I boschi colpiti da Vaia e dal bostrico coprono due laghi di Garda e accendono importanti riflettori sul futuro delle nostre foreste
Sei anni fa la tempesta Vaia abbatteva una superficie forestale grande quanto il lago di Garda. Poi è esplosa l'epidemia di bostrico, che ha superato i danni della tempesta, danneggiando una superficie forestale altrettanto vasta. Una riflessione sulla gestione forestale del passato e del futuro
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Sei anni fa la tempesta Vaia abbatteva una superficie forestale grande quanto il lago di Garda. Poi è esplosa l'epidemia di bostrico, che ha superato i danni della tempesta.
Ma sono davvero tanti, due Laghi di Garda? Sì, lo sono. Pensarci fa quasi paura. Ma non sono tanti, in fondo, se ci focalizziamo sull'estensione complessiva delle Alpi e, in particolare, dei boschi di abete rosso.
Su questo tema è basato un passaggio di Sottocorteccia, il libro che ho scritto a quattro mani con Pietro Lacasella.
"Rifletto sul fatto che Vaia e il coleottero hanno colpito solo una parte minoritaria delle foreste alpine, che il danno è tanto, e che indubbiamente proseguirà in parallelo allo stravolgimento del clima, ma che non siamo ancora di fronte a una catastrofe totale, a un 'Armageddon forestale'. Rimane tantissimo spazio per ricominciare, sussistono le condizioni ideali per studiare, per sperimentare, per fare Selvicoltura, con la S maiuscola.
Mi torna ancora una volta in mente Renzo Motta, il Professore spesso incrociato in questi mesi di ricerche, che recentemente ha rilanciato una frase illuminante, pronunciata da un forestale tedesco di fronte a un'ampia pecceta bavarese completamente devastata dal bostrico: “In fondo, la selvicoltura è quello che facciamo tra due disastri”.
È proprio così. I disturbi naturali ci sono sempre stati e i selvicoltori se ne stanno da sempre lì, nel mezzo. Cercano di coltivare, custodire, rinnovare e valorizzare ambienti complessi e affascinanti, la cui esistenza travalica le generazioni e le vicende storiche, politiche e sociali di noialtri, piccoli esseri umani, che ancora non ne conosciamo fino in fondo i meccanismi".
Vaia e il bostrico non vanno vissuti né con catastrofismo né con fatalismo, ma con la consapevolezza che è ancora possibile fare la nostra parte. Azzerando al più presto le emissioni climalteranti da un lato e, dall'altro, tornando a vedere i boschi non più come uno sfondo verde sfocato e lontano, ma come un elemento centrale delle nostre vite, quindi delle politiche che le governano.
Vaia e il bostrico hanno avuto il "merito" di accedere i riflettori sulle foreste: oggi si parla molto più di boschi, di gestione forestale, di legno e di selvicoltura rispetto a sei anni fa.
Non lasciamo spegnere questi riflettori.
La grande sfida forestale del futuro, una sfida collettiva, che riguarda tutti noi, sarà assecondare la creazione di boschi più resistenti e resilienti, più naturaliformi, ma ancora capaci di generare servizi ecosistemici ed economia locale, specialmente per i territori di montagna.
Si tratta di una questione estremamente complessa, da affrontare con lungimiranza, da più punti di vista, collaborando tra professionalità diverse, senza estremismi e inutili retoriche. Una nuova "questione forestale" ci attende. Con L'AltraMontagna ci impegneremo a mantenere vivo e plurale il dibattito su questi temi.
Per saperne di più sul bostrico è di recente uscito SOTTOCORTECCIA. Un viaggio tra i boschi che cambiano, il primo libro targato L'AltraMontagna.