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Micheal Phelps, il segreto del successo nelle coppette cinesi

Cinque medaglie d’oro e una d’argento vinte a Rio, per un totale di 23 medaglie d’oro olimpiche in 4 olimpiadi e un segreto: la cupping therapy che sta sempre più spopolando negli Stati Uniti
Micheal Phelps
DAL BLOG
Di Livio Zerbini - 11 settembre 2016

Fsioterapista, preparatore atletico negli sport di squadra e consulente sport individuali (sci di fondo, ciclismo, atletica) sia per amatori che atleti professionisti.

Le olimpiadi di Rio sono finite da poco e sicuramente Micheal Phelps ne è stato uno dei protagonisti più importanti. Ma oltre alle cinque medaglie d’oro e una d’argento vinte a Rio (per un totale di 23 medaglie d’oro olimpiche in 4 olimpiadi), Phelps è balzato in cima agli interessi dei social media per alcuni strani cerchi rossi apparsi sul suo corpo dopo le prime gare. Cosa sono? Sono il risultato della coppettazzione (cupping therapy), una pratica antichissima che ha radici nella medicina cinese, egiziana e hindu. Questa pratica consiste nell’aspirare la pelle e i tessuti sottostanti creando una pressione negativa all’interno di coppe di vetro o plastica.

 

I costrutti teorici alla base della coppettazione differiscono notevolmente tra la pratica della medicina cinese tradizionale e la pratica della medicina occidentale. Per la medicina cinese, la coppettazione si effettua creando prima delle piccole incisioni sulla pelle che permettono il sanguinamento e poi aspirando tramite coppette il sangue e le relative tossine. Al contrario, la medicina occidentale utilizza la coppettazzione a secco ovvero senza nessun tipo di incisione della pelle, ai fini di muovere i tessuti e richiamare sangue nella zona dolente.

 

Atleti di altissimo livello come Phelps utilizzano la coppettazione come metodo di recupero del dolore muscolare, affermando di trarne grosso beneficio.

 

Ma esitono evidenze scientifiche che ne supportano l’uso?

 

Ci sono recenti studi (Park A 2016; Chen B 2015; Tham L 2006) che dimostrano un potenziale effetto antidolorifico derivante dalla coppettazione, la quale stimolerebbe il rilascio di oppioidi endogeni ad azione analgesica.

 

Una revisione sistematica (un riassunto di tutti gli studi scientifici su un determinato argomento) ha dimostrato una maggiore riduzione del dolore in pazienti con dolore cronico che effettuavano la coppettazzione rispetto alla riduzione ottenuta da quelli che assumevano un farmaco antidolorifico (Huang C 2013). La coppettazzione sembra essere utile anche per ridurre il dolore al collo, il dolore da ernia discale e il dolore alla spalla (Chi 2016; Teut 2012). Purtroppo questi ultimi due studi, non essendo di alta qualità scientifica, non permettono di trarre chiare conclusioni.

 

Ma la coppettazzione può essere pericolosa? È essenzialmente una pratica sicura, almeno nella sua versione occidentale a secco.

Ci sono però delle controindicazioni all’uso, ad esempio dovrebbe essere evitata o limitata nelle persone che soffrono di sbalzi di pressione sanguigna, che hanno la pelle molto sottile, che hanno disordini del tessuto connettivo e in presenza di tumori, fratture o ferite da taglio aperte. In generale, è sempre meglio affidarsi alle mani esperte di un fisioterapista o di un medico, che sia in grado di valutare l’opportunità di utilizzare questa terapia.

 

In conclusione, la coppettazzione è una pratica che ha una grandissima tradizione, è molto usata nel mondo asiatico e sta spopolando negli Stati Uniti. Ad oggi, le evidenze scientifiche non sono tante e mediamente non di alta qualità, ma quelle che ci sono ci forniscono qualche segnale di potenziale beneficio. Nella clinica non si può essere solo schiavi della ricerca scientifica, bisogna sempre combinare l’evidenza scientifica con l’esperienza pratica e, aspettando futuri studi scientifici, perché non provare?

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