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Per Cia l'aborto è la causa più diffusa di femminicidio: ma non è meglio pensare prima di Agire?

E' possibile che le malcapitate rappresentanti delle associazioni anti-violenza (“udite” in commissione e favorevoli alla legge di tutela che prevede anche un reddito di autodeterminazione) si siano domandate se in Provincia c’è una macchina del tempo che ti ricaccia indietro fino all’Inquisizione
DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 02 dicembre 2020

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Pensare prima di Agire. A Claudio Cia la regola – sana - va stretta. Anzi, la ignora. Claudio Cia è il consigliere provinciale di un partito “ad personam”: premio a chi si ricorda altri che lui. “Agire”, appunto, si chiama la sua creatura politica. Per il sottoscritto sarebbe meglio “Agire male” il nome più adatto se si considerano le fanfaronate che hanno reso tristemente famoso il consigliere nel suo crescendo inesorabile di parole in libertà. Un esempio tra i tanti? Macchina indietro al 2104, quando Cia blaterava che i bambini andrebbero sottratti ai genitori omosessuali.

 

Claudio Cia è un tipo ingannevole. Per evitarlo occorre conoscerlo, ma se non lo si conosce solo per via di una lettura distratta o approssimativa della sua azione politica risulta addirittura simpatico. Non è arcigno, l’aria – al contrario - è bonacciona anche quando si picca di fare il duro. Lo sguardo è vispo. Il fare non è respingente. Tuttavia rapportate a Cia queste sono doti beffarde, svianti. In men che non si dica Cia si trasforma in killer del buonsenso. Il consigliere provinciale, assessore in regione, affonda secoli di progresso e colpisce la decenza verbale ogni qualvolta decide che è scoccata l’ora di uscire dall’anonimato e conquistarsi “quattro righe, o più, sul giornale”.

 

L’ansia da postazione – un posticino in cronaca – è purtroppo una patologia per la quale troppi politici non trovano cura. Sono condannati ad un continuo rialzo, devono cogliere al balzo ogni minima occasione di propaganda, devono infilarsi dentro le pieghe di ogni argomento per spararla sempre più grossa. Infischiandosene, naturalmente, dell’argomento. In questa tecnica Cia è piuttosto abile, così come appare piuttosto bravo nei travestimenti storici. Quello che pare calzargli meglio è l’abito del Crociato. Solo anacronismo al diapason ma a lui piace così. Quando recita questa parte il Magister Militer Templi, (il capo dei Templari) si riduce al rango di attendente.

 

Eh sì, non è del tutto vero che “pensare prima di Agire” sia un’attitudine sconosciuta a Cia. Lui pensa, eccome. Pensa a come far parlare di sé quando ha sentore che ci si dimentichi della sua esistenza, (politica). E allora – imperterrito e perfino orgoglioso in un gonfiar di petto rosso in viso – Cia dà fiato al vuoto. Lo fa studiando con una certa diligenza i momenti in cui teorizzare tesi da bar Sport, (palestre di filosofia dove per altro i ragionamenti sono certamente più dotti o per lo meno più innocui). Cia sceglie i contesti istituzionali per il suo vaneggiare. E questo aggrava. L’ultima è di ieri. In commissione provinciale, dove lui tra l'altro è presidente, durante un confronto serio su una materia serissima quale è la tutela delle donne violate da ogni violenza, Claudio Cia ha sostenuto che la prima e più diffusa causa di femminicidio è l’aborto. Si è impegnato perfino a far di conto, piegando la statistica ai suoi incubi: “Dal 1978 ad oggi abbiamo avuto sei milioni di aborti. Non posso tacere sul fatto che in quei sei milioni non c’erano solo bambini di sesso maschile ma anche di sesso femminile. Anche in questo caso è femminicidio”.

 

Di fronte a questo carpiato nel letame culturale che reazione può mai avere un qualsiasi cittadino, di qualsiasi colore politico? Di sicuro la reazione non può essere quella – masochistica oltre che inutile – di “entrare nel merito” dell’elucubrazione di Claudio Cia. Perdere del tempo a contestarlo è dare al suo ragionamento bislacco una dignità che non merita. Vietato dunque dar credito ad un moroso della serietà. Illusorio far capire a Cia che il vero abortista è lui quando parla di interruzione di gravidanza nel mentre i suoi colleghi consiglieri cercano – discutendo la proposta di legge (Coppola/Ghezzi) – di aumentare la difesa e aiuto concreto alle donne che hanno subìto violenza. Interrompe il dibattito, blocca la ragione, manipola malamente e goffamente la realtà più amara e inaccettabile delle cronache di sangue e di lutti quotidiani.

 

Finge di non sapere – (e se non la sa è peggio) – che la violenza sulle donne non è un’astrazione contabile ma il risultato terrificante di un orrore culturale legato ad un “potere”: quello maschile. L’aborto, che c’azzecca l’aborto? Non sarà che alla prossima il templare 2.0 se ne uscirà vaneggiando che prima di dare aiuto alle donne violate fisicamente o psichicamente sarà obbligatorio chiedere loro di portare le “prove” non di pugni, coltellate e peggio ma delle eventuali gravidanze passate? Con Cia tutto è possibile e ne ha dato prova ieri con quelle affermazioni. Ed è possibile che le malcapitate rappresentanti delle associazioni anti-violenza - (“udite” in commissione e favorevoli alla legge di tutela che prevede anche un reddito di autodeterminazione) – si siano domandate se in Provincia c’è una macchina del tempo che ti ricaccia indietro fino all’Inquisizione. Se la macchina c’è, Cia è l’addetto alla manutenzione che vestito da frate spiega a chi lo incontra che per lui la storia si è fermata ad un altro frate: Torquemada.

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