“Maschi o femmine, ricchi o poveri, iraniani o americani: la forza di gravità tira giù tutti allo stesso modo”. Storia della climber Nasim Eshqi
Di presa in presa, di via in via, la forte climber Nasim Eshqi ha trovato la forza per emanciparsi dalle logiche culturali su cui si sorregge il governo del suo paese, l’Iran, dove basta un hijab indossato non correttamente per imbattersi in pene severe. La sua storia è stata raccontata da un docufilm, "Climbing Iran", che verrà proiettato su iniziativa della sezione Cai di Bolzano, venerdì 12 aprile, alle 20:30, al Teatro Comunale in Galleria Telser (ingresso libero)
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
"Nella differenza che caratterizza ognuno di noi ritroviamo un senso di uguaglianza mentre si arrampica: non ha alcuna importanza essere maschi o femmine, ricchi o poveri, iraniani o americani perché la forza di gravità tira giù tutti allo stesso modo. La sola cosa che conta è usare il cervello, i muscoli, l’istinto per trovare una via".
Le parole di Nasim Eshqi, climber iraniana professionista, superano i confini dello sport per abbracciare quelli etico-politici. Di presa in presa, di via in via, Eshqi ha trovato la forza per emanciparsi dalle logiche culturali su cui si sorregge il governo del suo paese, l’Iran, dove basta un hijab indossato non correttamente per imbattersi in pene severe. È sufficiente ricordare la ventiduenne Mahsa Amini, deceduta nel 2022 dopo essere stata arrestata dalla polizia morale per non aver indossato il velo nel modo “regolare”. All’ondata di proteste nata in seguito alla morte di Amini, è seguita una sanguinosa repressione che – stando a quando riportato la ONG Iran Human Rihts – in appena tre mesi ha tolto la vita a oltre 400 persone.
Al movimento di protesta si era unita un’altra forte climber iraniana, la prima a vincere una medaglia ai Campionati mondiali di arrampicata: Elaz Rekabi. In segno di solidarietà alle proteste, pur consapevole di infrangere la legge della Repubblica islamica dell’Iran, il 17 ottobre 2022 ha deciso di gareggiare senza hijab ai campionati asiatici della Federazione internazionale di arrampicata sportiva a Seul. Al posto del velo ha indossato una fascia nera, dietro alla quale si è raccolta i capelli in una lunga coda. Con questo gesto, all'apparenza così semplice, Rekabi ha scardinato i paradigmi culturali del suo pese, dimostrando al mondo che la resistenza civile è forse l'arma più efficace contro chi reprime con la violenza. Le ritorsioni contro di lei e la sua famiglia, com’era facile immaginare, non si sono fatte attendere.
L’arrampicata però "tira giù tutti allo stesso modo", pialla le differenze, ed è a partire da questo principio che Nasim Eshqi ha aperto più di cento vie fra Oman, Emirati Arabi Uniti, Armenia, India, Turchia e Georgia, fino al grado di 8b. L’idea di Climbing Iran, il docufilm che racconta la sua storia, è nata nel 2018 grazie all’incontro con Francesca Borghetti, antropologa e regista.
Nel 2023 Eshqi ha aperto una nuova via sul Catinaccio, in Val di Fassa, chiamandola Woman, Life, Freedom, come lo slogan delle proteste scatenate dall’uccisione di Mahsa Amini. Proprio dopo la rivolta di quei mesi, Eshqi ha deciso di non fare più ritorno in Iran, oggi troppo pericoloso per lei. Non ha tuttavia smesso di combattere contro le disparità, a colpi di scalate e di riflessioni importanti: “La forza di gravità tira giù tutti allo stesso modo”.
Climbing Iran verrà proiettato, su iniziativa della sezione Cai di Bolzano, venerdì 12 aprile, alle 20:30, al Teatro Comunale in Galleria Telser (ingresso libero)