Domeniche senza shopping, Fugatti insiste e chiede la ''procedura d'urgenza'' (tanto ci penserà la Corte costituzionale a dire di ''no'')
Durante la conferenza dei capigruppo le minoranze hanno dimostrato di essere d'accordo nella sostanza ma non nella forma (meglio sarebbe concertare la cosa con le parti sociali). Ma anche la sostanza non tiene: le domeniche aperte garantiscono posti di lavoro, fatturati e servizi. Se dovessero saltare solo in Trentino mortificherebbero la libertà di concorrenza dei nostri imprenditori a vantaggio di quelli extraprovinciali (veneti, lombardi e altoatesini)
TRENTO. La motivazione è sempre la stessa: ''In questi tre mesi di lockdown i trentini si sono abituati a fare la spesa dal lunedì al sabato, in forza delle chiusura che ho disposto per ragioni legate all’emergenza sanitaria''. E così il presidente della Provincia Fugatti va avanti con la sua idea di tenere tutto chiuso la domenica e in consiglio provinciale trova anche un certo consenso da parte delle minoranze (oltre che dei sindacati che, come è noto, da tempo portano avanti questa battaglia) tanto alla fine sarà la Corte costituzionale a dirgli che non si può fare come da sentenza 98 del 2017 perché questo è argomento di competenza esclusiva statale (e fino ad oggi si è potuto andare ''in deroga'' per l'emergenza sanitaria) ricondotta alla “tutela della concorrenza” (art. 117, secondo comma, lettera 'e' della Costituzione).
Ed evidentemente poco importa che sia in arrivo quella che viene definita una delle più dure crisi economiche dal dopoguerra ad oggi e che i dati parlano chiaro: le domeniche per la Gdo sono una delle giornate fondamentali dal punto di vista del fatturato e rinunciare all'apertura dei centri commerciali comporterebbe anche dei forti arretramenti in chiave occupazionale.
L'analisi era stata fatta nell'ottobre del 2018 da Confinprese per la Camera dei Deputati che così spiegava in termini di fatturato:
''L'alimentare fletterà più marginalmente (-5,4% primo anno, -3,4% a regime) in virtù del recupero di buona parte degli acquisti programmati ed essenziali, ma anche dalla contrazione maggiore nelle fasce meno essenziali più legate all'appagamento ed alla spesa "gourmet", a causa del minor tempo a disposizione da spendere nei negozi (con una spesa che torna ad essere più "pratica" ed essenziale). Le categorie non alimentari caratterizzate da un maggiore peso dell’impulso (ad esempio cosmetica, accessori, ma anche in larga istanza l'abbigliamento) risentiranno fisiologicamente delle minori occasioni di consumo (-10,5% primo anno, -6,4% a regime). La perdita immediata dei primi mesi è ~20% per tutto il canale fisico moderno (GD/Catene), circa -15% nel primo anno, con una prospettiva a regime comunque molto negativa (~12%) legata alle attese di modifica del comportamento di acquisto dei consumatori, che dovrebbero riprogrammare le loro abitudini per tornare a comprare durante la settimana (dove c'è meno tempo) i volumi acquistati nella domenica''.
E così per quanto riguarda la forza lavoro:
''Il tessuto occupazionale del settore del commercio risentirà in maniera molto negativa, con una stima di perdita superiore a 80.000 posti di lavoro, di cui circa 70.000 relativi alla distribuzione moderna (sia grande distribuzione sia catene anche di formati di piccole dimensioni)''.
Il tutto ragionando su scala nazionale. Peggio potrebbe accadere, ovviamente, se fosse solo il Trentino a muoversi in questa direzione e se i vicini Veneto, Lombardia e Alto Adige decidessero di mantenere le strutture aperte la domenica garantendosi, così, anche potenziali clienti trentini, almeno quelli di confine, che, per citare Fugatti, potrebbero addirittura ''disabituarsi'' a fare la spesa in provincia scoprendo le realtà extraregionali. E le categorie dei commercianti lo sanno bene: lavoratori resterebbero a casa perché non più necessari sui turni, verrebbero a mancare risorse (sempre dati nazionali elaborati, questi, da Federdistribuzione 400 milioni di euro che vengono spesi ogni anno per pagare il lavoro straordinario di domenica) e il clima che verrebbe trasmesso da una manovra evidentemente depressiva e non certo propulsiva potrebbe avere conseguenze anche a lungo termine.
Assurda poi la decisione degli ultimi giorni della Giunta provinciale di tenere aperto solo nelle località turistiche perché non è chiaro cosa voglia dire località turistica: Trento non era città turistica? Rovereto non era città turistica? Caldonazzo e Levico sì, lo sono, ma Pergine no e così supermercati distanti pochi chilometri l'uno dall'altro si ritrovano alcuni aperti ed altri chiusi in barba ai principi legati alla libera concorrenza e al libero mercato? Ma il tema, inutile negarlo, ha presa su una certa parte di popolazione (anche se si dimentica che in Italia la domenica lavorano comunque circa 5 milioni di persone tra turismo (4,7 milioni dati Cgia di Mestre 2018) sopratutto se, come fa Fugatti, ci si rifà alla ''famiglia'': ''Così le famiglie possono tornare a stare insieme, andare al lago, andare in montagna, andare a messa'', ha detto il presidente in conferenza stampa. Come se il non dare alternative alle famiglie si traducesse in un'occasione per stare insieme.
Mercoledì primo luglio, comunque la Giunta provinciale di porterà la procedura d’urgenza per la trattazione del disegno di legge proposto dall'assessore Failoni per disciplinare le aperture delle attività commerciali nei giorni domenicali e festivi. Sulla questione, in conferenza dei capigruppo, il Pd si è opposto ricordando che il suo non è un voto di principio ma che si motiva nella convinzione che una norma di tale delicatezza richieda un ampio coinvolgimento di tutti i portatori di interesse. A partire dai territori e dagli amministratori locali, per proseguire con le associazioni di categoria, le realtà economiche e con le lavoratrici e i lavoratori coinvolti. Un lavoro di analisi e di confronto del tutto incompatibile con i tempi dell’urgenza concessi invece alla Giunta, contro il parere delle minoranze, dal presidente Kaswalder.
Il presidente del consiglio provinciale, invece, ha concesso la procedura d’urgenza al ddl Failoni e ha concordato che sarà esaminato in II Commissione giovedì prossimo (tempo tecnico minimo per poi andare in aula, tant’è che la prevista seduta consiliare del 30 giugno cade troppo in anticipo ed è stata cancellata). Le minoranze hanno espresso in modo praticamente corale la condivisione dell’obiettivo di merito, ossia le domeniche senza shopping. Contrarietà invece per la scelta di trattare il tema con tempi accelerati.
Queste in sintesi le posizioni dei capigruppo
Sara Ferrari (Pd): perché non reiterare l’ordinanza del presidente e portare invece il dibattito consiliare a settembre? Fugatti ha subito risposto che tra dieci giorni potrebbero mancare le premesse sanitarie tali da giustificare ulteriormente la chiusura domenicale, che però si vuole mantenere per altro ordine di ragioni.
Ugo Rossi (Patt): ci sono già pareri ministeriali che preludono a una probabilissima impugnazione di una nostra legge sulle chiusure domenicali. Perché allora fare dell’autonomia rivendicativa invece di ragionare con il Governo?
Filippo Degasperi (Onda civica): ormai qui tutto diventa urgente, mentre i ddl della minoranza giacciono nei cassetti. Ricordo che alla fine della scorsa legislatura depositai io stesso un testo per le chiusure domenicali, ma fui costretto a ritirarlo perché gli uffici Pat fecero rilevare l’incostituzionalità della norma. La Consulta si è già pronunciata in questo senso su una legge del Friuli.
Paolo Ghezzi (Futura): sono con Fugatti quando si mette contro il modello veneto del “tutto aperto sette giorni su sette”. Ma no alla procedura d’urgenza che taglia i tempi del confronto.
Il vicepresidente Alessandro Olivi: la via maestra è costruire una norma d’attuazione ad hoc. No alla rotta di collisione con lo Stato. Vorrei anche sapere se gli uffici legislativi Pat questa volta hanno dato via libera a una legge sulle domeniche.
Sull’urgenza hanno dato pieno assenso Mara Dalzocchio della Lega (“il senso comune dei cittadini cambia e noi sulle chiusure domenicali dobbiamo legiferare”), Luca Guglielmi (Fassa) e Vanessa Masè (La Civica).
Pietro De Godenz (Upt): annoto che il presidente concede l’urgenza anche se tutte le opposizioni non sono d’accordo.