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Contributo Covid a Olivi, lui: ''Concordato con il partito di darlo in beneficenza''. Ma il Pd c'è o ci fa?

La Lega con il suo consigliere Job si giocherà la decisione del solitamente indeciso Bisesti anche nel gazebo elettorali. Al motto, qui non contestabile, di “Chi sbaglia paga”. Ciò che è sacrosanto è attendersi che il Pd faccia a sua volta, in modo trasparente, un voto di opportunità. Olivi, per altro, è l’esponente che nel momento in cui si poteva fare lo sgambetto alla giunta Fugatti dimettendosi dal consiglio di presidenza (caso Kaswalder), si è piantato lì con cattiva pace di Tonini. Lui dice di non voler vivere di politica ma in tre legislature ha guadagnato più di 1,5 milioni di euro e per quei 3600 euro di contributo per i suoi dipendenti è normale che un cittadino pensi: ''Ma cavolo, non poteva metterci soldi suoi?''
DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 18 agosto 2020

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Mettere la testa sotto la sabbia. Sì, ma se la sabbia è mobile? Se è mobile come un elettorato che quando guarda con non poche perplessità a sinistra si aspetta che almeno sulla moralità non si acceda a pateracchi? Beh, allora il rischio è lo sprofondamento. Chissà se il Pd ha tenuto in debita considerazione questo pericolo nei lunghi giorni di imbarazzato tergiversare seguiti al “caso Olivi”. Troppi signor tentenna. Un esercito di pompieri, (silenziosi però) che nemmeno nella più grande delle caserme trentine. Ma anche tanti “incazzati”: in camera caritatis. E tanti s/ragionamenti, (compresi gli scontri che certo ci sono stati), tenuti tuttavia sotto traccia nel labirinto delle telefonate e degli incontri.

 

Nulla di pubblico insomma. Acqua sul fuoco ad ettolitri e perfino qualche spruzzata alcolica se è vero che tra le teorie strampalate di cui si è comunque venuti a conoscenza c’è anche quella che perora la causa del silenzio per non scongiurare vantaggi altrui. Al Pd sembrano fino ad oggi aver temuto più di ogni altra cosa che le liste più competitive nella coalizione di centrosinistra per la conferma dell’amministrazione di Trento possano “sfruttare” elettoralmente i patemi del partitone. Insomma, se appare esagerato battezzare come psicodramma la triste vicenda Olivi non si può nemmeno ridurla a farsa. È cosa seria, serissima, nonostante gli sforzi dei “minimizzatori” che vorrebbero chiudere la questione “parlando d’altro'' confidando in una non dimostrabile abitudine degli elettori Pd a “dimenticare”.

 

Per fortuna della vicenda si parlerà a giorni, (sì, ma quando?), in un contesto meno evanescente delle conventicole. La segretaria provinciale, Maestri, convocherà il coordinamento provinciale Pd e lì – forse – si riuscirà a capire se la questione verrà definitivamente chiusa o se, al contrario ed auspicabilmente, porterà a conseguenze per il consigliere provinciale. Si saprà – (il confronto non si annuncia faccenda da tarallucci e vino) – se per il Pd la legittimità giuridica del contributo pubblico chiesto ed ottenuto da Olivi per far fronte alle difficoltà del suo studio di avvocato coincide o meno con la legittimità morale. Perché è su questo – tutto il resto è fuffa – che il Pd è chiamato a far chiarezza. Per non dare nulla per scontato, urge un mini riassunto.

 

Olivi sta da tre lustri in consiglio provinciale. Calcolando a spanne quanto ha guadagnato con lo stipendio da consigliere, assessore, vicepresidente di giunta e oggi vicepresidente del consiglio provinciale si va probabilmente oltre il milione e mezzo di euro lordi. Olivi ha anche un lavoro: avvocato. Durante lo stop da Covid il suo studio, come altri, ha sofferto nelle “entrate”. La Provincia è venuta in aiuto alle aziende con il fatturato in calo. Olivi non si è sottratto. Come recita una felice pubblicità estiva qui manipolata: “3600 euro – (tanto ha ricevuto) – sono meglio che niente”. Ora, il mondo non è fatto di soli demagoghi. Non sono demagoghi quelli che di fronte al portafoglio che nel Covid si è azzerato senza poter contare sulla certezza di un lauto stipendio da consigliere provinciale, (arrivato regolarmente anche durante il lock-down ) dicono “Ma cavolo, non poteva metterci soldi suoi?”.

 

No, non sono demagoghi. Ragionano con la semplicità della sostanza e del buon senso di fronte ad un giustificazionismo, (anche il mutismo in questo caso giustifica), senza alcun senso. Il coordinamento Pd si smarrirà nei mille distinguo delle virgole o mostrerà di aver chiara la materia etica? E se sarà così, ci sarà una decisione chiara su Olivi che non sia la beffarda e perfino offensiva teoria che vorrebbe derubricare ad inciampo il caso Olivi per il solo fatto che Olivi ha deciso di dare in beneficenza il contributo ottenuto?  Se si guarda quanto il consigliere provinciale Pd ha diramato ieri si resta basiti di fronte alla pochezza delle sue spiegazioni. Ma ancor di più rispetto al come Olivi si senta blindato da un presunto accordo con la segreteria Pd. “Una mia scelta – scrive Olivi – che ho concordato con la segretaria del Pd per chiudere questa spiacevole vicenda senza accettare speculazioni politiche”.

 

Ci fosse stato o no questo accordo al ribasso tra Olivi e Maestri, poco ormai importa. La chiamata ad esprimersi della base Pd, rappresentata tra correnti e spifferi nel coordinamento, è un fatto salutare. Tardivo ma salutare. Certo, se da subito ci fosse stata una sospensione di Olivi per poi correttamente discutere la questione collettivamente, ci sarebbe stata meno ambiguità. Lo ha fatto la Lega con il suo consigliere Job e si giocherà la decisione del solitamente indeciso Bisesti anche nel gazebo elettorali. Al motto qui non contestabile di “Chi sbaglia paga”. A sinistra è dura pretendere tempestività. A sinistra c’è l’ergastolo dei distinguo. Occorre accontentarsi dei piccoli passi, compresi quelli incerti e barcollanti. Non ci si può però accontentare della convinzione di Olivi di essere stato solo “inopportuno” nel richiedere il contributo.

 

Lui la spiega così: “Sin da quando ho iniziato la mia esperienza di amministratore ho sempre voluto mantenere attiva la mia professione, perché fare politica non deve voler dire dipendere dalla politica”. Chapeau, ma se la politica ti versa più di 150 mila euro l’anno e la tua azienda va in perdita per tre mesi sei messo così male da non poter far fronte ad una crisi senza ricorrere a fondi pubblici? E se non fosse emersa la vicenda, Olivi si sarebbe cosparso autonomamente il capo di cenere? E la beneficenza, adesso, con i soldi di tutti noi può servire al politico, magari, anche a far bella figura con qualche associazione o ente? È lecito dubitare. Non è lecito infierire anche se c’è gran voglia e più di un argomento.

 

Ciò che invece è sacrosanto è attendersi che il Pd faccia a sua volta, in modo trasparente, un voto di opportunità. Il Pd ha l’opportunità di mettere un principio, un valore, alla base della propria azione, (compresa quella in campagna elettorale).

È il principio, il valore, della massima correttezza imposta ai suoi esponenti. Olivi, per altro, è l’esponente che nel momento in cui si poteva fare lo sgambetto alla giunta Fugatti dimettendosi dal consiglio di presidenza (caso Kaswalder), si è piantato lì con cattiva pace di Tonini, (che infatti ha lasciato la carica di capogruppo protestando ma solo interiormente). Quello che, mantenendo quella carica, da vicepresidente del consiglio guadagna 1.000 euro al mense in più rispetto ai quasi 10.000 da consigliere provinciale (sempre lordi). 

 

I “se” ed i “ma” che ci sono e ci saranno nel Pd non sono opportunità. Sono opportunismo che in questa fase elettorale fa rima con masochismo. Quel che si sa del lavorio sottobanco non rassicura. Pare che un primo confronto nel gruppo consigliare del Pd in provincia abbia portato un pari e patta tra chi chiedeva ad Olivi il classico “passo indietro” e chi lo voleva al contrario pentito ma “fermo al posto”. Non facciamo i nomi che pur conosciamo perché non c’è un atto. Ma quel che Olivi deve fare – (che per noi è scontato) – non è delegabile al gruppo consigliare. Il partito, il Pd, sennò che ci sta a fare? La segretaria farà una proposta al Coordinamento? Si spera che le tante voci più furiose che critiche scovate incrociando notizie sbiascicate trovino finalmente volume. Nel coordinamento Pd, chissà, potrebbe anche succedere. Ma anche no.

 

Quel che è sicuro è che negli incontri elettorali pubblici il Pd non potrà certo cavarsela glissando la questione Olivi chiedendo attenzione per le piste ciclabili e quant’altro di importante c’è nel suo programma e in quello della coalizione pro Ianeselli. Quando ai candidati verrà chiesto di esprimersi sulla questione Olivi si precipiteranno a cercare la sabbia dove infilare la testa?

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