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Maxi frode fiscale, nei guai un 62enne. Tra i beni sequestrati un ristorante galleggiante sull'Adige

I finanzieri di Verona hanno eseguito un provvedimento di sequestro, su richiesta della locale Procura della Repubblica, di beni riconducibili a un 62enne veronese, indagato per vari reati tra cui associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, frode fiscale e autoriciclaggio

Di G.Fin - 11 ottobre 2022 - 08:11

VERONA. Un vero e proprio ristorante galleggiante di circa 500 metri quadri, allestito su un’imbarcazione nel legnaghese, in zona demaniale fluviale dell’Adige. C'è anche questo nell'operazione messo in campo dalla Guardia di Finanza di Verona nei giorni scorsi  che ha  eseguito un provvedimento di sequestro preventivo,  di beni riconducibili a un sessantaduenne veronese e residente in provincia, indagato per i delitti di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, alla frode fiscale, oltre che per autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

 

Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica scaligera e condotte dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Verona hanno preso avvio dall’approfondimento di alcuni fallimenti di società cooperative.  I militari hanno quindi individuato 34 società, operanti soprattutto nei settori delle pulizie e del facchinaggio, tutte facenti capo a due consorzi della provincia e gestite di fatto da un’unica persona.

Più nel dettaglio, le indagini - rese oltremodo complesse anche in relazione al numero dei soggetti coinvolti e alla mole di documenti analizzati – hanno consentito alla Guardia di Finanza di disvelare l’operatività di una vera e propria organizzazione criminale dedita alla gestione di cooperative dette “spurie”. Tali società, infatti, lungi dal rispettare i principi ispiratori della disciplina cooperativistica, si sono rivelate imprese asservite agli interessi di due consorzi, riconducibili ad un unico dominus, che riuscivano ad ottenere importanti commesse grazie ad un rodato sistema illecito: i consorzi, infatti, presentavano offerte a prezzi talmente bassi da sbaragliare la concorrenza di qualsiasi operatore onesto. Queste  condizioni “fuori mercato” discendevano dal fatto che le cooperative omettevano sistematicamente il versamento di imposte e di contributi nei confronti dei lavoratori, maturando enormi debiti nei confronti dell’Erario.

 

 

Le cooperative erano utilizzate come entità giuridiche di comodo, meri contenitori di forza-lavoro, soggetti fiscali su cui dirottare oneri tributari e contributivi mai assolti. Le stesse, ponendo in essere comportamenti anti-economici, finalizzati a falsare la concorrenza, dopo essere state depauperate dei loro beni venivano scientemente pilotate verso il fallimento.

 

Il meccanismo più frequentemente utilizzato consisteva nel prelievo periodico di cospicue somme di denaro contante dai conti societari delle cooperative. Ad operare tali prelievi erano i formali amministratori, risultati essere mere teste di legno che agivano sulla scorta di direttive fornite da dei componenti dell’associazione criminale, che – a loro volta – ricevevano e gestivano il denaro prelevato.

 

Una parte delle somme così sottratte fraudolentemente alle cooperative veniva suddivisa tra gli associati e la restante parte, quella più consistente, è risultata reinvestita in ulteriori attività commerciali intestate fittiziamente a schermi giuridici di comodo.
In buona sostanza, le cooperative sono risultate essere “vacche grasse da mungere”, secondo il principio dell’organizzazione criminale in base al quale “meglio frodare lo Stato piuttosto che i committenti”.

Alla luce delle raccolte anche attraverso indagini tecniche e perquisizioni, le Fiamme Gialle veronesi hanno segnalato ben 71 persone, delle quali 20 ritenute componenti dell’associazione a delinquere,  46 per averne agevolato la sfera d’azione mediante concorso esterno e  5 coinvolte direttamente nel riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento del denaro di provenienza illecita.

 

Secondo l’ipotesi accusatoria, confermata da parte del Gip del Tribunale di Verona, salvo il successivo vaglio di merito, il dominus dell’organizzazione “pur non figurando in alcuna compagine societaria di cooperative, consorzi e studi professionali, di fatto ha diretto ed organizzato l’attività dell’intero gruppo, assumendo le decisioni finali, anche in ordine alle movimentazioni finanziarie societarie”. Come ritenuto ancora dal Gip, tale figura apicale “appare dotata di evidenti capacità imprenditoriali, sebbene impiegate per commettere le predette attività criminose”.

 

Si sottolinea in proposito che il provvedimento cautelare reale ora eseguito interviene nell’attuale fase delle indagini preliminari ed è basato su imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio. La responsabilità penale degli indagati sarà accertata solo all’esito del giudizio con sentenza penale irrevocabile. 

 

Corposo il novero dei beni oggetto di sequestro:
- una villa a San Giovanni Lupatoto (VR), con una superficie di circa 1.000 metri quadrati, dotata, al proprio interno, di piscina, sauna, sala cinematografica, intestata ad una società  esercente l’attività immobiliare, del valore di oltre 1 milione di euro;
- un fabbricato rurale intestato alla società, composto da 4 terreni e un capannone;
- un’azienda agricola estesa su 38 terreni per circa 34.000 metri quadri complessivi con sede a Legnago (VR);
- un vero e proprio ristorante galleggiante di circa 500 mq, allestito su un’imbarcazione ubicata nel legnaghese, in zona demaniale fluviale dell’Adige;
- denaro contante.

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