Equiparazione tra nazismo e comunismo, un'operazione politica. Delle Donne: “La memoria condivisa è una tematica da parrocchia”
Il futuro immaginato dal Parlamento europeo vuole cancellare la complessità della storia e la varietà di memorie che compongono il continente europeo in nome di un principio inesistente, la memoria condivisa. La Russia sovietica non avrebbe liberato Auschwitz e via Stalingrado a Bologna non potrebbe più esistere
TRENTO. L'approvazione della risoluzione con cui il 19 settembre 2019 il Parlamento europeo equipara nazismo e comunismo desta non poco scalpore nell'ambiente degli storici. Sono diversi i punti che lasciano interdetti, basati su motivazioni squisitamente politiche e ideologiche, addirittura mistificatorie.
Su tutti l'idea di una costruzione della “cultura della memoria condivisa europea”, un'idea rimbalzata sui media e figlia della “fine della storia” teorizzata da Francis Fukuyama dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la sconfitta storica dello statalismo sovietico, in un mondo dopo l'unico vincitore, legittimato dalla storia, è il sistema capitalistico. Un'idea tutt'altro che priva di una connotazione ideologica. “Il discorso sulla affermazione della memoria condivisa – spiega Giorgio Delle Donne, storico altoatesino – sa molto di pensiero unico e dominante. Sconfitti il fascismo e il nazismo, è un'idea che parte dal tentativo di far fuori ogni altra ideologia che non sia quella liberale, sostenendo come la democrazia liberale sia l'unica forma di governo accettabile”.
“Parlare di memoria condivisa 40/50 anni fa avrebbe provocato solo fischi – continua – provate a pensare agli operai che vengono accomunati nella loro memoria a quella dei padroni. Le divisioni di classe, le divisioni di genere, hanno portato molti storici a ricostruire la storia da diverse prospettive. Non si tratta di contrapporsi agli altri, ma di fare le dovute distinzioni. Quando sento parlare di memoria condivisa, sia a livello europeo che a livello locale, penso a un discorso da parrocchia”.
In diversi passaggi del testo, inoltre, la storia europea viene letta con una lente che appiattisce e distorce la vicenda novecentesca del continente. Il ruolo dei sovietici nella sconfitta del nazifascismo viene completamente schiacciato da una visione che retrodata l'autoritarismo dei regimi legati a Mosca, non riconoscendo l'afflato iniziale di libertà e uguaglianza del bolscevismo e soprattutto l'immenso sacrificio fatto nel corso del conflitto.
“I russi liberano Auschwitz – incalza Delle Donne – e ricondurre, come fa la mozione del Parlamento europeo, l'inizio di un evento complesso come la Seconda guerra mondiale al solo Patto Molotov-Ribbentrop è oltre che sbagliato pure riduttivo. Sicuramente ci fu una spartizione fra Urss e Germania, ma dire che fu determinante per lo scoppio del conflitto è decisamente forzato”.
La risoluzione, pertanto, si dimostra come un lampante esempio di uso politico della storia, con cui “gli interessi particolari del presente si proiettano sul passato”. “Io dico sempre che più che rendere scientifica la storia – sorride Delle Donne – bisognerebbe storicizzare la scienza”. Come a dire che anche la scienza non è priva di finalità precise, che guidano la ricerca e ne possono condizionare i risultati.
C'è infine un punto, il 18, che apre uno squarcio dalle tinte inquietanti. “Il Parlamento europeo osserva la permanenza, negli spazi pubblici di alcuni Stati membri, di monumenti e luoghi commemorativi (parchi, piazze, strade, ecc.) che esaltano regimi totalitari, il che spiana la strada alla distorsione dei fatti storici circa le conseguenze della Seconda guerra mondiale, nonché alla propagazione di regimi totalitari”.
Come si può immaginare, infatti, a ottant'anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, di eliminare una certa odonomastica politica in virtù di una misura così discutibile? “L'odonomastica – conclude Delle Donne – è una manifestazione dell'uso politico della storia. Mettere come togliere delle intitolazioni a piazze e strade è operazione che va fatta nelle immediate vicinanze della fine di un regime, mentre farle ora richiede un'operazione che va ben pensata”.