringe ad uscire da un preciso binario e considerare scenari alternativi? Potremmo dire che praticamente tutto dipende. In effetti, de según como se mire, todo depende, a seconda di come lo si guardi, tutto dipende, cantavano gli spagnoli Jarabe de Palo alla fine degli anni ’90.

 

Probabilmente per molti di voi la parola ozono ha un’accezione esclusivamente positiva. Negli stessi anni ’90 di Depende, il problema del buco nell’ozono era di estrema attualità e fonte di grande preoccupazione. Era diventato una questione quasi pop: se ne parlava a scuola, in tv, e chissà, forse pure al supermercato. L’ozono era il nostro salvatore, quella cosa che ci proteggeva dalla radiazione ultravioletta proveniente dal sole; indispensabile quindi alla vita sulla terra, perché impedisce di far passare i raggi pericolosi per la nostra salute. Qual era il problema? Verso la metà degli anni ’80 gli scienziati si accorsero che lo strato di ozono sopra le regioni polari si andava assottigliando di anno in anno, tanto che per rendere facilmente comprensibile il fenomeno venne appunto coniato il termine di “buco nell’ozono”. Questo fenomeno era dovuto alla reazione chimica dell’ozono con i gas CFC (Clorofluorocarburi), particolari gas emessi dalle attività umane, anche quelle più banali come spruzzarsi la lacca sui capelli.

Il buco nell’ozono divenne pop anche per la reazione che seppe innescare a livello globale, dapprima nel 1987 con la firma del Protocollo di Montreal, che imponeva la progressiva riduzione della produzione di CFC, seguita nel 1990 dalla sospensione della produzione da parte di 90 paesi. Misure che non rimasero sulla carta e che contribuirono all’effettiva riduzione del buco nell’ozono negli anni a seguire.

 

Ora però, sappiate che l’ozono è anche un inquinante piuttosto pericoloso per la salute umana e dell’ambiente.

Ma com’è possibile? Ci hai appena detto che…

 

Depende.

 

Di base l’ozono è una molecola dannosa, che possiede un forte potere ossidativo e quindi, come conseguenza, danneggia le cellule dei tessuti, a scapito soprattutto del sistema respiratorio negli animali (esseri umani compresi) e in generale della crescita. A seconda però della sua posizione in atmosfera, può far bene o può far male. L’ozono salvatore si trova nella stratosfera, una zona dell’atmosfera posta tra i 12 e i 50 km di altitudine ed è quello che ci fece tanto preoccupare vent’anni fa. L’ozono killer si trova invece nella troposfera, lo strato più basso dell’atmosfera a contatto con la superficie terrestre ed è quello che dovrebbe farci preoccupare anche oggi. Esso viene prodotto dalla reazione con la radiazione solare da parte di vari inquinanti derivanti dalle attività antropiche e di composti organici volatili, cioè sostanze naturali emesse dalle foreste.

Le aree montane nei mesi primaverili ed estivi possono essere particolarmente interessate dall’inquinamento causato dalle alte concentrazioni di ozono, prodotte sia dal trasporto attraverso le masse d’aria e il successivo ristagno di inquinanti provenienti da aree più urbanizzate, sia dalla naturale abbondanza di composti organici emessi dai boschi. Il problema si acuisce mano a mano che si sale di quota, fino a raggiungere i picchi al di sopra della linea degli alberi, a causa della maggiore radiazione ultravioletta che accelera quelle reazioni che portano alla produzione della pericolosa molecola.

Trovarsi al di sopra della linea degli alberi non significa trovarsi in un ambiente senza vita, tutt’altro. La fascia alpina è ricca di una biodiversità animale e vegetale unica, perché adattata a condizioni estreme, quindi anche estremamente delicata. Non a caso, l’ecosistema alpino è tra i più a rischio per effetto della crisi climatica. Possiamo quindi aspettarci che l’ozono possa mietere vittime anche quassù, giusto?

 

Nel 2023 un gruppo di ricercatori della Repubblica Ceca ha pubblicato i risultati di uno studio condotto tra il 1994 e il 2020 sui Monti dei Giganti (Krkonoše), catena montuosa a cavallo tra la Repubblica Ceca e la Polonia, nel quale la comunità di uccelli presente alle diverse fasce altitudinali e le relative variazioni durante il lungo periodo di studio, sono state messe in relazione alle concentrazioni di ozono rilevate in maniera continua durante lo stesso periodo. Perché proprio gli uccelli? In generale gli uccelli sono spesso studiati dagli scienziati, per una serie di caratteristiche che li rende particolarmente adatti come indicatori biologici della salute del pianeta. Nel caso dell’ozono, essendo questi animali dotati di un sistema respiratorio e un metabolismo estremamente efficienti come adattamento al volo, possono essere particolarmente danneggiati da questa molecola.

Il gruppo ha effettivamente dimostrato che il tasso di crescita delle popolazioni di uccelli delle alte quote era influenzato negativamente dalla concentrazione di ozono, maggiore a quote più elevate, mentre per gli uccelli delle quote più basse non vi era alcun impatto. In altre parole, la riproduzione e la sopravvivenza delle specie d’alta quota potrebbero essere influenzate negativamente dalla concentrazione di ozono, causando nel lungo termine la diminuzione delle popolazioni.

 

DIDASCALIA: Lo studio che dimostra l'effetto dell'ozono sugli uccelli d'alta quota, spiegato graficamente (tratto da: Reif et al. 2023. Science of The Total Environment 876: 162711)

 

L’aumento della frequenza delle ondate di calore e i conseguenti periodi di siccità che interessano sempre più anche le regioni di montagna, Alpi ed Appennini compresi (per essere precisi, nelle Alpi l’aumento di temperatura media dalla fine del diciannovesimo secolo ad oggi, pari a ben 2°C, è stato il doppio rispetto alla media dell’emisfero boreale), non è solo ciò che è e a cui già assistiamo; essa porta con sé una scia di effetti indiretti, più o meno nascosti, di cui la formazione di ozono è un esempio: maggiori temperature e maggiori eventi siccitosi possono tradursi in condizioni sempre più favorevoli alla formazione di questa molecola così potente. Che, va da sé, esiste anche perché noi continuiamo ad inquinare.

 

Ozono buono, ozono cattivo. Ricordiamolo, anche in natura vale la regola del depende.

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