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Alpinismo

A 23 anni Adriana Brownlee diventa la donna più giovane a scalare tutti gli ottomila. Ma è questo l’alpinismo che ci interessa?

Dopo aver raggiunto la vetta dello Shishapangma (8.027 metri), in Nepal, Adriana Brownlee, inglese, è diventata la donna più giovane del mondo a salire su tutte le 14 montagne più alte della Terra

di
Marta Manzoni
15 October | 16:22
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Alle 8:01 del 9 ottobre, dopo aver raggiunto la vetta dello Shishapangma (8.027 metri), in Nepal, a 23 anni, Adriana Brownlee, inglese, è diventata la donna più giovane del mondo a scalare tutte le 14 montagne sopra gli ottomila metri.

 

Mentre si avvicinava alla vetta dello Shishapangma, ha raccontato a The Times: “Ho iniziato a piangere. Non avevo ancora raggiunto la cima, non riuscivo nemmeno a vederla, ma sapevo che ce l’avrei fatta. Ci è voluta un’altra ora prima di arrivare in vetta. A quel punto stava albeggiando e il cielo era meravigliosamente limpido”.

 

Secondo Brownlee: “È stato il momento più incredibile. Ho pianto di nuovo ricordando che avevo appena scalato tutti i 14 ottomila della Terra, facendo la storia”.

Adriana Brownlee è la seconda donna di nazionalità inglese a salire sulla cima delle 14 montagne più alte del mondo.


Un risultato importante, ma che lascia spazio a molti interrogativi. Per esempio: quanti aerei avrà dovuto prendere Brownlee per raggiungere questo traguardo? Quale è stato il suo impatto sull’ambiente? O ancora, in che modo ha affrontato le salite?

 

Sono tutte domande che portano a riflettere: è ancora questo l’alpinismo di cui vale la pena parlare? Esite, infatti, una sorta di paradosso: i ghiacciai rappresentano la felicità per gli alpinisti ma per raggiungerli si arreca un danno pesante all’ambiente. Una doverosa riflessione considerando le dinamiche climatiche che coinvolgono questi territori.

 

Dall’altra c’è anche un altro modo di scalare le montagne: si tratta del cosiddetto alpinismo di prossimità, meno impattante da un punto di vista ambientale e che, per esempio, non comporta l’utilizzo di aerei intercontinentali.

Un alpinismo che ha bisogno però di un approccio rivoluzionario, una nuova prospettiva alle terre alte.

 

L’umanità, soprattutto in epoca contemporanea, è attratta dalle cime e il desiderio di avventura è innato nel nostro spirito, ma il turismo di ‘conquista’ delle vette, simile per certi aspetti alla visione colonialista di ‘conquista’ dei continenti, sembra oggi, alla luce degli attuali scenari climatici e ambientali, aver acquisito sfumature anacronistiche.

 

La lontananza, al contrario di quello che pensiamo, non amplifica il valore esperienziale dell’avventura e riuscire a stupirsi di ciò che ci circonda ha un immenso valore: la semplicità rende tutto più bello e reale.

 

Ci sono tante montagne ancora da esplorare, senza andare chissà dove: non si capisce perché dovrebbero essere meno interessanti degli ottomila.

 

Adottando uno sguardo rinnovato e maggiore fantasia, esistono ancora numerose cime vicine da esplorare e sulle quali scrivere nuove pagine di storia dell’alpinismo.

 

Questa non vuole chiaramente essere una critica alla giovane alpinista ma una riflessione sull’alpinismo che verrà.

 

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