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Ambiente

Avvistato uno strano buco nel ghiaccio del Monte Bianco: come si è formato? Ecco qualche ipotesi

Pochi giorni fa una strana cavità è stata avvistata sul versante settentrionale del Monte Bianco, sul Ghiacciaio dei Bossons, uno dei tanti e grandi ghiacciai che impreziosiscono la massima elevazione delle Alpi. La cavità appare come un vero e proprio buco, largo e profondo decine di metri: è difficile comprendere quale processo abbia portato alla formazione della struttura, ma possiamo avanzare delle ipotesi

di
Giovanni Baccolo
09 febbraio | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

I ghiacciai, specie se in salute, sono vivi. Si muovono e si trasformano continuamente. Non potrebbe essere altrimenti visto che il ghiacciaio, per definizione, è un trasportatore di ghiaccio. Muove il ghiaccio prodotto in quota, dove ogni anno la neve che cade è maggiore di quella che fonde, verso valle, dove invece avviene il contrario. In fin dei conti il lavoro dei ghiacciai è simile a quello dei fiumi, a cambiare è solamente lo stato fisico dell’acqua.

 

Il ghiaccio è un solido che se sottoposto a una forza non si limita a fluire come un liquido, adattandosi perfettamente al substrato su cui scorre. A seconda delle condizioni il ghiaccio si deforma e si frattura (o entrambe le cose), creando quegli intricati ricami cui diamo i nomi di crepacci e seracchi. È quindi normale che di tanto in tanto sulla superficie dei ghiacciai compaiano fessurazioni e fenditure dalle forme più diverse.

 

Qui però non stiamo parlando di un crepaccio o del crollo di un seracco. Quella aperta nel ghiacciaio dei Bossons pare proprio un grande vuoto che intacca l’interno del corpo glaciale. Quando ci si imbatte in vuoti e cavità approfonditi all’interno di un ghiacciaio, il primo pensiero va al lavoro prodotto dall’acqua di fusione. L’acqua prodotta d’estate, se sufficientemente abbondante, riesce infatti a trovare la sua strada all’interno dei ghiacciai, producendo condotti e cavità sotterranee. Normalmente questi vuoti esistevano solo stagionalmente. Si aprivano d’estate e si chiudevano d’inverno. Da qualche tempo le cose sono però cambiate e sempre più spesso i condotti sono talmente grandi da non poter esser sigillati in inverno. Una delle espressioni di questi fenomeni sono i cosiddetti calderoni di ghiaccio, gigantesche depressioni che costellano le lingue terminali dei ghiacciai. Ne potete vedere un esempio nella fotografia riportata qui sotto.

 


Un calderone aperto sulla superficie del ghiacciaio di Lares (gruppo dell'Adamello) a causa del crollo di un sistema di crepacci circolari. Fotografia di Cristian Ferrari (commissione glaciologica della SAT)

 

Al netto di questo, il buco che si è aperto sul ghiacciaio dei Bossons (versante francese del Monte Bianco), ha alcune caratteristiche particolari. Interpretare la formazione di quella grande caverna non è quindi così facile. Possiamo provare a fare qualche ipotesi. Prima di andare avanti ci tengo però a sottolineare la parola ipotesi. Vista la minima quantità di informazioni che abbiamo su questo evento, non è infatti possibile stabilire alcunché con un grado accettabile di certezza. Possiamo solo formulare delle ipotesi alla luce di quanto già conosciamo sul glacialismo di montagna.

 

Partiamo dal contesto: la cavità si trova a circa 3500 metri di quota, al centro di una vera e propria cascata di ghiaccio alimentata dal Ghiacciaio dei Bossons. Una fotografia scattata il 20 gennaio mostra che la caverna in quella data era assente. Sembra quindi che la cavità si sia resa visibile solamente negli scorsi giorni, attirando l'attenzione di chi ha potuto osservare il ghiacciaio recentemente. Le cascate di ghiaccio come quella dove compare il grande antro, sono forme ibride tra crepacciate e seraccate che si sviluppano dove le pendenze del substrato su cui poggia il ghiacciaio sono elevate, facendo sì che il ghiaccio fluisca velocemente. La velocità unita alla ripidità, agisce sul ghiaccio deformandolo notevolmente e aprendo di continuo nuove fessurazioni. Le cascate di ghiaccio (da non confondere con le omonime strutture stagionali dalla genesi completamente diversa) sono tra le parti dei ghiacciai più tormentate e temute dagli alpinisti. Attraversarle è come muoversi in un complesso labirinto.

 

Il fatto che la cavità si sia aperta proprio al centro della cascata è quanto mai anomalo. Il flusso del ghiaccio in questi punti è normalmente così veloce da impedire la formazione di cavità particolarmente ampie. In altre parole, se anche l’acqua di fusione riuscisse a intaccare gli strati profondi di una cascata di ghiaccio, il veloce flusso dovrebbe prontamente limitare i vuoti creati dall’acqua, riempiendolo con nuovo ghiaccio in arrivo da monte. La maggior parte dei calderoni e dei crolli circolari che osserviamo sui ghiacciai Alpini si trovano proprio nelle porzioni terminali dei ghiacciai, dove le pendenze scarse e il limitato movimento impediscono di chiudere le cavità aperte durante la stagione estiva.

 


Due recenti scatti del ghiacciaio di Bossons presi a distanza di pochi giorni. A sinistra (fotografia di Danilo Lanzoni di fine gennaio) non si nota la grotta aperta nel ghiacciaio, che è invece ben visibile a destra nella fotografia di inizio febbraio pubblicata dal quotidiano Le Messager.

 

Dobbiamo però ricordare che le ultime due estati sono state davvero deleterie per i ghiacciai delle Alpi. I tassi di fusione dell’estate 2022 e di quella 2023 sono stati i più alti mai osservati da quando sono iniziate le misurazioni, e non di poco. Questo ha fatto sì che nelle scorse stagioni la fusione abbia intaccato significativamente anche porzioni di ghiacciai in quota, che normalmente non sono particolarmente affette da tali dinamiche. In questo caso specifico, la fusione così intensa potrebbe aver giocato un ruolo importante, andando ad accumulare acqua liquida anche laddove normalmente non succede, vale a dire nei pressi di una cascata di ghiaccio. L’acqua potrebbe poi essere fluita verso valle attraverso le fessurazioni del ghiaccio, lasciando dietro di sé un grande vuoto. Il veloce flusso del ghiaccio potrebbe infine aver portato all’affioramento del vuoto in superficie, rendendo visibile quello che ha tutti gli effetti è un grande buco.

 

Difficile dire se quella caverna ha qualcosa a che fare con il cambiamento climatico e la sofferenza dei ghiacciai. Rimane però il fatto che nelle ultime estati i ghiacciai siano stati soggetti a processi di fusione e deterioramento diversi rispetto a quanto capitava fino a pochi anni fa. L’acqua di fusione estiva è stata talmente abbondante da rendere il suo comportamento difficile da prevedere, specie nelle profondità dei ghiacciai dove diventa molto difficile riuscire a raccogliere dati.

 

Comprendere come le profondità dei ghiacciai stiano reagendo al cambiamento climatico è una delle frontiere d’avanguardia della glaciologia, con evidenti ricadute pratiche. Non dimentichiamo infatti che il comportamento delle sacche d’acqua intrappolate nei ghiacciai è potenzialmente molto pericoloso e allo stesso tempo ancora poco noto.

 

In apertura: un'immagine ravvicinata della cavità aperta sul ghiacciaio dei Bossons. La fotografia è stata scattata dal glaciologo e guida alpina Raphael Moser, del politecnico di Zurigo.

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