Montagna sostenibile e cambiamento climatico, ma gli sciatori professionisti cosa ne pensano?
Il mondo dello sci come lo abbiamo conosciuto è sempre più in crisi con il surriscaldamento globale, la morte dei ghiacciai, la siccità e l'emergenza energetica. Come il Dolomiti ci uniamo all'appello di Pietro Lacasella in cerca di risposte che aiutino la società a progredire e ad andare verso l'unica direzione possibile: quella della sostenibilità e della tutela dell'ambiente
ASIAGO. Non di rado ho pensato che sarebbe interessante conoscere il parere di chi scia per professione sulle decisioni, spesso poco sostenibili (sia dal punto di vista ambientale, sia da quello economico), che vengono periodicamente prese per espandere in modo ulteriore l'industria sciistica. Fino a ieri questa mia, come tante altre, era rimasta una curiosità senza risposta: non è mai semplice, infatti, accorgersi degli elementi negativi quando si ha a che fare con una passione trasformatasi in lavoro.
Ma ieri, dicevo, non senza stupore ho letto una riflessione dell'atleta francese Johan Clarey - argento olimpico alle ultime Olimpiadi di Pechino - sulla prima gara transfrontaliera (si parte dal territorio svizzero di Zermatt, per arrivare a Cervinia, in Valle d’Aosta) nella storia di Coppa del Mondo di sci: ''Semplicemente, penso che questa gara non abbia senso. Sono convinto che questo appuntamento non abbia un futuro, è sufficiente osservare le condizioni dei ghiacciai, che peggiorano ogni anno, e questa discesa richiede enormi risorse, dall'utilizzo degli elicotteri ai crepacci da “tappare”. Tutto questo non va nella direzione che dovrebbe volere la FIS; vengono fatti grandi sforzi in favore dell'ambiente nelle varie località, allestendo queste gare non credo si dia una buona immagine del nostro sport''.
Da queste parole è possibile ricavare il succo di quello che dovrebbe essere, ma non è, lo sci ai tempi dei cambiamenti climatici: una pratica attuabile solo laddove il contesto lo permette. Continuare a forzare il territorio, invece, porta con sé un messaggio non solo ambientale, ma anche culturale, estremamente negativo.
Sarebbe molto bello se qualche atleta italiano esprimesse il proprio pensiero: sarei felice di pubblicarlo in questo spazio.
Come il Dolomiti ci uniamo all'appello di Pietro Lacasella in cerca di risposte che aiutino la società a progredire e ad andare verso l'unica direzione possibile: quella della sostenibilità e della tutela dell'ambiente.