L'Otto marzo, la legge sulla doppia preferenza e quel mazzolin di fiori che domani porteranno (forse) in Aula
Nel giorno della Festa della donna il consiglio provinciale discuterà della legge sulla doppia preferenza di genere. Borga mantiene l'ostruzionismo, la Lega disposta a trattare (per finta) e qualcuno vorrebbe portare i fiori "alle signore consigliere". Ma la maggiornaza non è intenzionata ad andare fino in fondo.
TRENTO. E' l'Otto marzo e in Consiglio provinciale si parlerà di donne. Della doppia preferenza di genere, della legge che cerca faticosamente di superare il muro di emendamenti che Rodolfo Borga di Civica Trentina e Filippo Degasperi dei Cinque Stelle hanno alzato per non farla passare.
Nulla da festeggiare, quindi. Perché sembra quasi impossibile che si arrivi al voto, che il Consiglio possa scavalcare l'ostruzionismo, votarla, e dare anche al Trentino una legge elettorale che garantisca al genere femminile una maggior presenza di quella che c'è adesso nelle istituzioni. Ora, infatti, sono solo 6 le donne che siedono in Consiglio provinciale, su 35 consiglieri. Sono state solo 23 su 535 eletti fin dal 1948.
Anche il Corriere della Sera mette in risalto l'anomalia trentina, una delle poche realtà italiane che non si è adeguata alla doppia preferenza di genere per le elezioni amministrative. La giornalista Elena Tebano titola così: “Trento, donne discriminate in politica”.
Donne che alle 12 convocano una conferenza stampa all'Hotel America, proprio a due passi dall'Aula del Consiglio provinciale: “Per sostenere la legge sulla doppia preferenza di genere”, per poi recarsi in piazza Dante per un presidio, per manifestare, per far pressione sui consiglieri che fino a giovedì discuteranno proprio questa legge.
Pressioni che non scalfiranno certo le convinzioni di Rodolfo Borga, quello che più di tutti si mette di traverso. “C'è la possibilità di arrivare ad una mediazione – rassicura Giacomo Bezzi (FI), co-firmatario della legge assieme alla collega del Pd Lucia Maestri – la Lega è disponibile a discutere una soluzione”.
“La Lega – afferma infatti Maurizio Fugatti – è disponibile a votare il ddl solo se in cambio si approva anche il doppio turno alle elezioni”. Lo dice sorridendo, sa che questo scambio non avverrà mai. “La maggioranza non potrà mai permettere che il Patt sia libero di collegarsi in un secondo turno con il centrodestra – spiega provocatoriamente – ma se modificano la legge elettorale noi ci stiamo anche alla doppia preferenza”.
“Ma dai – commenta Borga informato dell'idea di mediazione – voi pensate veramente che ci sia una maggioranza disposta a portare a casa una legge sulla doppia preferenza?”.
Spiega che anche tra i partiti della coalizione che sostengono Ugo Rossi non c'è nessuna voglia di sostenere questo provvedimento che rischia di far perdere loro la garanzia di ritornare al loro posto tra i banche del Consiglio provinciale.
“A parte le donne – ammette – tanti consiglieri non sono granché convinti”. Lì vicino, sornione, c'è il consigliere upt Mario Tonina. “Io – dice sorridendo – sono a favore. Giuro”. E assieme al consigliere Borga contano le donne che sono state elette sulle dita della mano. “Sono cinque, no aspetta, sono sei”.
Il conto serve per un'idea galante: “Dai Rodolfo che domani alle signore consigliere portiamo un mazzolino di violette – dice Tonina al suo collega – sei mazzetti in tutto. “Meglio di no – ribatte Borga – che rischio che il mazzetto me lo tirino sul muso”. Perché lo sa bene che la causa dell'ostruzionismo è lui, che tiene in scacco tutta l'Assemblea con centinaia e centinaia di emendamenti ostruzionistici.
Il quadretto di cui sopra dà l'idea del clima che si respira, di quanto sia sentita la questione. Un fiorellino alla signora, uno spettacolo che se avvenisse farebbe imbarazzare un po', quel tanto da abbassare gli occhi a terra.
Perché alle donne, in Trentino, in Italia, nel Mondo intero, non servono i mazzolion di fiori: servono diritti, servono leggi che le tutelino, che garantiscano la parità di accesso alle istituzioni, alle posizioni di vertice nella Pubblica amministrazione e nelle aziende, la parità salariale, la possibilità di essere madri e lavoratrici.
Ma questo lo diranno le signore consigliere, sempre che non facciano come ha detto Borga, che il mazzolin di fiori non finisca sulla faccia di qualcuno. “Andremo avanti – assicura Lucia Maestri – vedremo cosa fare, vedremo fin dove si potrà arrivare”.
Poco lontano, questo si sa già. Così com'è non si vota questa legge. La mediazione, a parte la boutade sullo scambio con il doppio turno, avverrebbe sull'aumento delle preferenze a tre, lasciando solo l'ultima per un genere diverso. Una soluzione che non inciderebbe neanche un po' sull'aumento della presenza femminile tra le elette, perché la terza preferenza non la usa mai nessuno.
Poco lontano anche perché il Consiglio non è convocato a oltranza. Gli orari sono stabiliti: dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18. Domani e giovedì. Poi basta, se ne parlerà chissà quando. Nessuna forzatura, nessuno che si accampa sugli scranni, che in Aula è intenzionato a passarci la nottata.
Quindi la domanda torna sempre: ma la maggioranza, almeno per testimoniare di averci messo tutto il cuore, un giorno o l'altro proverà a rispondere all'ostruzionismo rimanendo in aula notte e dì? Tre giorni, una settimana al massimo, per poi gettare anche la spugna di fronte ai tutti quegli emendamenti, perché così si cascherebbe in piedi, così la colpa sarebbe solo di Rodolfo Borga e di Degagasperi dei 5 Stelle.
Altrimenti, se si perde, un po' di colpa ce l'avrebbe anche la maggioranza di Ugo Rossi che la doppia preferenza l'ha inserita nel programma di governo.