Una casa per i rider per non lasciarli al freddo? Bene, ma perché non utilizzare i ciclo-box sparsi per la città e abbandonati all'inutilità
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Pedalano. Rischiano. Guadagnano l’indecenza di un compenso “prendere o lasciare”. Lavoratori sì, ma “ultimi”. Tanti: sempre di più perché è sempre più ampia, sempre più “comoda”, la società che mangia e beve al telefono. Eh sì. I rider, i ciclisti per tutto meno che per diletto, sono in credito di diritti che nulla hanno a che vedere con la solidarietà, il pietismo e, peggio, la coscienza che annacqua l’imbarazzo con qualche spicciolo di mancia. Un interesse intermittente (spesso legato alla cronaca degli incidenti e poi basta) viene dedicato dalla politica e da chi amministra ai giovani (ma non solo) che per il pranzo e la cena altrui per/corrono le strade con uno scatolone termico sulla schiena ed una produzione probabilmente anomala di acido lattico e maledizioni (che cazzo mi tocca fare per campare dopo anni di studio).
Eppure se li vedi i più sorridono. È un po’ come per le farfalle della ginnastica ritmica e per le sirene del nuoto sincronizzato: fanno una fatica bestia ma devono fingere un’allegria che, drammaticamente, fa punteggio. Bene dunque occuparsi di chi dimagrisce (pedalare, calare) ingrassando Glovo, Deliveroo e tutte le altre organizzazioni che ti portano in casa il ristorante, la pizzeria e quei crudi che “sushitano” emozioni metropolitane anche nei più sperduti borghi alpini. Bene fa Futura – (sembrava passato invece, a volte, è presente) – a portare in consiglio comunale a Trento un tentativo di concretezza a favore dei pedalatori forzati. Questa sera l’aula dovrebbe dire la sua su una proposta, anzi due, con la quale Futura chiede a maggioranza e opposizione di attivarsi a favore dei rider che operano nel capoluogo.
Il primo obiettivo di una mozione di Futura da non rinviare ad un futuro imprecisato punta ad una conoscenza più approfondita (e magari più seria) del fenomeno. Dunque indagine numerica e soprattutto qualitativa per sapere quanti sono i rider di Trento, come se la passano, quanto li sfruttano e quanto accettano l’inaccettabile perché il convento del lavoro precario butta miserie che tocca perfino chiamare fortuna. Oltre all’anagrafe contenutistica dei rider (una prospettiva), i tre consiglieri di Futura in Comune virano anche sull’urgenza. Domandano di realizzare una “casa” per i rider dove, pe dirla come la dice Federico Zappini, i pedalatori possano riposarsi tra una consegna e l’attesa di un ordine, ripararsi da caldo e freddo, riparare la bici. E chissà, diventare meno anonimi.
Non c’è che dire: brava Futura che tiene botta su un problema che per i più non è un problema (a meno che qualche rider non si schianti, allora giù lacrime di coccodrillo). Ma se anziché una – generica e ancora senza indirizzo – di “case dei rider” se ne realizzassero una decina? A Trento si potrebbe. E si potrebbe fare perfino rimediando a quella montagna di soldi che i pasdaran della bicicletta, gli “ego-logisti”, hanno fatto buttare ad un Comune tardivamente e un po’ ipocritamente perplesso. Ci sono in città un numero spropositato di bici-box, monumenti all’inutilizzo spacciati per servizio pubblico indispensabile. Sono quei gabbiotti (anzi gabbioni, vista la misura) tra ferro e legno che avrebbero dovuto ospitare le bici (specie quelle dei pendolari) in prossimità di parcheggi e luoghi strategici. Mezzo milione circa di euro immolati al vuoto. Ciclo-box senza bici: brutti, deserti e desolati anche dopo che l’amministrazione comunale ha portato il prezzo d’utilizzo ad una tariffa vieppiù che simbolica mentre promette diverse e inutili localizzazioni che costeranno probabilmente altri soldi per il trasloco.
E allora se Futura vuol provare ad essere davvero presente guardi agli scandalosi ciclo-box. Suggerisca di usare quelli – (che già ci sono, purtroppo) – per i rider e s’attrezzi per indicare al Comune la strada di una trattativa con i vari Deliveroo (etc) affinché spendano loro qualche euro per adeguarli alla bisogna dei pedalatori termici. Non ci si scandalizzerebbe certo per un’eventuale pubblicità delle ditte in questione e qualcosa dice che di fronte ad una proposta di riutilizzo creativo di quei depositi del nulla qualche interesse potrebbe magari scattare.