La campagna ''espettorale'' che tra insulti, topi, baby-gang ha già sputacchiato il peggio di sé stessa mentre a sinistra si è fermi ad ''Allarmi son fascisti''
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Dalle prime mosse (nazionali o locali, pari siamo) la campagna più che elettorale pare “espettorale”. Calma, un poco di italiano lo conosciamo. Il termine corretto sarebbe “espettorante” ma “espettorale” lo confondi meglio con elettorale.
Dunque, “campagna espettorale” sia. Una campagna volgarmente inelegante che accomuna vip e parvenue della politica. Meglio attrezzarsi per tempo: ci sarà da raccogliere tonnellate di muco politico: giallastro, oleoso, appiccicoso. Per “campagna espettorale” intendiamo, scusateci il francesismo, le scatarrate. In questi primi grugniti di una battaglia che di qui al 25 settembre sfonderà ogni limite della decenza le scatarrate sono già il quotidiano. Schifosamente reale.
Prevalgono sputi color ignoranza. Si sputano sentenze. Si sputano scemenze. Si sputacchiano insulti. Si scatarra in ogni dove qualsiasi falsa verità utile a rubare consenso. E’ purtroppo appena l’inizio della campagna espettorale che ci si aspettava ma che non si credeva potesse essere tanto becera, assurda, cattiva e pure violenta. La campagna espettorale soffoca un qualsiasi pensiero sensatamente lineare. Gli s/concetti degradano in progressione veloce verso patologie incurabili. Sì, incurabili perché ancora non c’è ricerca che sia stata capace di ricostruire i neuroni perduti. I neuroni che alimentano l’autonomia di giudizio, l’onestà intellettuale o semplicemente la decenza sono stati bruciati nell’inseguimento dei piazzisti di demagogia, paure e disvalori. Il mercato degli slogan (prevalentemente in nero ma non solo neri) è sempre in saldo.
Nella campagna espettorale ha scatarrato per prima la “metà anagrafica” di Berlusconi. Lei, fin qui anonima oltre che anodina, si chiama Fascina. Di più non occorre sapere. Con un certo ribrezzo tocca qui ricordare il suo espettorare sgradevole nei confronti di Brunetta. Quest’ultimo ha abbandonato dopo una vita acritica il Cavaliere che ha infilzato Draghi. La Fascina, vendicatrice di smodato dire e di vitalizio ardore, altro non ha saputo fare se non evidenziare il nanismo del forzista. Che fantasia. Che inarrivabile sfoggio di incultura. Nello sputtanare Brunetta scatarrandogli contro un’idea balenga dell’anatomia la Fascina ha rubato i versi a De Andrè. È un furto da ergastolo, ben più grave dell’infantilismo verso Brunetta. Citare a sproposito De Andrè è una sacrilega testimonianza di ignoranza verso un autore, la sua storia, i suoi messaggi. Quando Faber scherzò di brutto con la “statura” si riferì a quella morale e non certo ai centimetri.
La malDestra fa così: si appropria di ciò che non conosce e non capisce. Storpia i concetti, li adatta alla miseria cerebrale e si rimpicciolisce al punto da trasformare Brunetta in un gigante. Questa una scatarrata nazionale. Ma quelle locali? Non potevano mancare le azioni espettorali dei trentini? La più schifiltosa è di gruppo. In gruppo, infatti, i Fratelli D’Italia di un quartiere di Trento (San Giuseppe e dintorni) hanno sparso germi letali, sputacchiando una teoria per la quale possono ringraziare solo i comici. Fratelli e Sorelle di un’Italia che sarà sempre più orfana di buon gusto hanno teorizzato che i ratti (sì, i topastri e financo le pantegane) sono “colpa” dei senza dimora. I barboni li attirano lasciando in giro i rifiuti. La campagna espettorale è in avvio ma scatarrate come questa lasciano prevedere che il peggio non avrà mai fine. La politica – se è questa – non è in fase terminale. È già morta. Se invece fosse viva, deve essere cieca e sorda.
Qualcuno ha sentito Meloni ricordare ai Fratelli e alle Sorelle trentine che un “bel tacer” è meno grave di uno sproloquiare cretino prima che inumano? Di questo passo si rischia di affogare nel muco lurido della politica che sconfina beota in tutti i territori vietati dall’etica, dalla morale, dal semplice buon gusto. Il vaiolo delle scimmie? Lo spargeranno – ovviamente – untori (presumibilmente di sinistra) scesi dai barconi. E se non ci sono i barconi che attraccano fin sotto le montagne? La campagna espettorale degli “al lupo, al lupo” non arretra e si accontenta anche dei pedalò. In Trentino si dà così Voce (stonata, stridula) ad ogni panzana. Si salta da un allarme inventato ad un altro per arrivare all’iperbole di una “pirateria africana” che imperverserebbe sui laghi della Valsugana: tra furti, risse e minacce. Ovviamente è parsa roba buona solo alla Verità falsata di Di Pietro e Borgonovo che l'ha risparata a più colonne sul bollettino di una destra tanto anacronistica quanto cabarettistica.
E pensare a quei rappresentanti provinciali (il commissario provinciale della Lega Binelli e il consigliere provinciale Moranduzzo) che l'hanno pure rilanciata, dimenticandosi che da 4 anni sono loro che governano quel Trentino sul quale hanno scatarrato via social, bollando i suoi laghi, in piena stagione turistica, come invasi da orde di baby-extracomunitari e ''pedofili conosciuti''. Aggiungendo la chicca che i fattacci accadrebbero su due laghi ben precisi, Calceranica e Caldonazzo, quando chi ci vive sa bene che nulla di quanto scritto è nemmeno lontanamente ipotizzabile e, soprattutto, il lago è unico per entrambi i comuni.
Tuttavia la campagna espettorale aumenta sputi e scatarrate senza pudori o limiti. E ripetiamo con terrore: siamo solo all’inizio di una politica dai toni poco ''urbani'' che prova orgasmi prolungati per un celodurismo verbale e sostanziale di cui perfino Bossi si è pentito da tempo. È impossibile prevedere se e come si arriverà alla fine di questo delirio. Certo è che bisogna provare a salvarsi per salvare l’Italia dall’analfabetismo degli ideali, del rispetto, di un confronto tra opposti minimamente comprensibile.
C’è un solo modo: non cascarci. L’ironia può valere più dell’indignazione di fronte ai cacciatori di topi, di barboni o di baby-gang. Ma l’ironia ha bisogno di credibilità (è il mestiere più difficile). E la credibilità ha bisogno di volti e storie nuove. Servono più spartiti (note meno prevedibili, note fresche, magari una politica un po’ rap) che partiti. Servono protagonisti, anche in rodaggio, in grado di spiazzare, di imporre argomenti ed attenzione. O almeno in grado di incuriosire.
Non serve l’usato rottamabile senza patemi di chi sulle poltrone istituzionali (nel centro-sinistra) ha messo radici. Non serve lo “spirito di servizio” di chi non si tira di lato dall’onnipresenza nemmeno se cannoneggiato. In alternativa si può continuare a gridare “Allarmi son fascisti” illudendosi di cavarsela marcando con sussiego la differenza. Saremo, nel caso, sempre più lusingati dal nostro progressismo corretto, elegante e democratico. Ma sgoverneranno loro. Scatarrando felici anche dopo la fine di una pessima campagna espettorale dove noi (con i guanti) saremo lì a raccogliere tonnellate di muco. Brontolando impotenti senza esserci mai chiesti “perché” basti sputare per raccogliere voti.