Il Fratello d'Italia De Bertoldi bacchetta Draghi perché viaggia in Volkswagen ma lui ha una Porsche: quando l'autarchia non regge nemmeno a chiacchiere
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Il Fratello d’Italia fa il senatore. C’è un’Italia che sentendolo preferirebbe essere figlia unica. Il fratello d’Italia svolterebbe a destra anche in divieto: meglio lo schianto che la sinistra. Il Fratello d’Italia è uomo di chiesa. Oltre che di Patria. Oltre che di Famiglia. Da osservante, il Fratello d’Italia è probabile conosca il Vangelo. Quale? Quello che recita “Chi non ha peccato scagli la prima pietra”. Di pietre il Fratello d’Italia deve aver fatto scorta. Le lancia solo a manca: lui a destra non vede peccatori. L’ultima pietra – una delle tante – il Fratello d’Italia l’ha gittata verso il neo presidente del consiglio dei ministri, (che per altro di sinistra certo non è).
La pietra deve averla tolta dal bagaglio della sua Porsche. Bagagliaio non certo da ''familiare'' ma comunque utile a contenere le munizioni verbose con le quali il Fratello d’Italia carica la sua arma politica. Il suo “spara-panzane” sembra sempre pronto all’uso. E sì che quando s’è munito dell’arma polemica devono averlo certo avvisato della possibilità di rinculo. Ma va così: il Fratello d’Italia pare allergico ad ogni consiglio, compreso quello che gli permetterebbe di prevenire il ridicolo.
Ecco allora che il Fratello d’Italia “le spara” - (le pietre del “senza peccato”) – con l’orgoglio di chi si bea quando per farsi pubblicità può mirare al bersaglio grosso. Come bersaglio di un fiero e patriottico oppositore, Mario Draghi è indubitabilmente grosso. Per un Fratello d’Italia provare a metterlo alla berlina è atto legittimo. Come si fa? Lo si punzecchia proprio sulla berlina, nel senso dell’automobile. E cioè la berlina che il neo presidente del consiglio sta fin qui usando per i suoi spostamenti: targa italica, nota marca teutonica.
L’attacco del Fratello d’Italia non è né bello né brutto. Semplicemente è stupido. “Il presidente Draghi a bordo di un’autovettura utilitaria tedesca dà l’immagine di un paese che non ha rispetto e attenzione per sé stesso e orgoglio del proprio tessuto industriale”. Questo il rimbrotto del Fratello d’Italia. Macché rimbrotto. È proprio il rinculo di quella sua arma polemica, (la pietra di cui sopra). Un’arma spuntata. Il Fratello d’Italia sale in cattedra per perorare l’anacronismo autarchico. Si esalta. Considera uno scandalo la Volkswagen dragoniana, la stessa usata da milioni di italiani. Dichiarandosi scandalizzato il Fratello d’Italia conquista un posticino al sole debole di una misera settima di cronaca. Il Fratello d’Italia è contento come una Pasqua che dura tutto l’anno. È pure felice di postare sui social la sua bacchettata sulle mani di Draghi, anche se forse un po’ deluso dalla carenza di applausi che forse s’aspettava.
Il Fratello d’Italia risale sulla sua Porsche. Qualcuno – tapino – lo inchioda alla dote in disuso della coerenza. “Ma come? Sputtani Draghi perché ha l’auto tedesca e viaggi in Porsche?”. La reazione, la giustificazione, è un capolavoro di ipocrisia. “Si, ma lui è un personaggio pubblico. Rappresenta la Nazione”. Altro rinculo. Lui, il Fratello senatore, sarebbe in teoria altrettanto “pubblico”. Se ne sarà mai accorto? Mentre troppi si dannano a prendere sul serio la sua sindrome autarchica – è capitato di leggere un pistolotto del Pd trentino che deve aver bel tempo da perdere – qui ci si limita ad implorare il Fratello d’Italia. Lo si implora a guidare con prudenza. Con la Porsche che scavalla e romba è facile uscire di strada: la strada della decenza politica ad esempio. Con buona pace del Fratello d’Italia sarà più difficile che esca di strada l’utilitaria del presidente del Consiglio.
Questa capacità di restare in carreggiata evitando eccessi di gas e derapate – d’altronde – ci sarebbe anche se Draghi guidasse un Maserati biturbo. Oppure una Multipla, o peggio una Duna. Con la Porsche – giocoforza – si tende ad esagerare. Eppure il Fratello d’Italia insiste. Nel rinculo è pervicace: “Ho la Porsche, ma anche una Panda ed una Vespa. Viva l’Italia”. Beh, si decida, Porsche e Panda pari non sono. Bene, rimanendo nell’universo mignon del Fratello d’Italia ci permettiamo di metterlo in guardia per tutelare la sua salute (dal punto di vista culinario) e il suo look. Se tutto, ma proprio tutto, deve essere italiano lui rischia di morire di fame e di sete. Vuol cucinare con la Buitoni? E’ Svizzera. Vuole un gelato Algida? È inglese. Condisce con l’olio Carapelli? È spagnolo. Vuole zuccherare con Eridania? È francese. Un po’ di formaggio Galbani? Sempre Francia. Una buona birra Nastro Azzurro? È giapponese. Un buon caffè Spendid? Olandese.
E si potrebbe continuare all’infinito passando dal cibo al vestiario, dall’elettrodomestico alle mutande firmate, (Valentino è del Qatar) per arrivare alle auto “italiane” che piacciono tanto al Fratello d’Italia. Così tanto che guida la Porsche. Per dire, Pininfarina è indiana e Lamborghini è tedesca. Povero Fratello. Rimarrà a digiuno o mezzo ignudo se insisterà a cercare l’Italia in un supermercato o in una boutique. Si rassegni senatore De Bertoldi e per favore usi meglio un intelletto di cui sarebbe ingiusto dubitare. Lasci girare Draghi con l’auto che gli pare e si preoccupi piuttosto – se ne è all’altezza - di come guiderà. Di come Draghi tenterà di guidare un’Italia che ha il motore al limite, le ruote lise e gli ammortizzatori andati.
Se ha qualcosa da dire su questo lo dica: magari argomentando ma non sul nulla cosmico. Altrimenti si goda la sua Porsche e semmai controlli i pneumatici. Se scoprirà che anche la Pirelli è cinese se ne faccia una ragione. Altrimenti le toccherebbe andare a piedi. Ma a quel punto Draghi, sulla sua “utilitaria Volkswagen”, sarà per lei irraggiungibile.