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Ambiente

10 esempi di turismo dolce per superare la monocultura dello sci. L'elenco proposto dal report Nevediversa

I nuovi scenari aperti dai cambiamenti climatici invitano con crescente urgenza a ripensare l'offerta turistica invernale, individuando esempi di buone pratiche da cui lasciarsi ispirare, da supportare economicamente e da replicare adattandole alle peculiarità territoriali. Abbiamo raccolto le 10 "best practises" segnalate dal report "Nevediversa 2024" di Legambiente

di
Pietro Lacasella
13 marzo | 12:46
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

I nuovi scenari aperti dai cambiamenti climatici, com'è ormai evidente anche ai più scettici, mettono in discussione modelli economici fino a qualche anno fa considerati un'indiscutibile sicurezza.

 

Uno di questi è ovviamente l'industria sciistica, legata a un elemento (la neve) che, naturale o artificiale, è fortemente condizionato dall'aumento delle temperature.

 

Se il problema è quindi chiaro a tutti - anche a chi si ostina a investire ancora enormi capitali per espandere questo settore - non è semplice individuare delle soluzioni; non è facile strutturare dei modelli turistici alternativi, più vicini alle peculiarità climatiche del presente. Anche perché le istituzioni, mentre continuano a iniettare milioni e milioni nell'industria sciistica, non premiano il turismo dolce. 

 

Un sostegno iniquo, quindi, che il rapporto "Nevediversa 2024" di Legambiente evidenzia con chiarezza. A livello nazionale, se per pratiche di ammodernamento degli impianti di risalita e degli impianti per l’innevamento artificiale sono stati destinati dal Ministero del Turismo 148 milioni di euro nella stagione che avvia a concludersi, per la promozione dell’eco-turismo invece ne sono stati stanziati solo 4.

 

Conseguenza diretta, quindi, è l'urgenza di individuare esempi di buone pratiche da cui lasciarsi ispirare, da supportare economicamente e da replicare adattandole alle singolarità territoriali.

 

Il dossier Nevediversa ogni anno raccoglie un consistente numero di buone pratiche, diffuse su tutto il paese. Esse raccontano innanzitutto di un rapporto con la neve incentrato sulla sostenibilità ambientale dello sviluppo. Alcune di queste sono particolarmente rappresentative e emblematiche di quel mondo che vorremmo si affermasse un po’ ovunque in quanto nuovo modello di abitare e vivere la montagna nell’era dei cambiamenti climatici. 

 

Le "best practises" si caratterizzano per la capacità di innovare l’offerta turistica in armonia con la valorizzazione dell’ambiente naturale, delle professionalità a largo raggio, del patrimonio storico e architettonico nella sua unicità. Luoghi dove le comunità in quanto tali stanno assumendo un ruolo non secondario. Buoni esempi che - se emulati - permetterebbero di prefigurare uno sviluppo montano capace di trarre dal turismo dolce quegli elementi di forza per dare corpo alle speranze delle comunità montane che giustamente rivendicano il diritto al benessere e a posti di lavoro stabili e dignitosi.

 

Qui di seguito l'elenco delle buone 10 realtà virtuose individuare dal report Nevediversa di Legambiente:

 

Valle Maira (CN): la Valle Maira è riuscita a preservarsi dal cemento e dagli impianti di risalita per diventare il paradiso di chi ama il turismo slow e per gli amanti dell’outdoor. È il luogo delle Alpi in cui si è più creduto nel turismo dolce, con un grande investimento economico e culturale.

 

Comune di Balme (TO): A Balme, dopo aver vietato l’eliski ed essere diventati Villaggio degli Alpinisti si guarda oltre: le ciaspole da un ventennio hanno soppiantato i visionari sviluppi sciistici che ancora aleggiavano a fine secolo.

 

Future Lab (Dolomiti Paganella): È un progetto pensato per ragionare sui cambiamenti che stiamo vivendo, per rendere la Comunità dell’Altopiano della Paganella più resiliente e capace di immaginare il futuro, elaborando dei modelli di sviluppo coerenti con le sfide attuali. È stato impostato come una piattaforma in continua evoluzione, unica nel suo genere in Italia, per definire una visione di sviluppo turistico bilanciato di lungo periodo assieme alla comunità, basato sulla vivibilità e la qualità di vita di residenti e ospiti.

 

Saisera wild track e Saisera sound track (Malborghetto-Valbruna): Malborghetto-Valbruna è un comune adagiato sul fondo della Valcanale. Il Comune non ha impianti da sci alpino ma ha saputo interpretare con acume il genius loci, emergente dalle antiche, ma attualissime, necessità di trarre profitto dall’oculata gestione contadina del territorio integrata da una squisita accoglienza rivolta a turisti curiosi di tradizioni e natura. Gli escursionisti possono cimentarsi lungo percorsi segnalati su neve battuta - meglio se muniti di racchette da neve - dai nomi eloquenti: Saisera wild track e Saisera sound track, dotati di cartelloni illustrativi su fauna, abeti di risonanza e postazioni residuate dalla grande guerra.

 

Cooperativa di comunità Valle dei Cavalieri Succiso (RE): Come si legge sul sito della cooperativa la storia “inizia nel 1991, con la chiusura dell’ultimo bar del paese. Poco tempo prima, aveva abbassato la serranda anche l’ultima “bottega”. E si sa, quando in un paese non ci sono più né un bar né un negozio, quel paese è destinato a morire, perché viene a mancare un punto di aggregazione. Così, noi ragazzi della pro loco, ci siamo rimboccati le maniche ed abbiamo costituito la Cooperativa Valle dei Cavalieri, dal nome della zona geografica in cui si colloca Succiso”. Da allora i soci sono diventati 63, con 7 dipendenti fissi oltre all’impiego occasionale di collaboratori. La cooperativa ha promosso l’attività dell’agriturismo e del ristorante, sperimentando nuove offerte turistiche in collaborazione con il Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano del quale è centro visita. Ha creato un’azienda agricola che produce pecorino DOP, acquistato un pulmino per il trasporto alunni e la distribuzione di medicinali per gli anziani del paese.

 

Camminasila (Calabria): Con Camminasila si propone un modo diverso di vivere il turismo in Sila, improntato sui principi della sostenibilità in estate come in inverno. Camminasila è un’associazione che ha lo scopo di promuovere il territorio Silano attraverso le attività outdoor come il trekking, la mountain bike, le ciaspole, lo sci di fondo, la canoa e tutte quelle attività eco-sostenibili che consentono di far conoscere il territorio in ogni stagione.

 

Oltre lo sci, Comprensorio Bruncu Spina (Sardegna): L’impianto sciistico non è più attivo da diverso tempo, ma sono tanti i visitatori disposti a fare un po’ di strada a piedi e avventurandosi in tour esperienziali lungo i pendii, in compagnia di una guida (sconsigliato avventurarsi da soli se non si conosce il territorio) in mezzo a paesaggi fiabeschi e vallate innevate ricoperte di foreste di lecci e roverelle maestosi e boschi di castagni, noccioli e abeti, in un territorio incontaminato e spesso selvaggio.

 

-  Dobratsch, la stazione sciistica a zero impianti (Carinzia, Austria): Sul Dobratsch, in Carinzia fino a pochi anni fa esisteva una stazione sciistica, con skilift e seggiovie. Dal 2001 la sua attività è stata interrotta perché non era più conveniente mantenere in piedi gli impianti di risalita, i costi di gestione erano diventati troppo alti. Così gli impianti sono stati smontati e venduti. Se altrove un simile provvedimento avrebbe significato una catastrofe per il turismo, per il Dobratsch è stato invece un vero colpo di fortuna. Sulle piste non ci sono più le folle di sciatori del sabato e della domenica, ma sono a decine, in un giorno infrasettimanale qualsiasi, gli scialpinisti che salgono i quasi 1200 metri di dislivello che separano il parcheggio di Heiligengeist dalla Gipfelhaus, il nuovissimo rifugio sulla cima del Dobratsch.

 

Stazioni che si sono reinventate - Monte Tamaro e Cardada /Cimetta (Svizzera, Canton Ticino): Il monte Tamaro è stato tra i primi ad abbandonare lo sci e a reinventarsi. La piccola stazione del Canton Ticino, costruita negli anni ‘70 su un versante assolato dell’alpe Foppa, tra i 1100 e i 1600 metri, nel 20O3 ha deciso di rinunciare al tradizionale turismo invernale. E ora, con più 100 mila presenze, fra aprile e settembre, prova che cambiare si può.

 

Per chi fosse interessato è possibile leggere le altre buone pratiche di turismo dolce individuate da Legambiente nel recente dossier Nevediversa 2024, disponibile gratuitamente online.

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