L'inverno rischia di costare caro (a tutti): skipass a +10% ma l'energia fa tremare gli impiantisti: ''Prezzi raddoppiati: da 350 mila a 800 mila euro solo a San Martino''
Le stazioni sciistiche si preparano alla stagione nelle incertezze. Ghezzi (presidente Anef): "Adeguamento skipass necessario ma non copre le spese: non vogliamo riversare sul cliente costi aggiunti, anche per restare appetibili e concorrenziali". Pappalardo (direttore marketing Dolomiti superski): "Abbiamo investito comunque 100 milioni: il cliente ha aspettative che vogliamo rispettare"
TRENTO. Costi dell'energia alle stelle e inverni sempre più secchi, rialzo dell'inflazione e carenza di manodopera. La stazioni sciistiche si preparano alla stagione ma l'orizzonte resta particolarmente incerto. L'industria delle neve guarda con una certa fibrillazione alla stagione ormai alle porte.
"Ci sono sicuramente tante incertezze, il trend di materie prime, luce e gas sono difficili da programmare e da valutare". A dirlo Marco Pappalardo, direttore marketing di Dolomiti Superski."Gli skipass sono aumentati in media del 10% per allinearsi alla crescita ma abbiamo cercato di mantenere un'offerta equilibrata perché anche il cliente si trova a fronteggiare un costo della vita in salita. Questa percentuale non copre i costi di gestione e comunque è più bassa rispetto a tanti mercati di riferimento: Regno Unito e Repubblica Ceca viaggiano su un'inflazione del 20%".
Ci sono destinazioni, come Madonna di Campiglio, che hanno adottato la formula dei prezzi dinamici, cioè prezzi variabili in base alla stagionalità, all'utilizzo e dal tempo in anticipo dell'acquisto del ticket mentre altre stazioni indicano che "i prezzi potranno subire variazioni in caso di interventi di ordine fiscale, valutario, economico o sociale". Non ci sono più certezze se non che questo inverno sarà inevitabilmente più costoso, con una forbice tra il 20% e il 30%, a causa delle maggiori spese per il riscaldamento e per la ristorazione.
Ma a preoccupare sono, soprattutto, i costi delle bollette. Quasi tutti i bilanci sono destinati a finire in rosso e con segni negativi. Il rischio è anche quello che alcuni rifugi e operatori, magari più decentrati rispetto alle piste da sci, decidano di non alzare le serrande per in qualche modo contenere i danni.
"La situazione è drammatica sul fronte delle bollette", spiega Valeria Ghezzi, presidente di Anef-associazione nazionale esercenti funiviarie delle funivie e seggiovie San Martino di Castrozza. "A San Martino siamo passati da una media di 350 mila euro a oltre 800 mila euro. A budget abbiamo previsto 1,1 milione e speriamo che la stima possa bastare. Alcune stazioni, convenzionate con Confindustria e Assoenergia hanno prezzi migliori e calmierati, ma ci aggiriamo su un raddoppio del costo per l'energia. Non c'è un aumento degli skipass che possa riflettere quello dei costi di gestione. La tariffe sono state ritoccate ma coprono, solo parzialmente, gli adeguamenti necessari all'inflazione. Inoltre puntiamo molto sulla prenotazione online e in quel caso i rincari si aggirano tra il 5% e l'8%. Non vogliamo riversare sul cliente costi aggiunti, anche per restare appetibili e concorrenziali".
L'industria della montagna si prepara a stringere i denti. Non si vuole sentire parlare di alzare bandiera bianca, una extrema ratio che viene lasciata in fondo ai cassetti (Qui articolo). "Non possiamo fare energy managment - dice Ghezzi - se ci sono le condizioni di vento, temperatura e umidità diventa fondamentale produrre neve, senza badare alle spese: se si salta una serata ideale, poi si corre il rischio di dover aspettare una settimana e la preparazione delle piste richiede tempo. Abbiamo già provato quanto significa restare chiusi e non possiamo fermarci, altrimenti si blocca un'intera filiera".
Il governo è intervenuto con il fondo montagna, poi con l'aiuti bis e quello ter "ma sono state delle boccate d'ossigeno - aggiunge Ghezzi - si arriva fino a un certo punto, serve un intervento deciso e ad hoc proveniente da Roma. A livello imprenditoriale non possiamo fare nulla e speriamo che il nuovo esecutivo si ricordi dei nostri territori".
Un'altra voce che preoccupa è quella degli stagionali, una carenza che interessa tantissimi settori con focus sul turismo. "I contratti sono stati rinnovati da poco e le paghe sono più alte. Ma non c'è voglia, interesse e entusiasmo per lavorare sugli impianti. La mentalità è cambiata e questo poi causa qualche problemi di programmazione: sono ruoli di esperienza, competenza e formazione che non si costruiscono in pochi giorni: speriamo che rispetto all'anno scorso ci siano meno contagi", continua Ghezzi, mentre Pappalardo prosegue: "L'epidemia Covid ha cambiato un po' la mentalità, tanti lavoratori si sono ricollocati in altri settori, ora è un po' presto per tracciare un bilancio e la sensazione è che ci sia un po' più di richiesta rispetto alle stagioni scorse, ma potrebbe rappresentare una difficoltà in più nell'organizzazione".
A ogni modo si continua a investire. Nelle aree di Dolomiti superski vengono confermati i 100 milioni di interventi. "Le nostre località - evidenzia Pappalardo - sono riconosciute a livello internazionale per qualità e non possiamo fermarci. E' fondamentale rispettare le aspettative e le esigenze dei nostri clienti".
Poi la speranza è riposta nella neve naturale, dettaglio non banale in un'epoca di cambiamento climatico. Nell'ultima assemblea di Confindustria si è parlato delle Dolomiti ma il tema impiantisti non è stato toccato mentre il presidente Fausto Manzana aveva chiesto un anno fa se "vale ancora la pena investire su stazioni sciistiche troppo basse?" e aveva evidenziato la necessità, forse, di ripensare al modello della montagna (Qui articolo).
"La sostenibilità è un aspetto a cui prestiamo attenzione, ci adattiamo ai cambiamenti e può essere sensato il discorso di riflettere sul sistema. Ma abbiamo la responsabilità di una filiera e ci devono essere valutazioni approfondite. Le località più grandi hanno la forza di affidarsi alla tecnologia, oggi i software permettono di innevare quanto e dove serve. In alcuni casi si può pensare a stazioni più a servizio dei paesi e di determinati bacini di utenza come campi scuola per puntare forte sull'estate, per esempio a San Martino abbiamo raddoppiato i volume di affari e presenze. Una riconversione va affrontata e pianificata da sistema. A ogni modo per ora cerchiamo tutti di restare in piedi", conclude Ghezzi.