Provinciali, se il centrosinistra sembra ancora un pugile suonato Lega e Fdi litigano per finta e il Patt si ''regala'' per un pugno di mosche
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
“L’opportunista segue con tenacia la direzione del vento”. La frase è di Dino Basili, giornalista e aforista. La scrisse negli anni '50 e se si pensa alla politica di oggi (frutto di una società che spesso non è meglio dei politici) tocca dire che l’autore ci vide lungo. Quella di Basili è una frase caldamente consigliabile alla dirigenza del Patt trentino (ribattezzabile, ma non da oggi, come Partito ambivalente trentino tirolese). Il Patt dell’immarcescibile Panizza e del suo giovine scudiero Marchiori appare di una coerenza granitica quando si tratta di essere accondiscendenti (o succubi?) verso quale che sia un potere in grado di assicurare una qualche prebenda politica.
Valori? A chiacchiere, una sporta. Nei fatti la coerenza di cui sopra portò nemmeno tanto tempo fa il prode Panizza ad approdare a Roma (da senatore). Ce lo portarono i voti di un centrosinistra allora in ghingheri. Coerentemente con l’incoerenza storica di cui sopra oggi l’intramontabile Panizza fa il ventriloquo per lasciare a Marchiori la paternità della virata a 3600 gradi verso gli ultra favoriti alle elezioni provinciali ormai quasi dietro l’angolo. Vicinissime le elezioni anche se il centrosinistra non se ne è accorto e se la prende comoda come se si dovesse votare nel 3024.
In Trentino c’è una destra (Fratelli e sorelle italiche, Lega, briciole forziste e varie divagazioni civiche in indubitabile crescita) che cerca un po’ di divertimento nella noia di pronostici. Come trovare una qualche emozione quando i bookmaker (oggi, domani forse chissà) si rifiuterebbero perfino di quotare la vittoria? Semplice: recitando. Semplice: mettendo in scena un po’ di teatro su un canovaccio senza sussulti perché la fine pare già scritta. Fratelli d’Italia e Lega fanno i filodrammatici (in realtà poco drammatici ma certamente “filoni”) bluffando. Lo fanno in un modo talmente scoperto che ad un tavolo di pokeristi indicherebbero loro la porta.
Due candidati apparentemente “contro” – Fugatti e Gerosa, l’uno leghista precocemente invecchiato l’altra gasatissima Sorella italica – animano una contesa di schermaglie verbali. Schermaglie cui è difficile credere. Schermaglie tra aspiranti presidenti di Provincia che paiono utili solo ad attirare l’attenzione di media altrimenti concentrati solo a tradurre in comprensibilità quel coacervo di contraddizioni che si chiama centro sinistra. Il teatrino senza pathos durerà ancora qualche settimana, forse qualche mese. Poi Meloni e Salvini chiuderanno il sipario tra una stretta di mano e qualche sorriso a tiro di telecamera. La destra trentina, insomma, non corre oggi e non correrà certamente domani il rischio di un autolesionismo al quale dà credito (“sono spaccati”) solo qualche boccalone del centro sinistra che dopo l’avvento di Elly al Pd si chiama sinistra centro senza evidenziare né il peso della sinistra né quello del centro.
Quello su cui ci si sente scommettere serenamente qualche euro è il fatto che Fratelli D’Italia, Lega, Forza Italia e satelliti civicamente ed orgogliosamente ancorati al potere valligiano saranno una coalizione acchiappavoti. Stringeranno un accordo che lascerà aperti i distinguo (e qualche reciproco sguardo in cagnesco) rimandando alla ferrea matematica elettorale una spartizione di poltrone che pur regnando di nuovo Fugatti darà ai Fratelli e alle Sorelle le chiavi degli assessorati più importanti (e mica pochi). Fossimo meloniani (cosa che per fortuna non è) non ci penseremmo un attimo a ripuntare su Fugatti godendosi lo spettacolo dei suoi imbarazzati “non posso” alle ambizioni “di carega” dei suoi (e dei cespugli).
Per quanto rustici sia i meloniani che i salvinisti capiscono quanto sia vitale non darsi la zappa sui piedi (dei due candidati “contro”) rimettendo in gioco avversari ancora piuttosto “suonati”. Se così è (e così probabilmente sarà) viene quasi da commuoversi per il Patt, il Partito ambivalente. Un Patt che smettendo di colpo la sua storica indole equilibrista (l’opportunismo trova qui un sinonimo inedito) svolta a destra convinto da chissà quale filosofia che la lealtà verso i forti garantisca premio in posti al sole (della futura giunta provinciale). La matematica sarà anche un’opinione, ma non può essere un totale ribaltamento di somme ed addendi. Se nei pochi mesi che mancano alle elezioni non ci sarà un altro ministro, controfigura malriuscita di Salvini intento a spiegare la balzana teoria che se la casa brucia o c’è un terremoto non bisogna scappare perché si potrebbe cadere dalle scale e farsi male, anche in Trentino Fratelli d’Italia farà spolvero di consensi.
Anche in Trentino, (nonostante il sorriso prestampato, quasi botulinico, del presidente uscente e rientrante) la Lega avrà ancora la sua presidenza. Ma sotto tutela, o cappio, o fate voi. La Lega dovrà guadare il principale partner di coalizione dal basso in alto. In Trentino i civici gottardiani, i diasporici kasvalderiani, i forzisti di risulta e gli altri pezzetti del puzzle destra centro avranno numeri meno eclatanti che saranno tuttavia inversamente proporzionali alle aspirazioni poltronare.
E per il Patt? Eccoci. Ma sì, qualche assessorato verrà e pure indipendentemente dalla percentuale di voti. Ma se non ci sarà prima, durante e soprattutto dopo il voto un’improvvisa epidemia di masochismo è improbabile che al Patt venga offerto qualcosa di più sostanzioso che un ecumenico elogio per aver schierato a destra un autonomismo che con Panizza e lo scudiero andrà riducendosi a sempre più debole merce di scambio. Il totem dell’anti centralismo, il “mai e poi” mai con Fratelli d’Italia? Ciao ciao. Il Patt di Panizza e dello scudiero è genialmente iperbolico. Parla e s’accorda solo con la Lega (e i satelliti di destra) e se poi la Lega si accorderà con Fratelli D’Italia il Patt si barricherà dietro una sorta di proprietà transitiva. Macchiavelli di fronte a Panizza è un dilettante: lo si dica, finalmente.
Non che cambiare sia di per sé un’onta. A volte è perfino segno di intelligenza. Ma se si cambia al solo scopo di un utilitarismo politico tutto da dimostrare ci deve essere qualcosa che non fa rima con valori e principi. L’autonomismo e la destra centralista sono sempre stati agli antipodi: distanza insanabile, raccontavano (o si raccontavano) al Patt. Insanabile una cippa. Quando c’è profumo di poltrone (mica solo assessorati, il potere ha una vasta gamma di articolazioni a compenso) si può digerire di tutto. Anche l’abbraccio con gli “odiati” Fratelli d’Italia con la sola accortezza di un abbraccio per procura. Nel senso che si scambieranno le effusioni gli altri partner della coalizione di destra e il Patt approverà, seppur in un silenzio ipocritamente malmostoso che di quando in quando porrà scarsamente ascoltato alcune questioni programmatiche irrinunciabili. Anzi, molto rinunciabili se per difenderle si dovessero mettere a rischio i braccioli di qualche poltrona conquistata nel futuro governo provinciale.
Inutile scandalizzarsi. Negli ultimi anni la politica (ad ogni latitudine) ha fatto strame di ideali per affidarsi ai saltimbanchi (che saltano dall’opposizione alla maggioranza e viceversa un giorno sì e l’altro anche). Va così. Non sembra esserci speranza. Anzi no. Una speranza c’è e non vale solo per il Patt dello stratega noneso e del suo scudiero (segretario, anzi di lui segretario). È la speranza di essere risparmiati da teorie e ragionamenti solennemente ipocriti dopo decenni di teorie semplicemente e solennemente opposte. Che facciano pure un Patt/o di potere con gli storici nemici a destra. Ma evitino di offendersi se gli si fa notare che si sono votati ad ottenere un pugno di mosche. Ma chi si accontenta.