''Aborto, basta strumentalizzazioni politiche: le donne hanno il diritto di farlo senza vergognarsi''. Il racconto di 19 storie di chi ha interrotto una gravidanza
Camilla Endrici è autrice di un libro sulla legge 194, sui sentimenti e contro i pregiudizi. L'appello: ''Servono medici non obiettori, tempi brevi d'intervento e il rispetto delle decisioni di tutte''. Il tema rimesso al centro del dibattito politico anche dall'assessora Segnana che ha detto che serviranno ''approfondimenti''
TRENTO. "Tutti i dolori sono sopportabili se li si fa entrare in una storia, o se si può raccontare una storia su di essi" scriveva Karen Blixen. Sono queste le parole che ronzavano in testa a Camilla Endrici, quando ha deciso di scrivere "194. Diciannove modi per dirlo". Un libro che raccoglie 19 testimonianze di altrettante donne che si sono confrontate con l'esperienza dell'aborto.
Un libro edito da Giraldi che vuole dare voce alle donne, che racconta l'interruzione di gravidanza. Il testo è stato presentato ad Arcadia a Rovereto e la prima settimana di febbraio approderà a Trento. Il 5 febbraio l'autrice sarà infatti alla Bookique a un incontro presentato dal ginecologo Emilio Arisi e organizzato da Laici per il Trentino e Donne in Cooperazione.
Ma qual è lo scopo con cui ha raccolto e raccontato le storie della scelta fatta da 19 donne? A rispondere è l'autrice: "Il mio scopo era quello di dare maggiore concretezza a un argomento che nella realtà era diventato solo di scontro o dibattito politico. In realtà ora, anche con il nuovo governo nazionale, è un po' tornato alla ribalta. Quando ho iniziato a scrivere, un paio d'anni fa, di aborto non si parlava, non c'erano spazi di confronto. Volevo insomma raccontare delle storie, dare un volto alle donne che affrontano questa scelta. E lo ho fatto, seppure con nomi di fantasia, ovviamente".
La convinzione di Endrici è che "solo se le storie si animano nei racconti le si può capire al di là delle prese di posizione": "Un conto - spiega - è dire "sono favorevole o meno all'immigrazione", un conto è leggere la storia di quel bambino che è morto in mare con la sua pagella addosso" è l'esempio che fa l'autrice per chiarire il suo pensiero. "Anche chi vota Lega, se si confronta con una storia del genere, capita che assuma una posizione più morbida" dice.
Tutto è nato da un'esperienza fatta dall'autrice con un'amica. "Ci siamo rese conto che non c'erano narrazioni di storie di donne. Ne conseguiva un sentimento di solitudine di coloro che erano chiamate a fare questa scelta e uno scollamento dell'opinione pubblica dalla realtà". Un gap che Endrici, nata a Bologna ma residente in Trentino, ha voluto colmare, "visto che il 25-30% delle donne abortisce". Un numero non irrilevante, dice: "È un fenomeno molto diffuso, ma nella percezione collettiva rimane un tabù. Da come se ne parla sembra che accada raramente, ma non è così".
Una laurea in filosofia, un passato da giornalista radiofonica e da copywriter, un futuro di storie e scritti (in uscita è anche per Odos "Trento, una guida"): questo il percorso che ha compiuto da Camilla Endrici. Che per il suo "194. Diciannove modi per dirlo" aveva inizialmente scelto un approccio sociologico, ma che in corso d'opera ha cambiato idea. "Ero partita con l'idea di parlare di aborto raccogliendo i dati di un campione rappresentativo - racconta - ma, parlando con le persone, mi sono resa conto che era come se all'improvviso nel mio mondo abituale si fosse tolto un velo. Quindi ho deciso di dare voce alle storie".
L'autrice ha notato il ricorrere di alcuni termini nella narrazione: "Ci sono parole che ritornano, quali vergogna, colpa. Sono parole pesanti: bisogna lavorare per rendere possibile per le donne vivere quest'esperienza senza vergogna o senso di colpa. È comunque un'esperienza che segna, è un bivio nella vita. Mi ha colpito sentire che capita ancora di sentirsi "disgustose", sporche. Un sentimento che c'è ancora in tanti racconti. E penso che il clima che si respira, il modo in cui viene raccontato l'aborto, non aiuti a viverlo senza sentirsi in colpa. È un circolo vizioso: il silenzio fa sì che la trattazione del tema avvenga solo a livello di scontro politico. Ciò provoca ancor più vergogna per la scelta, un comportamento stigmatizzato. E si accresce il silenzio".
Di questi giorni è la notizia dell'affermazione dell'assessora Segnana che, a fronte di un lieve aumento degli aborti in un trend in diminuzione ha detto di voler "approfondire" le cifre (qui l'articolo). "Non mi sembra che quanto ha detto l'assessora sia una cosa politicamente rilevante, credo si sia un po' montata la polemica - afferma Endrici - Non voglio però, dicendo questo, prendere le difese dell'assessora, intendiamoci. Come insegna quanto accaduto a Verona, questo è il clima generale, politico. Diversi episodi hanno fatto emergere come nelle amministrazioni locali si cerchi di mettere in discussione in termini limitanti l'aborto. Per come la vedo io la legge c'è, parliamo di un diritto garantito. Dovrebbe essere una questione su cui non si discute più".
"Una questione che non dovrebbe essere posta - prosegue l'autrice - come quella del divorzio. Ma l'aborto riguarda l'emancipazione femminile, c'è un intento di strumentalizzazione di una certa politica, per portare dalla propria parte un certo tipo di elettorato". L'importante - dice poi - è che alle donne sia garantito il diritto di scegliere: "Non sono contraria all'aborto, anzi, ma sono d'accordo con il fatto che se si può evitare è tanto di guadagnato. Detto ciò, serve un sistema sanitario che lo pratichi come si cura una gamba rotta sciando: non riempiendo la testa di una persona di tante cose che dicono che è un'imbecille. Le donne devono poter evitare di vergognarsi, non devono aspettare tempi biblici per un aborto e quest'ultimo non deve essere strumentalizzato".
La cosa più bella accaduta all'autrice dalla pubblicazione del libro? "Che mi hanno contattato delle persone per ringraziarmi - racconta - Mi ha scritto un lettore che so molto cattolico dicendomi di avergli posto degli interrogativi: è questa per me una cosa importante, una goccia nel mare. Scrivendo il libro, poi, avevo immaginato un target tutto femminile, invece tanti uomini hanno letto il mio testo e mi hanno contattata. È questa la cosa più bella, i complimenti più sinceri mi sono arrivati da uomini che hanno detto che li ho aiutati a capire meglio l'aborto e il mondo femminile". E anche le protagoniste delle storie raccontate sono rimaste contente: "Mi hanno dato l'ok prima della stampa, ma poi si sono emozionate. Una cosa è raccontare la propria storia, una leggerla in un libro. Credo che la condivisione sia importante nell'elaborazione. E che un'elaborazione vada fatta dopo un aborto. Anch'io difendo la legge e sono contraria all'obiezione di coscienza. Ma non si può dire che l'aborto sia un'esperienza che non ha effetti".