Fratelli d’Italia e quella “memoria condivisa” che tanto piace ai revisionisti: arriva la mozione copia e incolla “contro ogni totalitarismo”
Il gruppo di Fratelli d'Italia ha depositato in Consiglio provinciale una proposta di mozione per l'adozione in Trentino della risoluzione del Parlamento europeo "sull'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa". Si chiede una condanna di tutti i totalitarismi, invocando ancora una volta la "memoria condivisa"
TRENTO. Copincolla e via. È questa l’operazione fatta da Fratelli d’Italia Trentino con la proposta di mozione presentata in Consiglio provinciale lo scorso 18 ottobre 2021. Il documento, riprendendo la risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 “sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”, chiede alla giunta di impegnarsi “contro ogni totalitarismo”, stabilendo una data – il 23 agosto – per la “Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari” ed affermando “la cultura di una memoria condivisa che respinga i crimini dei regimi nazisti, comunisti, fascisti e stalinisti e di altri regimi totalitari e autoritari del passato”.
La mozione, nondimeno, non risparmia nemmeno il mondo della scuola, che secondo la sezione provinciale del partito di Giorgia Meloni dovrebbe assumersi il compito di “sensibilizzare le generazioni più giovani” trasmettendo i “principi contenuti nella risoluzione europea” e celebrando l’anniversario del patto Molotov-Ribbentrop – accordo di non aggressione firmato da Urss e Germania nazista nell’agosto del 1939, con cui si stabiliva, tra le altre cose, la spartizione della Polonia (QUI e QUI degli approfondimenti). Ultimo punto, infine, il testo chiede l’impegno della giunta nella promozione della “documentazione del tragico passato totalitario per le vicende che hanno concretamente interessato il territorio provinciale”.
Nulla di nuovo sul fronte memoriale, dunque. Il partito erede del Movimento sociale anche in Trentino si accoda ad una vulgata tesa a gettare in un unico calderone il complesso passato europeo, promuovendo ancora una volta la tanto agognata “memoria condivisa”. Del tema, al tempo e ad un anno di distanza, ne avevamo ampiamente scritto; non solo ribadendo per l’ennesima volta che la memoria condivisa non esiste, ma è quanto di più totalitario ci sia. Dove, infatti, la rappresentazione del passato assume caratteri univoci, senza sfumature, senza divisioni e conflitti? In una dittatura, come insegna l’esempio trentino rispetto alla Grande Guerra: 60mila uomini trentini avevano combattuto con la divisa austro-ungarica e al loro ritorno (1 su 6 morì) non poterono – vista l’imminente salita al potere del fascismo – raccontare e ricordare pubblicamente la propria esperienza. La memoria dovette essere coltivata privatamente, perfino le lapidi per ricordare i morti nei vari paesi dovettero essere confinate nello spazio dei cimiteri. Non in pubblica piazza, ma in un luogo appartato.
L’esempio della guerra civile combattuta in Italia fra il settembre del 1943 ed il maggio del 1945 rappresenta poi la più significativa manifestazione di come la memoria condivisa non possa e non debba esistere in una democrazia, per definizione spazio di pluralismo. Com’è possibile che i ricordi e la prospettiva di chi convintamente aveva sostenuto il regime fascista o la sua brutale coda della Repubblica sociale si armonizzino con quelli di chi prese le strade delle montagne, ebbe parenti fucilati dai nazifascisti o semplicemente visse la dittatura e la guerra in maniera appartata o indifferente?
Ciò che si può condividere, quindi, è semmai la storia, non la memoria. Questa è per definizione limitata, personale, faziosa, mutevole. La memoria è semplificazione della complessità, la storia invece è presa di coscienza ed abbraccio della complessità. La lettura dell’esordio della proposta di mozione di Fratelli d’Italia in Consiglio provinciale aiuta pertanto a comprendere quanta confusione ancora ci sia attorno alla questione, e quanto questa confusione non faccia altro che inquinare il discorso, permettendo abili travestimenti di chi per primo fa “uso politico” spregiudicato della storia, manipolando e falsificando spesso con lo scopo di riabilitare i propri riferimenti politici.
“Premesso che è indifferibile ed urgente assumere ogni iniziativa volta a contrastare i fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza in tutte le loto manifestazioni di tipo razziale, etnico-nazionale, religioso, politico e sessuale – si legge - per fronteggiare efficacemente la crescente spirale di odio, intolleranza, razzismo e antisemitismo, cui si sta assistendo negli ultimi anni, si ritiene assolutamente necessario avviare e rafforzare un’intensa attività di sensibilizzazione per mantenere vivo il ricordo delle tragiche vicende, che hanno interessato la storia, anche più recente, delle nostre Nazioni, anche al fine di «onorare la memoria delle vittime dei regimi totalitari e autoritari» e gettare le basi per una «riconciliazione fondata sulla verità e la memoria»”.
“Proprio la ‘memoria condivisa’ ed una lettura non faziosa o frazionata della storia e delle tragedia sanguinarie determinate dai totalitarismi del secolo scorso e di quelli attuali può consegnare alle generazioni un clima di unanime, sincera, non faziosa condanna senza appello di ogni forma di razzismo, di intolleranza, di odio e di violenza. La metabolizzazione del male, perché non si ripeta, necessita di una memoria sofferta e condivisa, abbandonando lettura unilaterali e faziose della storia, giustificazionismi inaccettabili o, peggio ancora, un uso politico della storia stessa”.
In maniera piuttosto confusa e sciatta, dunque, ciò che Fratelli d’Italia sostiene è che – come si legge nel paragrafo successivo, riferito alla risoluzione del Parlamento europeo – “«la memoria delle vittime dei regimi totalitari e autoritari, il riconoscimento del retaggio europeo comune dei crimini commessi dalla dittatura comunista, nazista e di altro tipo», sono di vitale importanza per costruire la resilienza europea (!, ndr) alle «moderne minacce esterne»”. E ancora: “Una maggiore consapevolezza storica non disgiunta da una memoria condivisa e da una condanna senza distinzione alcuna di ogni forma di intolleranza, razzismo e totalitarismo rappresenta il più certo e potente antidoto contro qualsivoglia forma di rigurgito di violenza, xenofobia, razzismo, intolleranza e odio”.
Ragionando sull’efficacia delle leggi memoriali, nel suo libro Cattiva memoria lo storico Marcello Flores (riprendendo una riflessione della semiologa Valentina Pisanty sul negazionismo) scrive: “Si era pensato, da parte di molti, che la costante presenza della memoria avrebbe potuto accrescere non solo la coscienza di quanto era tragicamente accaduto nella prima metà del XX secolo, ma anche la conoscenza della storia che quelle tragedie aveva prodotto. Purtroppo non è stato così, o almeno non nelle modalità esaurienti e coerenti che ci si aspettava. Oggi, al contrario, sembra tornare d’attualità il bisogno di più storia, di tornare alla storia per rafforzare, con un’informazione e una preparazione più adeguata, la consapevolezza morale che la memoria – senza un sapere autentico del passato – non riesce del tutto a trasmettere”.
Di fatto, queste parole pongono in discussione quanto il documento di Fratelli d’Italia intende sostenere. Cioè, le leggi memoriali ed i riconoscimenti dei crimini non significano necessariamente un “antidoto” contro violenza e intolleranza. Anzi. Come dimostra il caso delle risoluzioni adottate dai Consigli regionali del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto (QUI l'articolo) sul negazionismo delle foibe, invece, la scelta della politica di occuparsi della storia pone gravi limitazioni alla ricerca e alla divulgazione scientifica del passato, imponendo versioni di comodo della storia e – in sostanza – memorie che pretendono di essere condivise ma che in realtà esprimono solo i risentimenti, il vittimismo e le aspettative di una parte. La questione non è allora tanto il riconoscimento dei crimini, quanto la comprensione dell’interezza degli eventi – che a sua volta può portare ad un riconoscimento di tutti i crimini, senza esclusione dei propri.
In un’intervista fatta al nostro giornale ad un anno di distanza (QUI l'articolo), lo stesso storico Marcello Flores mise in evidenza come la reazione della sinistra italiana alla risoluzione sia stata a sua volta espressione di un’identità che si sentiva minacciata. Il comunismo italiano, dicevano, non era assimilabile allo stalinismo, nonostante dipendesse da Mosca. Contribuì in maniera decisiva alla Resistenza, alla Costituzione e alla difesa della democrazia negli anni del terrorismo. L’equiparazione fra nazismo e comunismo troverebbe così un cortocircuito.
Di fronte a quel claudicante e un po’ disordinato tentativo di creare una memoria comune europea da parte del Parlamento, la reazione della sinistra ex-comunista italiana è stata di “ricondurre la memoria solo a noi stessi”. Ciò dimostra quanto sia difficile e pieno d’ostacoli il percorso che porta ad uscire dal racconto nazionale, per giungere ad un piano più alto, quello del racconto europeo.
Nondimeno, tornando al nostro piccolo, un ultimo appunto merita il punto 3 della proposta di mozione di Fratelli d’Italia. In questo si chiede alla giunta di “promuovere la documentazione del tragico passato totalitario per le vicende che hanno concretamente interessato il territorio provinciale”. Rassicuriamo i consiglieri, che non serve scomodare Fugatti o l’assessore alla Cultura Bisesti. La documentazione del passato totalitario in Trentino è ampiamente conosciuta: riguarda vent’anni di dittatura fascista e due anni di occupazione nazista. Basta entrare in una biblioteca.