Il Pd aveva promesso una campagna ''casa per casa'': io ancora li aspetto mentre loro in Trentino ''festeggiano'' perché “piuttosto che niente, meglio il piuttosto”
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Ventisei settembre, mattina. Cellulare: “Hai visto che batosta?”. Un po’ nicchio. Un po’ sbadiglio. Un po’ mi risveglio dopo la levata dell’alba, la corsetta che se mi vedesse Crippa sverrebbe, il pisolo di ritorno. “Non dirmi che qualche altro nazionale dell’Inter si è fatto male. Dopo Lukaku ci mancava anche Brozo”. “Ma no – dice il mio amico - è la questione della destra. Hanno vinto le elezioni: tanta Meloni e poco Salvini. Un po’ di Berlusconi. Hanno stravinto. Poveri noi”. Orpo, le elezioni. A forza di aspettare avevo drammaticamente perso la dimensione del tempo (e la data del voto). Cosa aspettavo? Cosa ho aspettato per tutta la breve (almeno quello) campagna elettorale? Beh, aspettavo che quelli con gli “occhi di tigre” (congiuntivite?) mi bussassero a casa come aveva solennemente promesso un segretario onestamente fuso e dunque scarsamente alLettatante.
Aspettavo che anche i piddì trentini mantenessero la parola data dalla segretaria Maestri. Lui (Letta), Lei (Maestri) assicurarono in avvio di tenzone un capillare “porta a porta”. Sarebbe stato vitale. No, non per dimostrare le tesi democratiche ma per farci sapere che il Pd esiste. Ancora. Io - credulone – mi sono fidato. “Se hanno detto che arrivano, arrivano – mi convincevo – d’altronde in questi anni di tormenta il Pd ha sempre avuto una parola sola: per lo più sbagliata”. Ero talmente galvanizzato dell’inedito del “porta a porta” di sinistra che un giorno dopo l’altro, per due mesi, ho infornato biscotti, messo in frigo del vinello dolce e ampliato l’offerta del caffè da macchinetta espresso alle miscele aromatiche che costano un pacco. C’avevo perfino quel ginseng che addolcisce fino alla nausea.
Niente. Passavano i giorni, inesorabili. Niente, nessun volontario di sinistra alla mia porta. E nemmeno alle porte dei vicini (ad un certo punto, intristito, ho pensato di essere stato depennato dai visitabili per via di qualche polemichetta ospitata anche da questo giornale). Niente. Niente Pd alla porta, né sull’uscio. Né in soggiorno o nel tinello. Peccato perché ho aspettato con fiducia dopo un training piuttosto faticoso per debellare un pensiero critico riassumibile in poche, ineleganti, parole: “Ma dove cazzo siete quando non c’è aria di elezioni?”. A ben vedere la vana attesa un peccato non è stata. Il campanello ha suonato spesso e spesso ho aperto. Attendevo il Pd (speravo di poter decodificare qualche idea dall’ostrogoto professorale che li caratterizza) e mi sono trovato davanti il venditore di Folletto. Sarò certamente scemo, ma ho abboccato senza difesa quando il rappresentante (non di lista) ha messo in pratica con scioltezza la prima regola del suo vangelo: far sentire l’interlocutore importante, condividere i suoi problemi (fisime comprese), abbondare in empatia, ascoltare senza pontificare.
Dopo l’instancabile piazzista ecco un'altra scampanellata. Anzi eccole, le due signore che testimoniano Geova aiutandoti ad aspirare a un qualche Regno post/terreno. Sarò scemo di nuovo (anzi lo sono di sicuro) ma dopo venti minuti interminabili (per la prostata) mi sono fatto lasciare la “Torre di Guardia” senza alcuna maledizione. Per bontà? Per rigurgito di religiosità dopo una vita semi atea? Macché, per il rispetto che si deve a chi pratica la propria passione con caparbietà, a rischio di insulto. Rispetto e simpatia per chi ti ringrazia anche se esci un randello da sotto la vestaglia da notte e ti spiazza con frasi del tipo: “Se non le spiace, torneremo perché senza confronto il mondo è finito”.
Mica è finita. È incredibile quanti mondi puoi incontrare se stai a casa ad aspettare un Pd/Godot che non arriva. Sono arrivati, ad esempio, due studenti. Mi hanno raccontato di posti letto a quattrocento euro al mese, rigidamente in nero, probabilmente nelle stesse case di quelli che si lamentano se universitario alza un po’ più la voce (in strada).
Una sera mi ha suonato anche un “rider” che non trovava più la casa dove portare la “pizza a scroscio” (quella che porti in bici sotto l’acquazzone). Gli ho chiesto quanto guadagna e mi si è bloccata la digestione (per la vergogna). La vita di chi attende invano il partito del mancato “porta a porta”, insomma, è istruttiva e perfino formativa. Sì, perché ti obbliga a misurarti con la normalità di una nazione (Trentino compreso) piuttosto anormale. Per dire, se i Maestri di retorica avessero bussato alla mia porta li avrei subito fermati se invece che spiegarmi come intendono migliorare una sanità che anno dopo anno anche in Trentino si sta ammalando di inefficienza mi avessero parlato solo di fascismo (e dinosauri). Non sopporto di semplificare col rosso e col nero (“Scegli”…ma si può?) un mondo che è fatto di grigi, di mille e mille sfumature, di miliardi di contraddizioni e controsensi sulle quali la sinistra ha banchettato fino alla nausea (nostra).
Non c’è stato alcun porta a porta (non alla mia porta, almeno). Ci sono stati gazebo (ostrega, che fantasia) per i selfies militanti di chi gioisce per aver convinto i già convinti mentre il mondo guarda e passa. Anche da sinistra si sono assaltati i social scambiandoli (dovrebbe essere un reato penalmente perseguibile) per il sociale. Ma la società, quella vera, ti misura guardandoti negli occhi prima che tu gliela racconti virtualmente e con gli “ezoticom”. Si è abusato di un linguaggio anacronistico. Si è partiti dal Paleolitico per arrivare al presente, cosicché all’arrivo (alle proposte, quando e se c’erano) non c’era nessuno ad ascoltare. Si è giurato il “vade retro ideologia” nel mentre si ideologizzavano anche le briciole. Non è solo il bau bau preventivo verso Giorgia, i suoi Fratelli e le sue sorelle (sfascisti di valori ma non camerati. Ma furbi, eccome). Ideologia avariata è anche chi insiste ore 24 nel far passare per deficienti avvelenatori tutti coloro che rinunciano a spostarsi solo con la bici dalla cima di una montagna al centro città (e viceversa).
Mi è spiaciuto che il Pd non mi abbia bussato. Mi ha sconvolto il dopo voto al quale il Pd trentino ha applicato la regola del “piuttosto che niente, meglio il piuttosto”. Sì è vero, ne hanno mandati a Roma due. Ma di che bisognerebbe gioire? Se fai due gol al Real Madrid e ne prendi cinque vai sotto la tua curva e fai festa? Se poi ti fischiano, ti risenti e dici, come sempre, che non hanno capito? Se non cambieranno metodo e sostanza della costruzione di un progressismo credibile l’anno prossimo, alle elezioni provinciali, sarà meglio darsi malati. Se si spera che le beghe sicure tra Fratelli d’Italia e Lega facciano il gioco del centrosinistra o giù di lì è meglio trovare oggi un bravo psichiatra. Metodo e sostanza, cioè presenza (per ascoltare, non per predicare) dove da decenni si è assenti perché è più semplice parlarsi addosso nei circoli o nelle parrocchie che nei bar o nei condomini.
Metodo e sostanza non per demonizzare l’anagrafe ma nemmeno per non impiccarsi all’anagrafe dei tavoli di coalizione dove la colazione si fa con il Plasmon per via di commensali antichi e sempiterni come Boato, Pietracci, Dellai di sbieco, Raffaelli. Metodo, sostanza, energia e soprattutto più passi indietro dei “soliti noti” che fughe parolaie in avanti (dei soliti noti). Metodo, sostanza, energia e finalmente un ruolo (le porte aperte non bastano) a chi non ha tessere, non tesse clientele ma ha idee innovative, soluzioni, personalità, riconoscibilità, curriculum e carisma da mettere in comune. Forse così la si sfangherà nel 2023 in Trentino. Forse si perderà, ma almeno con entusiasmo. Quanto a me, una preghiera. La sinistra faccia il “porta a porta” quando non si vota. Sarebbe una rivoluzione e mi dimenticherei volentieri del tempo (quasi) perso ad aspettarli.