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Alpinismo

È morto Dino Piazza, l’ultimo protagonista-testimone italiano della tragedia del Frêney del 1961

Con Dino Piazza, se ne va un mondo di ricordi: l’alpinismo del sesto grado, le grandi imprese sulle Alpi, lo spirito delle montagne vissuto nel Novecento e un grande Ragno della Grignetta. Il ricordo di Marco Albino Ferrari 

di
Marco Albino Ferrari
25 febbraio | 10:17
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

È morto Dino Piazza, l’ultimo protagonista-testimone italiano della tragedia del Frêney del 1961. Dino, il Ragno di Lecco dell’epoca d’oro del sesto grado, aveva scalato le pareti più difficili, dalle Dolomiti al Monte Bianco e al Mc Kinley, insieme a Riccardo Cassin, Walter Bonatti, Carlo Mauri e al gruppo dei Ragni di Lecco, di cui era un fiero esponente. Ed era stato un imprenditore del ferro, iniziando l’attività in un garage insieme al suo compagno di cordata Emilio Ratti.

 

Dino era un uomo dalle esclamazioni in stretto dialetto lecchese, dalle sonore pacche sulle spalle, dai brindisi esclamati alzando bicchieri di rosso. E soprattutto dai dolcissimi sorrisi disarmanti.

 

In quel luglio 1961, Dino avrebbe dovuto unirsi a Bonatti, Oggioni e Gallieni per la prima al Pilone Centrale del Frêney. Ma all’ultimo ebbe un contrattempo. Leggendo però sui giornali che i suoi compagni erano rimasti bloccati sul Pilone insieme a quattro francesi, era corso con quattro amici scalatori a bordo della sua Alfetta verso il Monte Bianco per dare una mano ai soccorsi. Era arrivato fin su alla capanna Gamba, ma la squadra di Ulisse Brunod già operativa gli intimò di non intralciare le operazioni, e dovette ridiscendere insieme agli americani Gary Hemming e John Harlin. Lui, guida alpina, aveva dovuto rinunciare a soccorrere i suoi amici: non lo perdonerà mai ai colleghi di Courmayeur.

 

Giorni dopo scoppiarono le polemiche nei confronti di Bonatti, perché, si diceva, non era riuscito a salvare Oggioni e i tre altri compagni francesi morti durante la ritirata. Le accuse erano infondate, ma nonostante ciò Bonatti appariva reo di decisioni sbagliate, i bivacchi reiterati, la scelta della via di fuga... Le critiche e le polemiche furono violente: il giorno del funerale di Andrea Oggioni, a Villasanta, Bonatti dovette fuggire dal cimitero per paura di essere aggredito. Fu Buzzati che, sentiti i testimoni chiave Pierre Mazeaud e Dino Piazza, scrisse un articolo apparso il 21 luglio 1961 sul “Corriere della Sera” dando la giusta fine alle infondate polemiche. Per saperne di più sulla vita di quest’uomo figlio delle Grigne si può lasciarsi trasportare nel bel film di Nicoletta Favaron “Prima il dovere”.

 

Con Dino Piazza, se ne va un mondo di ricordi: l’alpinismo del sesto grado, le grandi imprese sulle Alpi, lo spirito delle montagne vissuto nel Novecento e un grande Ragno della Grignetta.

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