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Ambiente

"Acque calde e quindi poco ossigenate contengono meno vita”. La biodiversità dei torrenti montani a rischio

Dalle Alpi agli Appennini: pesci, gamberi e insetti nei fiumi di montagna in pericolo anche per l’innalzamento delle temperature dell’acqua

di
Cecilia Molinari
12 novembre | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"Acque calde e quindi poco ossigenate contengono meno vita". Così racconta Stefano Fenoglio, naturalista italiano e docente all'Università di Torino, nonchè direttore del centro per lo studio dei fiumi alpini Alpstream nel Parco del Monviso e autore del libro "Uomini e fiumi, storia di un'amicizia finita male" (Rizzoli editore). Fenoglio è specializzato nello studio dei fiumi, della loro biodiversità e del loro rapporto con l'uomo, e lo abbiamo intervistato per approfondire l’influenza che la crisi climatica può avere sui corsi d’acqua montani.

 

"La temperatura dei corsi d'acqua montani del pianeta si sta alzando - spiega il professore - e si stima che questo stia avvenendo anche nei nostri corsi d’acqua, anche se non ci sono misure dirette relative alle nostre valli e alle nostre montagne, perché l’Italia non ha dati storici ambientali tali da predisporre una serie". Le strumentazioni di cui disponiamo, infatti, spiega il docente, sono per lo più idrometri che misurano la quantità di acqua "mentre non si effettuano misurazioni massicce del parametro temperatura".


Credits: progetto LifeClaw

Per quanto concerne le cause del riscaldamento, Fenoglio spiega: "L'aumento della temperatura del suolo aumenta anche quella dell’acqua in cui scorre come diretta conseguenza e sappiamo bene che la temperatura media dell’atmosfera è in rialzo perché i dati degli studi sul cambiamento climatico sono a disposizione di tutti". L'aria e le rocce, dunque, scaldano a loro volta i corsi d’acqua.

 

Preso atto di questo fenomeno, è importante considerare le sue conseguenze, che "sono importanti perché nei corpi idrici delle Alpi sono presenti una moltitudine di organismi che si sono adattati ad acque fredde e molto ossigenate". Infatti, come spiega il professore, "temperatura ed ossigenazione sono due parametri strettamente legati, in quanto il tasso di solubilità di ossigeno è inversamente proporzionale alla  temperatura dell’acqua, questo vuol dire che acque più fresche contengono più ossigeno di acque più calde". Conseguentemente, il riscaldamento delle acque fluviali "influenza i cicli vitali degli organismi e degli animali che hanno bisogno di specifici range di temperatura per svilupparsi". Ad esempio, si osservano insetti che si sviluppano più precocemente, come succede ad Alba, dove "c’è un efemerottero che sfarfalla (lo sfarfallamento è il momento in cui un insetto completa la sua trasformazione e diventa un adulto in grado di volare e di riprodursi, ndr) diversi mesi prima rispetto a 20 anni fa, con delle conseguenze sulla rete trofica (la relazione alimentare tra le diverse specie facenti parte di un ecosistema, è ciò che garantisce il flusso di nutrienti ed energia mantenendo funzionante un ecosistema) di cui questa specie fa parte".

 

Acque poco ossigenate, in generale, contengono meno vita, e anche pesci come le trote o lo scazzone hanno bisogno di acque con bassa temperatura per sopravvivere: "Durante l’estate si osservano morie di questi animali anche in fiumi dove non è presente inquinamento, ciò è proprio dovuto alla mancanza di ossigeno in questi torrenti".


Credits: progetto LifeClaw

Per ampliare la visione anche alle terre appenniniche, abbiamo ascoltato Maria Chiara Contini, esperta del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano che lavora al progetto europeo LifeClaw sulla conservazione del gambero di fiume autoctono (Austropotamobius pallipes). Questo crostaceo, infatti, è esposta a diverse minacce che vanno dall'innalzamento della temperatura agli impatti di azioni antropiche di vario genere, come drenaggi, canalizzazioni, sbarramenti, prelievi eccessivi e sprechi di acqua per uso industriale, agricolo e civile; scarichi di acque calde legate alla produzione di energia elettrica; scarichi industriali e urbani; siccità, bracconaggio, semine ittiche, acidificazione delle acque; e immissione deliberata o accidentale di specie alloctone. Il gambero di fiume, che è ormai classificato nella Lista Rossa della IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) come specie in via di estinzione (ma non è il solo), vive di preferenza in acque fredde e ben ossigenate, con una temperatura ideale che poco si può discostare dai 18°C, e non può sopravvivere a lungo sopra i 23°C.

 

Per tutti questi organismi vivere in tali condizioni significa vivere in un mondo molto inospitale, perché hanno avuto a disposizione tempi geologici per evolversi ed adattarsi a quello specifico habitat che li ospita, con quelle specifiche caratteristiche. Ora i cambiamenti climatici in atto, come sappiamo troppo veloci, precludono qualsiasi tipo di adattamento a queste forme di vita così specializzate.

 

“C’è una doppia origine del surriscaldamento” riprende Fenoglio “acque calde sono sicuramente una conseguenza che deriva dall’aria e dal suolo più caldi dovuti al riscaldamento globale, ma bisogna anche considerare che si osserva una generale tendenza che vede precipitazioni minori o più concentrate su brevi periodi, questo si riflette indubbiamente su portate inferiori in termine di volume dei corsi d'acqua e ancora una volta questo va ad incidere sulla temperatura: volumi piccoli si scaldano più in fretta”.  Abbiamo come sempre quindi un unico comune denominatore protagonista e causa degli ostacoli che si moltiplicano per la sopravvivenza della biodiversità e non solo, che è il cambiamento climatico.

 

Foto in copertina di Francesco Sisti.

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