"Concentrarsi sulla natura, e non solo sulle emissioni, aumenta la probabilità di raggiungere gli obiettivi climatici globali": è tutto interconnesso
Le crisi ambientali, sociali ed economiche, come la perdita di biodiversità, l'insicurezza idrica e alimentare, i rischi per la salute e i cambiamenti climatici, sono tutte interconnesse: interagiscono, si propagano e si sommano rendendo inefficaci e controproducenti i singoli sforzi per affrontarle. A dircelo è l’Ipbes, la Piattaforma Intergovernativa Scienza-Politica sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici, spesso definita "l'Ipcc per la Natura"
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Le crisi ambientali, sociali ed economiche, come la perdita di biodiversità, l'insicurezza idrica e alimentare, i rischi per la salute e i cambiamenti climatici, sono tutte interconnesse. E questo vuol dire che tra loro interagiscono, si propagano e si sommano l'una all'altra, in modo tale da rendere inefficaci e controproducenti i singoli sforzi per affrontarle. A dircelo, con la pubblicazione di uno studio unico nel suo genere, è l’Ipbes, la Piattaforma Intergovernativa Scienza-Politica sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici spesso definita "l'Ipcc per la Natura".
Il Nexus Assessment (questo il nome formale del rapporto) rappresenta il primo studio scientifico del suo genere sulle interconnessioni tra i cinque elementi del "nexus" - biodiversità, acqua, cibo, cambiamenti climatici e salute umana - e si focalizza sull'analisi di come le crisi in questi ambiti si influenzino reciprocamente, dei costi nascosti dell'affrontarle separatamente e sugli impatti su quadri strategici come gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile o l'Accordo di Parigi. Inoltre, identifica 71 approcci politici che sono in grado di massimizzare i benefici per tutti e cinque gli elementi del nexus.
Quello che è stato pubblicato negli scorsi giorni è un riassunto per i policymakes del rapporto completo, approvato dai rappresentanti di 147 governi, che sarà pubblicato nel 2025 e che costituisce il prodotto di tre anni di lavoro di 165 esperti internazionali di 57 Paesi di tutte le regioni del mondo.
Il messaggio complessivo del rapporto è chiaro: le politiche correntemente utilizzate per affrontare queste sfide non riescono ad affrontare la complessità dei problemi interconnessi e, conseguentemente, risultano in una governance incoerente. Le crisi globali, come la distruzione del mondo naturale, l'insicurezza alimentare, l'aumento delle temperature, la salute globale e lo stress idrico, sono profondamente intrecciate, con cause simili e soluzioni trasversali. Tuttavia, spesso vengono affrontate isolatamente, ignorando le cause più profonde.
Per gli esperti, continuare a concentrarsi solo su un settore può causare problemi in altri ambiti, dato che le diverse crisi sono influenzate dalle stesse tendenze socioeconomiche di fondo, come lo spreco e il sovraconsumo, che causano, ad esempio, cambiamenti nell'uso del suolo e dei mari, inquinamento, specie aliene invasive o estrazioni non sostenibili.
Questo quadro, già complesso, è aggravato dalla governance frammentata di biodiversità, acqua, cibo, salute e cambiamenti climatici, con istituzioni e attori che lavorano isolatamente su agende politiche separate, con obiettivi spesso in conflitto e risorse utilizzate in modo inefficiente. Questi fattori diretti e indiretti interagiscono tra loro, causando impatti a cascata su diversi problemi. Ad esempio, società sempre più benestanti incrementano la domanda di cibo, portando a un maggiore utilizzo del suolo per l'agricoltura e a pratiche intensificate insostenibili; a loro volta, queste provocano perdita di biodiversità, riduzione della disponibilità e qualità dell'acqua, e aumento delle emissioni di gas serra, alimentando il cambiamento climatico e il rischio di emergenza di patogeni.
Uno degli obiettivi del rapporto, che si propone di mostrare delle soluzioni e delle vie di uscita dalla situazione attuale, è anche quello di mostrare come la biodiversità svolga un ruolo fondamentale nel supportare tutti gli altri elementi del nexus: concentrarsi sulla natura, piuttosto che solo sulle emissioni, aumenta la probabilità di raggiungere gli obiettivi climatici globali.
Infatti, la biodiversità, essenziale per la nostra stessa esistenza, sta rapidamente diminuendo ovunque, a un ritmo del 2-6% per decennio. Questo va a sommarsi al fatto che è difficile dare la stessa priorità a diversi elementi del nexus contemporaneamente, e per questo, gli scenari con i maggiori benefici includono misure efficaci di conservazione, il ripristino degli ecosistemi, diete sane e sostenibili, e l'adattamento ai cambiamenti climatici.
Il messaggio è che gli approcci orientati alla natura rendono più probabile il raggiungimento degli obiettivi climatici rispetto al concentrarsi esclusivamente sulla riduzione delle emissioni. Le politiche sul cambiamento climatico sono più efficaci in scenari futuri che minimizzano i compromessi, ad esempio evitando la competizione per l'uso del suolo tra politiche di mitigazione (come la riforestazione) e altri elementi del nexus (come la produzione alimentare).
Ritardare l'azione sul clima (come abbiamo fatto fino adesso) e ricorrere poi a soluzioni che richiedono l'utilizzo di grandi quantità di terra per ridurre il diossido di carbonio nell'atmosfera potrebbe avere impatti negativi su natura, riserve idriche e approvvigionamenti alimentari, mentre conservare e ripristinare ecosistemi come foreste, suoli, torbiere e mangrovie sono strategie particolarmente importanti per la biodiversità, la salute umana, la sicurezza alimentare e idrica e per affrontare i cambiamenti climatici.
Così come a Cop29, un punto fondamentale è costituito dalle risorse economiche che è necessario investire (e da quelle che vengono intaccate dalle crisi in corso). Il report sottolinea come i sistemi finanziari e di governance stanno contribuendo al declino della natura e, per questo, necessitano urgentemente di riforme. Le opzioni presentate includono l'aumento dei flussi finanziari verso la biodiversità, la gestione delle crisi del debito nei paesi a basso reddito affinché i paesi con un elevato debito e una grande biodiversità possano proteggere la natura, e l'eliminazione, la graduale riduzione e la riforma dei sussidi dannosi (che totalizzano 1.7 trilioni di dollari, globalmente).
Infatti, circa metà del Pil mondiale, 58 trilioni di dollari nel 2023, dipende dalla natura, mentre i costi "esterni" dei settori dei combustibili fossili, dell'agricoltura e della pesca ammontano a 10-25 trilioni di dollari all'anno e le attività economiche che causano danni diretti alla natura raggiungono i 5,3 trilioni di dollari all'anno. Contemporaneamente, solo circa 200 miliardi di dollari all'anno vengono destinati agli sforzi per migliorare la biodiversità, meno dell'1% del Pil globale.
Un altro tema fondamenta è quello relativo al cibo: se i sistemi alimentari venissero trasformati attraverso approcci come l'agroecologia, il miglioramento dell'efficienza nell'uso dell'azoto, la riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari, e l'adozione di diete sostenibili, l'attuale superficie agricola potrebbe soddisfare i bisogni alimentari delle popolazioni attuali e future, beneficiando al contempo anche gli altri elementi del nexus.
Un approccio in grado di combinare una minore domanda di consumo con altre trasformazioni del sistema alimentare e la conservazione della natura apporterebbe maggiori benefici alla biodiversità. In questo senso, le politiche alimentari potrebbero svolgere un ruolo cruciale (cosa che attualmente non sta accadendo). Infatti, se è vero che negli ultimi decenni, l'aumento della produzione alimentare ha migliorato la salute delle persone, contribuendo a ridurre la mortalità infantile e ad allungare la durata della vita, è anche vero che questa crescita ha anche causato altri problemi significativi, come la perdita di biodiversità, l'uso insostenibile dell'acqua, la ridotta diversità alimentare, l'aumento dell'inquinamento e delle emissioni di gas serra.
“Questo rapporto mette in evidenza un problema critico e spesso sottovalutato: la natura interconnessa delle sfide che l'umanità sta affrontando - ha dichiarato Jane Madgewick, Direttrice della Global Commons Alliance -. I rapporti mostrano l'urgente necessità di una trasformazione delle politiche e della governance che metta i beni comuni globali al centro di come utilizziamo l'acqua, coltiviamo il nostro cibo e costruiamo la resilienza agli shock climatici, alla biodiversità e alla salute. Questo deve avvenire a tutte le scale, in tutti i settori, sia a livello locale che globale. Pensare e agire in compartimenti stagni - come se la biodiversità fosse disconnessa dal clima - ci conduce inevitabilmente al fallimento".