Scalava e dipingeva le ciminiere delle fabbriche per finanziarsi le spedizioni. Jerzy Kukuczka, il secondo alpinista a toccare la vetta di tutti i 14 ottomila
"Capitava di perdere due giorni solo per poter trovare qualcosa a dieci rupie in meno". Era l’alpinismo di chi voleva svincolarsi dalle maglie troppo strette della società, per salire sul tetto del mondo ed ammirare orizzonti privi di frenesia e caligine
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Jerzy Kukuczka è morto in ottobre. Il 24. Trentacinque anni fa. Fu il secondo uomo al mondo a toccare la vetta di tutti i 14 ottomila. Per realizzare l’obiettivo gli bastarono otto anni: pochi, pochissimi, considerando che a Reinhold Messner ne furono necessari sedici.
Solo nel 1985 ne scalò tre: Dhaulagiri e Cho Oyu e Nanga Parbat. Raggiunse molte vette attraverso itinerari ancora vergini, altre (quattro) durante la stagione invernale.
A fermare la sua ricerca verticale fu una vecchia corda: lo tradì, spezzandosi, mentre stava disegnando una nuova linea sul Lhotse, il suo primo ottomila.
Kukuczka è ritenuto uno degli alpinisti più forti di sempre, ma il talento, in quel periodo, non era garanzia di sponsorizzazioni e finanziamenti. La Polonia degli anni Settanta/Ottanta non navigava certo in acque tranquille dal punto di vista economico. E così gli alpinisti si dovevano reinventare in “scalatori di città”: al fine di racimolare la somma necessaria per organizzare una spedizione, scalavano le ciminiere delle fabbriche e le dipingevano.
Organizzando le spedizioni "capitava di perdere due giorni solo per poter trovare qualcosa a dieci rupie in meno", spiegherà più avanti lo stesso Kukuczka nel libro “Il mio mondo verticale”.
Era un alpinismo povero, ma affamato di sogni e disposto a rinunce e sacrifici pur di realizzarli.
Era l’alpinismo di chi voleva svincolarsi dalle maglie troppo strette della società, per salire sul tetto del mondo e ammirare orizzonti privi di frenesia e caligine. Era un alpinismo umile. Era un alpinismo libero.
Foto: archivio Jerzy Kukuczka