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Ambiente

"I ghiacciai, quando scompaiono, tendono a coprirsi". Il caso virale del ghiacciaio "dimenticato" del Pelmo: capiamo di cosa si tratta

Da qualche ora rimbalza sui media la notizia che ai piedi del Pelmo (uno dei principali massicci dolomitici) sono stati rinvenuti dei lembi di un antico ghiacciaio dichiarato estinto da parecchi anni. Un ghiacciaio è dunque rinato? No. Il clima attuale non è certo compatibile con la nascita di nuovi ghiacciai. Cerchiamo allora di capire cosa è successo davvero sul Pelmo

di
Giovanni Baccolo
22 ottobre | 19:30
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Quello della Val d'Arcia era uno dei ghiacciai delle Dolomiti posto alla quota più bassa di tutte. Non siamo infatti lontani dai 2000 metri di altitudine. A garantire la sopravvivenza di un piccolo ghiacciaio in quella posizione era il contesto particolare che lo circondava. Ben protetto dal sole grazie all'esposizione a nord e soprattutto alimentato dalle colossali valanghe che precipitavano dalla parete settentrionale del Pelmo. Un profondo canalone solca quel versante della grande montagna, rendendo ancora più efficiente la concentrazione della neve delle valanghe in punti specifici posti ai piedi della bastionata rocciosa. In quei punti - inutile dirlo - si produceva il ghiaccio che alimentava il ghiacciaio della Val d'Arcia. Le valanghe erano molto importanti per i ghiacciai delle Dolomiti in senso lato, non solo per questo apparato. Le pareti ripide e i tanti canaloni rendevano frequente l'accumulo di enormi quantità di neve non appena le pendenze diminuivano e permettano gli accumuli. Questo tipo particolare di ghiacciaio che si trovava ai piedi di ripidi versanti prendeva il nome di "ghiacciaio di falda".

 

Il ghiacciaio della Val d'Arcia rientrava perfettamente in questa categoria glaciale. La quota non elevata e le temperature sempre più alte hanno però messo in crisi i ghiacciai delle Dolomiti e a oggi la stragrande maggioranza di essi è dichiarata estinta, compreso questo apparato.

 

Eppure è notizia di oggi che il ghiacciaio sia "rinato". Una escursionista, passando da quelle parti, ha fotografato il grande complesso morenico deposto dal ghiacciaio durante le ultime avanzate (i sedimenti spinti dal movimento del ghiaccio) e osservando con attenzione ha individuato l'affioramento di alcune placche di ghiaccio. Ma come? Se il ghiacciaio era stato dichiarato estinto, come è possibile che ci sia ancora del ghiaccio da quelle parti?

 

Per capirlo dobbiamo considerare che un ghiacciaio non scompare quasi mai dall'oggi al domani. Non esiste un momento preciso in cui tutto il ghiaccio di cui si componeva un ghiacciaio scompare. Molto spesso durante le fasi terminali i ghiacciai vengono progressivamente sepolti sotto ai detriti. Questo per due motivi: il materiale che cade dalle pareti sovrastanti spesso diventa sempre di più, a causa dei crolli prodotti dalla degradazione del permafrost. Inoltre, quando i ghiacciai raggiungono dimensioni minime smettono di produrre ghiaccio e di muoversi. Non muovendosi non sono più in grado di trasportare a valle i detriti e con il tempo questi tendono a coprire completamente la massa di ghiaccio.

 

Ecco perché i ghiacciai quando scompaiono tendono a coprirsi. Al ghiacciaio della Val d'Arcia è successo proprio questo. Man mano che è diventato più piccolo, non è più riuscito a liberarsi dai detriti ed è infine stato interamente sepolto. A quel punto chi si occupava dei monitoraggi non ha potuto che dichiararlo estinto, essendo ormai diventato impossibile riuscire a misurarlo. Ricordiamo poi che queste placche di ghiaccio sepolto non hanno dinamica, tendono a stare lì, senza arretrare più di tanto grazie all'isolamente termico e alla protezione prodotti dalla spessa coltre detritica che li isola dall'ambiente circostante e in particolare dalle elevate temperature estive.

 

La zona un tempo occupata dal ghiacciaio della Val d'Arcia è una zona notoriamente soggetta a dissesti, con colate detritiche anche di notevoli dimensioni che hanno portato negli scorsi anni a grandi movimentazioni di detriti di origine glaciale. Anche questa è una cosa comune laddove un ghiacciaio scompare. I ghiacciai agiscono in qualche modo da collanti a protezione degli abbondanti detriti che essi stessi producono e accumulano. Quando il ghiaccio viene meno, le morene sono direttamente esposte agli agenti atmosferici e sono facilmente attaccabili dai fenomeni erosivi. Talvolta un episodio di dissesto può completamete rimuovere la copertura detritica, riportando alla luce parte del ghiacciaio sepolto che sopravviveva grazie alla copertura stessa. Ecco cosa è successo ai piedi del Pelmo.

 

Non possiamo certo parlare di rinascita del ghiacciaio. Se vogliamo usare una metafora, è come se avessimo riportato alla luce i resti di una rovina. Il fatto che ora quelle placche siano esposte all'aria e al calore, le rende poi immediatamente vulnerabili. Ora il calore non sarà più schermato dalla coltre detritica e potrà attaccare direttamente il ghiaccio tornato in superficie. La fusione farà rapidamente il suo corso, rendendo le vestigia del ghiacciaio della Val d'Arcia nuovamente invisibile fino al prossimo episodio di dissesto.

 

Un commento conclusivo: si noti il fatto che questa non è una novità, difatti un anno fa ci erano giunte dallo stesso ghiacciaio notizie molto simili (come si vede da questo reel pubblicato a ottobre 2023).

 

 

 

 

 

 

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