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Al via la “controriforma” della Salute ma mancano i sanitari: “Fra 5 anni il 30% dei medici sarà in pensione”. L’allarme lanciato dal Dg Ferro: “Serve più attrattività”

La Giunta leghista ha approvato il nuovo modello organizzativo dell’Apss, ma sulla riforma però incombe lo spauracchio dei pensionamenti. Per stessa ammissione del Dg Ferro i prossimi 5 anni saranno “delicatissimi” e “difficilissimi” per quanto riguarda il reperimento dei medici di medicina generale. Secondo il sindacato di Nursing up inoltre, nei prossimi 8 anni circa 1.200 infermieri andranno in pensione

Di Tiziano Grottolo - 03 agosto 2021 - 06:01

TRENTO. “Rivoluzione” per alcuni “Controriforma” per altri, quel che è certo è che le nuove linee di indirizzo approvate dalla Giunta leghista per l’Azienda Sanitaria rappresentano un ritorno al passato. È con questa premessa che prende ufficialmente il via il nuovo modello organizzativo dell’Apss, adottato in via preliminare dall’esecutivo guidato dal presidente Maurizio Fugatti.

 

Una riforma che era già stata preannunciata dal Programma di sviluppo strategico presentato lo scorso maggio dall’allora direttore generale dell’Apss, Pier Paolo Benetollo (oggi in veste di direttore del Servizio ospedaliero provinciale dopo la “defenestrazione” subita per le note vicende collegate al caso Sara Pedri). Il nuovo modello sarà incardinato su quello che è stato definito “ospedale policentrico”, un sistema che prevede il ripristino e il potenziamento dei distretti sanitari e un’unica rete ospedaliera articolata su 7 strutture. Contestualmente è stato previsto anche il potenziamento del Dipartimento di prevenzione, il “braccio armato” dell’Apss nel contrasto della pandemia. Il nuovo modello inoltre, dovrà tener conto anche della neonata Scuola di Medicina.

 

“Fin da subito – il commento di Fugatti e l’assessora alla Salute Stefania Segnana – l’obiettivo di questo esecutivo è stato quello di valorizzare la prossimità al cittadino dei servizi territoriali e ospedalieri, un’esigenza messa in luce anche dalla pandemia, che ha evidenziato proprio la necessità di approntare risposte organizzative e gestionali diversificate in relazione ai bisogni di salute espressi dai diversi ambiti territoriali”. In altre parole la Giunta promette che gli ospedali di Valle saranno potenziati, fermo restando che le urgenze continueranno a essere gestite nell’ospedale Santa Chiara di Trento.

 

La riorganizzazione della medicina di famiglia – ha osservato il direttore generale facente funzione dell’Apss Antonio Ferro – è uno dei punti salienti per assicurare la capillarità di cure a tutti i cittadini, in questo provvedimento vengono stabiliti 13 ambiti territoriali ai quali i medici possano fare riferimento ed essere in rete fra loro e con il referente di ogni rete”. In seconda battuta vi sarà la possibilità di costruire, tramite l’adesione volontaria, medicine di gruppo integrate sulle quale l’Azienda sanitaria potrà fare investimenti per spostare alcune attività ambulatoriali attualmente espletate dagli ospedali, quindi più vicine al territorio e ai cittadini.

 

Sulla riforma però incombe lo spauracchio dei pensionamenti. Per stessa ammissione del Dg Ferro i prossimi 5 anni saranno “delicatissimi” e “difficilissimi” per quanto riguarda il reperimento dei medici di medicina generale: “Abbiamo un 30% di medici che hanno intorno ai 65 anni e quindi dovrebbero andare in pensione, oltre a una difficoltà nel trovare giovani medici”.

 

Per avere un esempio lampante delle carenze di personale che l’Apss si può trovare ad affrontare si può far riferimento a quanto avvenuto a Ledro dove gli assistiti della zona avevano espresso timori per la scadenza dell’incarico al medico di medicina generale che prestava servizio in zona. Così l’Azienda sanitaria ha dovuto trovare in fretta e furia un sostituto (che si fermerà solo per alcuni mesi, in attesa di un incarico definitivo) per non lasciare sguarnito il presidio. “A Parte le emergenze – ha aggiunto Ferro – abbiamo la necessità a medio termine, nel periodo di 2-5 anni, di dare delle risposte importanti per non lasciare i cittadini senza la medicina di famiglia”.

 

Il problema però non riguarda solo i medici. Secondo Cesare Hoffer del sindacato Nursing up nei prossimi 8 anni circa 1.200 infermieri della Provincia di Trento andranno in pensione “con la prospettiva di ridurre drasticamente le attività degli ospedali periferici e delle Apsp, che per alcuni settori già operano in una situazione di difficoltà”. Preoccupazioni note anche ai vertici dell’Apss.È un problema generale di tutti gli operatori sociosanitari – ha confermato Ferro riferendosi alla questione dei pensionamenti – il problema numero uno sono i medici, ma anche quello degli infermieri è un tema molto rilevante. Nei prossimi giorni incontreremo l’Ordine degli infermieri proprio per sviluppare delle idee e delle innovazioni per riuscire ad attrarre anche la componente infermieristica”. Come sottolineato in chiusura dal Dg la questione dell’attrattività si collega molto alla cornice organizzativa dell’Apss, una criticità di cui la riforma dovrà necessariamente tenere conto.

 

Ad ogni modo, il nuovo assetto varato dalla Giunta leghista (QUI per gli aspetti più tecnici della riforma) prima dell’adozione definitiva dovrà essere presentato nella Quarta commissione consiliare, in consiglio sanitario e alle organizzazioni sindacali per poi tornare in Giunta prima del 31 agosto. Questo l’iter da seguire prima di veder partire il nuovo corso dell’Apss.

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