Come rendere più comprensibili gli effetti del cambiamento climatico sulle montagne? In Svizzera la mostra interattiva sulle Alpi del 2100
Esattamente trent’anni fa Alex Langer si chiedeva come poter rendere la conversione ecologica «socialmente desiderabile» e, dunque, fare in modo che la società civile prendesse coscienza piena del cambiamento climatico in corso attraverso la comprensione dei dati e dei moniti al riguardo della scienza. Le Alpi sono un territorio che più di altri lo sta subendo e rende manifesto: in Svizzera una possibile risposta alla domanda di Langer sta in un progetto che utilizza immagini e video impressionanti per mostrare come potrebbe essere il paese e le sue montagne tra 60 anni
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il cambiamento climatico a livello globale è un dato di fatto che ormai solo pochi sconsiderati si ostinano a negare; che tale realtà sia ancora evidentemente poco compresa da molte persone è un’altra evidenza innegabile, e ciò a volte è dipeso dalla difficoltà che la scienza ha avuto, e in parte continua ad avere, di rendere i dati e i modelli climatici comprensibili e adeguatamente esplicativi al grande pubblico. Questo comporta che praticamente tutti sappiamo che il clima sta cambiando e che tale realtà determina – e determinerà - effetti sempre più tangibili a chiunque e a qualsiasi nostro ambiente ma, di contro, che la conversione ecologico-culturale collettiva che ne dovrebbe scaturire stenta a manifestarsi, così che certa politica ne approfitta per agire senza la necessaria urgenza nel mettere in atto le iniziative richieste da decenni dalla scienza.
Le Alpi stanno subendo aumenti delle temperature maggiori rispetto ad altre zone del continente europeo: l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), uno dei più autorevoli organismi internazionali in tema di cambiamenti climatici, afferma che negli ultimi decenni il tasso di riscaldamento sulle Alpi è stato di 0,3°C/10 anni, superando il tasso di riscaldamento globale che è stato di 0,2°C/10 anni. Tale maggiore aumento implica che entro la fine del secolo in corso la temperatura media nelle Alpi potrebbe aumentare di 4°C, ben oltre gli 1,5/2°C indicati come limite da non superare per la temperatura media globale dai più recenti accordi internazionali sul clima.
Ma, come affermato poc’anzi, siamo ancora nell’ambito dei meri dati numerici, che non pochi trovano "sfuggenti"; cosa comporta invece concretamente la realtà appena descritta con questi dati? A questa domanda prova a rispondere efficacemente l’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL), ente scientifico svizzero conduce una ricerca multidisciplinare orientata alle soluzioni in materia di foreste, paesaggi, biodiversità, pericoli naturali e neve e del ghiaccio - per questi ultimi ambiti grazie all’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe (SLF) che ha sede a Davos, nelle Alpi grigionesi. Il WSL, in collaborazione con l'Università di Losanna, l'Università di Berna, il Global Mountain Biodiversity Assessment e la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio, ha elaborato un progetto che sviluppa scenari scientificamente validi su come potrebbero trasformarsi i paesaggi elvetici tra sessant’anni se le temperature in Svizzera dovessero aumentare di 4°C entro la fine del secolo, e ne ha ricavato immagini e video interattivi che mostrano le trasformazioni e permettono al pubblico di navigare attraverso i paesaggi del futuro ottenendo ulteriori informazioni (in lingua tedesca e francese) sulle varie peculiarità e le criticità.
Un tale notevole aumento della temperatura media nelle Alpi in un arco temporale così limitato sta già comportando e implicherà sempre più in futuro effetti rilevanti e sovente drammatici per gli ecosistemi alpini, fragili e delicati come pochi altri.
Un recente articolo della rivista “Sapere Scienza” ne elenca alcuni: entro la fine del secolo molti ghiacciai alpini saranno estinti e le aree glacializzate si localizzeranno a quote molto elevate e nelle aree meno esposte al sole; di contro gran parte dell’ambiente prima occupati dalle nevi perenni diventerà periglaciale – termine che sostanzialmente definisce il territorio posizionato al di sopra dell’ambiente montano boscato/vegetato e al di sotto o in prossimità dei ghiacciai e dei nevai - e quindi, privato del potere riflettente di neve e ghiaccio, si scalderà ancora di più.
Per tali motivi ci saranno seri problemi di approvvigionamento idrico perché oltre alla riduzione delle masse glaciali vi sarà uno spostamento stagionale sempre più marcato nei regimi delle precipitazioni, con meno precipitazioni nevose (mentre è noto che quelle piovose sono di ben più difficile trattenimento a fini antropici) dunque periodi di siccità più frequenti e prolungati. Inoltre vi sarà uno spostamento verso l’alto degli ecosistemi, che entreranno in competizione tra loro a causa del ridotto spazio a disposizione, e aumenteranno gli episodi franosi e di dissesto idrogeologico, dunque i pericoli, soprattutto durante la stagione estiva. In generale si assisterà a un cambiamento notevole dei paesaggi alpini, con quelli che oggi riconosciamo ordinariamente come “montani” che assomiglieranno alle zone collinari e l’alta montagna periglaciale nella quale i boschi colonizzeranno le aree pietrose o scarsamente vegetate, il che comporterà inevitabilmente anche un cambiamento di matrice culturale nella percezione e nella conseguente relazione umana con questi “nuovi” paesaggi.
D’altro canto, tali mutamenti dovranno necessariamente sviluppare nelle comunità che abitano le Alpi dei modelli di resilienza e adattamento adeguatamente efficaci che sempre più tengano conto di risultare sostenibili rispetto al clima e agli ecosistemi in cambiamento, al contempo garantendo la vivibilità più confortevole possibile per i residenti. Ma ciò potrà avvenire solo se la conversione ecologica diverrà veramente «desiderabile», come affermava Alex Langer ormai quarant’anni fa [Colloqui di Dobbiaco, 01 agosto 1994], cioè se finalmente le persone prenderanno piena coscienza e comprensione della realtà climatica in divenire e delle conseguenze possibili, anche grazie a forme di comunicazione e di divulgazione scientifica sperabilmente più efficaci al riguardo. Come quelle realizzate in Svizzera dal WSL, sicuramente un modello interessante anche per altri enti scientifico-climatici che con il loro operato portano avanti la stessa missione dell’Istituto elvetico.
(Immagine in testa all’articolo: fioriture nei pressi del Ghiacciaio di Savoretta, gruppo dell’Ortles-Cevedale. Foto del Servizio Glaciologico Lombardo, tratta dalla pagina Facebook.)