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Trump sanziona la Corte penale internazionale, Sara Ferrari: ''All'Aja da mesi temevano l'attacco degli Usa. L'Europa sia unita, respingiamo questa tracotanza''

Lettera al giornale della parlamentare del Pd che nel dicembre scorso era stata in visita al tribunale internazionale sui crimini di guerra e contro l'umanità: ''Non difendere gli organismi di garanzia non ci aiuterà nemmeno a difenderci dagli attacchi sul piano economico. Preoccuparsi dei dazi ma al contempo lasciar passare la prepotenza degli eserciti, delle armi, delle torture, delle violenze, non salverà l’Europa dall’arbitrio delle super potenze economiche, militari e digitali''

Pubblicato il - 07 febbraio 2025 - 17:10

TRENTO. Dal caso Almasri con le imbarazzanti giustificazioni addotte dalla coppia Nordio-Piantedosi arrivati ad accusare la Corte Penale Internazionale del pasticcio creato dal Governo Italiano perché ci ha inviato il mandato di cattura in inglese (come due moderni Totò e Peppino davanti al vigile milanese: ''Noio vulevan savuar'') a Trump che pur di ''abbracciare'' l'amico Netanyahu ha deciso di sanzionare la stessa Corte Penale internazionale mostrano che non tira una bella aria per il tribunale internazionale che si occupa di crimini contro l'umanità e di guerra

 

Tolta l'aberrante e cialtronesca vicenda italiana che il nostro direttore Luca Pianesi ha analizzato in questo articolo, quanto accaduto negli Usa giovedì segna un terribile precedente. E lo sa bene la parlamentare trentina Sara Ferrari che con un bel contributo, che pubblichiamo integralmente qui sotto, cerca di appellarsi all'Europa intera affinché si faccia scudo del diritto internazionale e dei tribunali che si occupano di farlo rispettare per evitare che nel mondo vinca il caos e governi solo la legge del più forte. 

 

Il testo integrale della parlamentare del Pd, Sara Ferrari

 

In questi giorni, in cui la Corte Penale Internazionale si trova al centro del dibattito politico nel nostro Paese e sotto attacco da parte degli Stati Uniti, mi piace ricordare che anche Trento con la sua università aveva “lanciato l’idea” alla fine degli anni  ‘90 della necessità di costituire un tribunale internazionale per la difesa dei diritti umani. Nel 2002 entrò in vigore lo Statuto di Roma, adottato dalla Conferenza di Roma promossa dalle Nazioni Unite nel 1998 e ratificato da 124 Stati nel mondo per impegnarsi insieme a difendere i diritti umani, con decisioni di valenza internazionale.

 

Ne nacque la Corte Penale Internazionale, il tribunale che, a seguito di accurate indagini, può emettere mandati di cattura internazionale per chi commette crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ognuno dei Paesi aderenti deve arrestare e inviare a L’Aja detti criminali se li intercetta sul proprio territorio. I “paesi parte” non possono mettere in discussione il mandato di cattura una volta che la Corte lo ha emesso, ne’ contestare l’istruttoria che ha portato a quella decisione, ma solo consegnare l’imputato al tribunale internazionale perché sia giudicato. Gli organismi internazionali che negli ultimi decenni hanno cercato, con la forza del numero dei paesi aderenti, di garantire un minimo comune denominatore nel mondo di rispetto dei diritti civili e di tutela delle popolazioni più deboli, sono oggi messi in discussione dalle grandi potenze mondiali, che non fanno parte dello Statuto di Roma ma con il loro peso politico, economico e militare tengono in scacco il quadro internazionale e tutti gli altri paesi.

 

Quando sono stata, con la delegazione parlamentare italiana, in visita alla Corte Penale Internazionale nel dicembre scorso, i giudici hanno espresso la loro preoccupazione per l’imminente arrivo da parte degli Stati Uniti di un attacco quasi mortale alla Corte, in realtà un attacco alle Nazioni Unite e al tentativo di 124 Stati (tra cui tutti quelli europei) di poter condividere regole di diritto penale sullo scacchiere mondiale. Quella che pare rivelarsi un’illusione storica è politica purtroppo, perché gli Stati Uniti dimostrano che la loro incontrastata potenza può mettere in ginocchio organismi internazionali di garanzia reciproca e nessuno ha la forza di opporvisi, nonostante siano i due terzi degli Stati dell’Onu.

 

L’Europa incompiuta e divisa nei suoi nazionalismi non sta reagendo con la spinta unitaria che oggi servirebbe a tutelare quell’accordo e quegli organismi di diritto in cui si è riconosciuta finora, e se abbandona la CPI al suo destino condanna anche se stessa alla definitiva ininfluenza geopolitica. L’Italia sta giocando il ruolo peggiore, non solo perché il governo Meloni per bocca dei suoi Ministri e della Premier stessa ha messo in discussione il mandato di cattura per Netanyahu con il pretesto dell’immunità dei vertici degli Stati, che invece lo Statuto esclude chiaramente, ma poi ha violato il dovere di consegnare alla Corte Penale Internazionale Almasri, il torturatore libico arrestato a Torino e poi liberato e riaccompagnato in patria con un volo di Stato italiano.

 

Ma ha fatto anche di peggio: il Ministro della giustizia due giorni fa nelle aule del Parlamento italiano, si è permesso di mettere in discussione il mandato di cattura emesso dalla CPI nei confronti di Almasri per crimini contro l’umanità. Nordio si è preso il lusso di dire che il mandato di cattura, difficile da interpretare perché scritto in inglese (sic), non era corretto, aveva vizi formali. Lo Statuto di Roma (sic) esclude che i Paesi parte possano sindacare le decisioni della Corte, che invece vanno semplicemente applicate. Non bastasse, il Ministro degli Esteri italiano Tajani dice che forse andrebbe “indagato l’operato della Corte”.

 

E’ di oggi la notizia che Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone sanzioni alla Corte penale internazionale, accusandola di "aver intrapreso azioni illegali e infondate contro l'America e il nostro stretto alleato Israele". Il testo, diffuso dalla Casa Bianca, proibisce l'ingresso negli Stati Uniti ai funzionari, ai dipendenti e agli agenti della CPI, nonché ai loro familiari più stretti e a chiunque sia ritenuto aver collaborato al lavoro investigativo della Corte. Il decreto prevede anche il congelamento di tutti i loro beni negli Stati Uniti. Ecco, ciò che a L’Aja ci è stato preannunciato potesse accadere, ed è accaduto. Adesso resta da capire se l’Europa troverà la forza di reagire a questa pugnalata, che arriva a minare un presidio di legalità così importante nel contesto internazionale o se si inchinerà anche a questa tracotanza, per la forza dei nazionalismi alleati con la destra americana e israeliana.

 

Non difendere gli organismi di garanzia dei diritti umani e dei crimini contro l’umanità, non ci aiuterà nemmeno a difenderci dagli attacchi sul piano economico. Preoccuparsi dei dazi ma al contempo lasciar passare la prepotenza degli eserciti, delle armi, delle torture, delle violenze, non salverà l’Europa dall’arbitrio delle super potenze economiche, militari e digitali.

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