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Ambiente

Con le nevicate lo scetticismo torna alla carica (anche se le evidenze scientifiche restano le stesse): quali sono le cause che lo scatenano?

Le recenti nevicate hanno portato non soltanto un manto bianco e tante suggestioni, ma anche i soliti commenti di chi interpreta tali eventi come qualcosa in contraddizione con la teoria del cambiamento climatico. Non c'è bisogno di ripetere per l'ennesima volta perché è sbagliato fare considerazioni sul clima partendo da eventi meteorologici. Indaghiamo invece le possibili cause di tale scetticismo e ragioniamo sull’importanza di comunicare quello che la scienza ci racconta sul cambiamento climatico. Una nevicata non fa certamente un inverno, ci regala però spunti di riflessione importanti

di
Giovanni Baccolo
10 marzo | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

La pioggia mediatica che ha riguardato le recenti nevicate non ha risparmiato nessuno. Ovunque siamo stati esposti alle immagini, ai racconti e alle notizie di questi eventi meteorologici che anche in questi giorni ci hanno accompagnato. Analisi, riflessioni, semplici resoconti e notizie sui fatti di cronaca accaduti per via dell’abbondante neve, come l'isolamento di Gressoney in Val d'Aosta. D’altronde aspettavamo la neve, quella abbondante che copre davvero le montagne, da due inverni. Potevamo aspettarci che la sua improvvisa e tardiva comparsa avrebbe risvegliato la passione per il magico elemento bianco. Una cosa però mi ha sorpreso. Mi riferisco alla quantità di commenti riportati sotto a queste notizie, dove i lettori e le lettrici hanno espresso la loro perplessità rispetto al cambiamento climatico. Se fa sempre più caldo, come è possibile che nevichi così tanto? Secondo loro il corollario che ne deriva è ovvio: il cambiamento climatico non è quello che ci raccontano.

Forse non è nemmeno vero che questi commenti mi hanno sopreso. Mi sembra che negli ultimi anni il loro numero sia aumentato ed è paradossale. Il cambiamento climatico antropogenico avanza e chi nega tale processo e le sue cause diventa più numeroso. Come è possibile? Probabilmente trovare una risposta completa a questi dubbi richiederebbe di scomodare delle discipline che non mastico affatto, come la psicologia, l’antropologia e la scienza della comunicazione. Quello che però riconosco è il fatto che la nostra memoria meteo-climatica è assai corta. Dopo settimane senza pioggia basta qualche giornata piovosa per farci inconsciamente desiderare il ritorno del cosiddetto bel tempo, quello che le previsioni meteorologiche rappresentano con il sole giallo. Bastano poi un paio di anni anomali per rendere l’anomalia qualcosa che una percezione distorta ci fa interpretare come la normalità. Chi ha avuto esperienza del clima solo parzialmente intaccato dai processi antropici, ha oramai una certa età e ha vissuto decine di stagioni che si sono fatte man mano più anomale, rendendo il ricordo del bel clima andato qualcosa di indefinito e indefinibile. Allo stesso modo chi è più giovane farà forse fatica a cogliere la stranezza di questo clima. Se sei nato al tempo del cambiamento climatico, il clima dopato dai gas serra emessi dalla nostra specie è l’unico che conosci, non hai altri paragoni attraverso cui elaborare un confronto. Le settimane costantemente sopra i 30 gradi, gli acquazzoni sempre più violenti e concentrati nel tempo, la neve che rimane per anni lontana dalle montagne e poi torna improvvisa.

Eppure, siamo anche bombardati dalle notizie che provengono dal mondo scientifico. Ai numeri non sfugge nemmeno chi ha poca memoria. I report sullo stato del sistema climatico si susseguono, riportando primati, record, nuovi anni più caldi, mesi più caldi, stagioni più calde. È una rincorsa che pare non fermarsi mai. La scienza del cambiamento climatico è solida. Conosciamo le cause, gli effetti e i processi di quello che sta accadendo. Non ci sono particolari zone grigie che lasciano spazio a interpretazioni contrastanti. Dobbiamo solo capire quanto vogliamo tirare la corda come specie, causando danni alla nostra civiltà e agli ecosistemi da cui dipendiamo. Una sparuta frangia di scienziati che nega il cambiamento climatico antropogenico effettivamente esiste, ma propone delle teorie che non riescono a spiegare quanto avviene. Solo la teoria del cambiamento climatico antropogenico riesce a farlo e ormai parliamo di un oggetto scientifico consolidato da decenni di ricerche e con un elevato grado di completezza.

Evidentemente, se tante persone dubitano di tali risultati in occasione delle prime nevicate serie cadute negli ultimi tre anni, ci deve essere da qualche un problema di comunicazione. I messaggi scientifici sono chiari e inequivocabili, ma non arrivano al pubblico con la stessa efficacia con cui sono prodotti. Da persona che si occupa di questi temi mi chiedo dove la comunità scientifica sbagli e come potrebbe risolvere il problema. Sono domande reali, non retoriche, cui ora come ora non trovo risposta. Se avete dei suggerimenti sono più che contento di ascoltarli.

Spesso gli scettici sull’origine del cambiamento climatico sostengono che chi si occupa di climatologia è finanziato o condizionato da enti che hanno interessi economici nel favorire la transizione energetica. Questo renderebbe la climatologia una scienza di parte, che si piega a specifici interessi. Ovviamente nulla di tutto ciò è verosimile.  In questo ambito di studio la stragrande maggioranza dei finanziamenti arriva da enti di ricerca statali o addirittura federali, come può essere il ministero della ricerca o gli enti per la ricerca europei. Le risorse solo in piccola parte vengono da enti privati. E in ogni caso il sistema delle pubblicazioni scientifiche è attento nel monitorare eventuali conflitti d’interesse e non solo in ambito climatico. Sottolineo poi che intraprendere una carriera nel mondo della ricerca è estremamente complicato. Sotto molti aspetti si tratta di un percorso minato dal precariato e dall’incertezza. Chi fa questo mestiere lo fa per passione, amore della conoscenza e per il desiderio di dare un piccolo contributo a quel processo tutto umano cui diamo il nome di progresso. Di certo non si sceglie questa strada per calcolo o ancora peggio per fare gli interessi di qualcuno. Se sappiamo così tanto sul cambiamento climatico e sulle sue cause, lo dobbiamo a migliaia di persone che hanno dedicato la vita a studiare questi temi, a prezzo di sacrifici non indifferenti. Vedere i risultati delle proprie ricerche liquidati come inutili, falsi, o piegati a interessi di terzi, non è bello. Dietro un dato scientifico ci sono sempre delle persone, con le loro debolezze e sensibilità. Questo chi è scettico lo dimentica spesso.

A una teoria scientifica non si crede. La si può accettare, oppure l’unica alternativa è proporre dei modelli alternativi. Questi però devono spiegare le osservazioni non al pari della teoria originale, ma ancora meglio. Non esistono vie di mezzo e opinioni. Possiamo certamente chiacchierare di questi temi e del cambiamento climatico, ma dobbiamo farlo con la consapevolezza che appunto parliamo di chiacchiere. I dati, le evidenze e le teorie sul cambiamento climatico esistono e sono robuste e validate. Buttarle via con un semplice e arido “secondo me no” perché ci sono stati tre giorni freddi o un treno di perturbazioni, ha davvero poco senso. Il clima e il tempo meteorologico sono complessi e la loro risposta alle perturbazioni solo raramente è di semplice comprensione. Paradossalmente il cambiamento climatico potrebbe addirittura produrre fenomeni di raffreddamento in specifiche aree del pianeta. Se ne è parlato parecchio negli scorsi giorni in merito ai recenti studi pubblicati sull'indebolimento della corrente del Golfo.

Le sterili discussioni sul senso delle nevicate e degli episodi freddi finiranno il giorno in cui riusciremo finalmente a godere della bellezza di una nevicata invernale rimanendo consapevoli di quanto sta accadendo al clima. Non è semplice, ma è importante riuscire a farlo. Centrare l'obiettivo significherebbe aver raggiunto il livello di consapevolezza necessario per agire e fare scelte concrete a più livelli. È un impegno che siamo tutti tenuti ad affrontare.

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