(IL VIDEO) Centinaia di Rane temporarie risalgono a coppie un pendio innevato a 1700 metri. Come sopravvivono all'inverno? La spiegazione del ricercatore Luca Roner
Centinaia di rane risalgono placidamente una rampa innevata del Monte Zebio, sull'Altipiano dei Sette Comuni, con l’evidente obiettivo di raggiungere una pozza di abbeverata per le vacche. Si tratta di Rana alpina o temporaria. Luca Roner, erpetologo e ricercatore del Muse, ci racconta come fanno questi anfibi a superare l'inverno, il loro ciclo riproduttivo e il loro rapporto con i cambiamenti climatici
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
A volte sono proprio i luoghi con cui si ha più confidenza a offrire emozioni inaspettate. Sì, perché nella quiete della familiarità, i fenomeni inusuali risaltano per contrasto. E poi, a dirla tutta, magari non si tratta nemmeno di episodi eccezionali: molto semplicemente è difficile essere presenti nel breve lasco temporale in cui si manifestano. Per questo motivo la sensazione di stupore aumenta e la curiosità inizia a farsi strada insieme al desiderio di saperne di più.
Sabato scorso mi trovavo a Monte Zebio (1.717 metri), sull’Altipiano dei Sette Comuni. Lo Zebio è stato teatro di violente battaglie durante la Prima guerra mondiale e tra i suoi declivi ancora si possono osservare le cicatrici lasciate dalla furia bellica, tra trincee e buche di mine.
Oggi, nell’anfiteatro retrostante la vetta, si incontra una malga con annesso porcile e stalla per le vacche che d’estate pascolano nei prati circostanti. Naturalmente tra i pascoli ci sono le pozze di abbeverata: una di queste si trova giusto una cinquantina di metri a monte rispetto alla massima depressione dell’anfiteatro che custodisce la malga. Sabato scorso traboccava di acqua di fusione, dando origine a un reticolo di ruscelli che si infilavano tra la neve che ancora resiste al calore primaverile, negli ultimi giorni particolarmente marcato e insistente.
Proprio in quello scivolo di neve bagnata sono stato testimone del fenomeno inusuale (almeno per me): centinaia di rane, risalivano placidamente la rampa biancastra con l’evidente obiettivo di raggiungere la pozza. Era la prima volta che vedevo delle rane nella neve, ma la cosa più sorprendente era un’altra: le rane salivano a coppie, una sul dorso dell’altra, avvolte in un abbraccio quasi a formare un unico corpo a due teste.
Dopo aver scattato qualche fotografia, mi sono ripromesso di contattare al rientro dall’escursione un esperto di anfibi, un erpetologo, per cercare di offrire una spiegazione alla dinamica di cui ero stato testimone; per dare corpo alle mie congetture, o per sfatarle; per appagare la curiosità. Così ho contattato ho contattato Luca Roner, ricercatore del Muse, che, con pazienza e gentilezza, ha dato un corpo scientifico a ciò che avevo visto:
“Sicuramente - inizia a spiegare il ricercatore - l’inverno, alle nostre latitudini temperate, è una stagione difficile per anfibi e rettili perché sono eterotermi o ectotermi e quindi la loro attività metabolica dipende strettamente dalla temperatura esterna e quindi con le basse temperature non riescono a termoregolarsi e ad attivarsi. C’è anche il fatto che l’inverno è generalmente una stagione secca, l’acqua è più scarsa perché di solito dovrebbe essere sotto forma di neve, anche se negli ultimi anni è sempre meno così, e questo ovviamente rende difficile la vita agli anfibi che hanno una pelle nuda e traspirante”.
“Nel caso specifico – prosegue – tu hai visto numerosi individui di Rana temporaria: abbiamo il maschio che si aggrappa sopra alla femmina fino a farsi trasportare al sito riproduttivo. Capita spesso che più maschi cerchino di ‘accaparrarsi’ una femmina e quindi si possono vedere anche femmine con più maschi attaccati. Quindi te sei stato testimone di un momento in cui probabilmente, complici le temperature elevate degli ultimi giorni, gli animali si sono attivati: la prima cosa che fanno dopo l’inverno, con l’attivazione in primavera, è proprio quella di correre in tutti i siti riproduttivi per riprodursi, perché le rane depongono le uova in acqua che vengono fecondate esternamente dal maschio, e poi si formeranno i girini e i neometamorfosati, che sono rane temporanee in miniatura diciamo”.
“Cosa fanno le rane d’inverno? Non possono stare all’aria aperta per le ragioni di cui parlavamo prima, e quindi sostanzialmente cercano dei rifugi, in anfratti del terreno, sotto i sassi, i tronchi, e così via. E cercano di scendere anche abbastanza in profondità dove la temperatura può essere più costante – e anche il manto nevoso che può cadere sopra al terreno aiuta a mantenere una temperatura costante – e la rana temporaria, dopo essersi infilata in tardo autunno inizio inverno in queste tipologie di rifugi, riduce al minimo il suo metabolismo, solo per avere le funzioni minime vitali. Questa dinamica si chiama ‘latenza invernale’, ed è come una sorta di letargo per i mammiferi, per capirci, anche se non è esattamente uguale, e per evitare il congelamento accumulano una grande quantità di glucosio nel sangue e questo fa sì che, essendo il glucosio in alte concentrazioni, il sangue di questi animali non geli e che quindi loro non muoiano”.
“Uno dei problemi che può essere legato al cambiamento climatico e che se ci sono delle giornate molto calde anticipate, magari anche durante l’inverno, il rischio è che questi animali escano credendo che sia arrivata la primavera e poi, una volta usciti dai rifugi e dallo stato di latenza invernale, rischiano di trovarsi congelati a causa dell’escursione termica o di un repentino raffreddamento delle temperature”.
“Quello che hai visto tu è curioso - conclude Roner - cioè tanti individui che si muovono sulla neve, che è un po’ contro intuitivo rispetto a quello che dicevo prima (essendo animali che devono regolarsi con la temperatura esterna) ma evidentemente le temperature erano così buone che le rane riuscivano ad avere un metabolismo attivo anche direttamente sulla neve. Quindi sì, molto curioso. Inoltre di solito l’emigrazione è esplosiva, nel senso che questa specie va a riprodursi in un periodo abbastanza ristretto e quindi c’è una sorta di rincorsa per arrivare ai siti riproduttivi e accaparrarsi le femmine, ed è esattamente quello che hai visto”.