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Centrosinistra, un tavolo ai confini della realtà (e tragicamente in ritardo): tra chi rappresenta sé stesso e chi da decenni fa le pulci per contarle

DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 24 marzo 2023

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Proviamo una divagazione ortofrutticola. Ma sì. Per ridere. Anzi per non disperare sorridendo (nervosamente però) sul centrosinistra sinistrato. Un centrosinistra che oggi si fa chiamare Alleanza Democratica per l’Autonomia: i nomi cambiano ma le pratiche, purtroppo, restano. È un centrosinistra che se la prende comoda. Tanto comoda da lasciar immaginare che per loro la scadenza elettorale (le provinciali) sia sì in ottobre, ma del 2123. In tema di riferimento ortofrutticolo, dunque, l’Alleanza richiama il radicchio tardivo. Per quell’ortaggio il “tardivo” è sinonimo di pregio, delizia, leccornia, sciccheria.

 

Ecco, il centrosinistra (più centro? Più sinistra? Di sicuro meno appeal che in passato nell’uno e nell’altro emisfero) è drammaticamente “tardivo”. Ma non siamo di fronte né ad una delizia né ad una una sciccheria. Il centrosinistra non è solo in ritardo (tardivo) nell’attrezzarsi decentemente ad una sfida elettorale che s’annuncia improba. È in ritardo e basta. Il suo è un ritardo tanto di innovazione (ricambio non tanto anagrafico quanto di idee) e di maturazione. Ritardo di presenza, di empatia, di contenuti e di metodi. Altro che pregio, altro che leccornia. Il ritardo sulla realtà di un centrosinistra più formale che sostanziale, più presunto che vero, odora (puzza) sempre più di avariato. La sua “tardività” oggi uccide lo stomaco già provato di chi negli anni (nei decenni) hanno buttato giù anche i sassi.

 

Lo hanno fatto per masochistica fede nelle sorti elaborate su “tavoli” (il conclave de noialtri) via via sempre più alieni. Conciliaboli sempre più lontani dalla società, dalle speranze, dalle aspettative e perfino dalle oneste illusioni di quel pezzo di Trentino che non si è ancora invaghito della destra e delle sue patriottistiche cialtronate. Ieri c’è stato l’incontro, (tardivo causa congresso Pd) di un’Alleanza (democratica e da qualche ora anche autonomista) che è già ampiamente fuori tempo massimo nell’indicare un candidato più meno unificante per le elezioni provinciali. Un candidato o una candidata che allo stato dell’arte (stato tardivo, con dolo) può forse far spazzare sotto un mega tappeto le mega differenze dei chissà se davvero alleati nell’Alleanza dei distinti.

 

Un/a candidato/a che difficilmente saprà accendere quel motore che si chiama entusiasmo e che è un potenziale fattore di sorpresa nell’urna (l’unico). Al tavolo degli alleati ma non troppo non è stato incoronato Valduga, il sindaco di Rovereto che Campo Base (è sempre l’antica Margherita dellaiana, ma il nome più montanaro richiama le imprese e le scalate) vorrebbe leader di un campo largo. Ma ad ogni fisima di terzopolisti e di mummie rinverdite quel campo è destinato a stringersi. Se non lo è già, diventerà un’insignificante, irritante, somma di piccoli orticelli. Al tavolo si è presa la sua bella dose di inutili elogi, (intinti nell’ipocrisia?) anche Paola Demagri. Lei fu del Patt fino a quando il Patt non è sceso a Patt…i ribassisti con la Lega e con gli odiati (a parole) nazionalisti imparentati (Fratelli eccetera). Patti per nulla chiari se non in un punto: le poltrone. Per Marchiori e Panizza la destra assicurerà strapuntini ma per loro saranno delle Frau dove affossare tanto i corpi quanto e soprattutto storia e valori dell’autonomismo.

 

È rimasta sullo sfondo Conzatti, donna d’Azione e di un’Italia sempre Viva quando si tratta di saltare da una latitudine politica al suo opposto (Conzatti nacque sotto i petali dellaiani, finì in Parlamento col Berlusca, s’invaghì di Renzi. E avanti, politicamente, il prossimo). Fumata nera ieri al tavolo dei tardivi. Fumata nera in attesa di una fumata bianca che prima o poi verrà. Ma quando verrà sarà come se a Werstappen (l’attuale destra in Italia e in Trentino) fosse concesso un giro di vantaggio mentre gli avversari inseguono a bordo di tricicli.

 

L’Alleanza non è impantanata da oggi (sui nomi e sugli eventuali pesi da garantire all’uno o all’altro in caso di improbabile miracolo elettorale). Nei cinque dolorosi anni di Fuga…tti dai problemi il Trentino è diventato sempre meno autonomo dalle magagne (si pensi a come hanno ridotto la sanità). Tuttavia il centrosinistra (vecchio e nuovo) non si è preoccupato nemmeno per un secondo di costruire un’alternativa (di contenuti prima e di nomi conseguenti, coerenti) attraverso una presenza fisica, non episodica, nelle strade, nelle piazze, nei luoghi (soprattutto quelli impropri). I luoghi, cioè, dove la politica è spesso l’imbarazzo e la fatica di misurarsi con chi non fa parte del tuo striminzito mondo di custodi del verbo democratico: quelli che si capiscono solo tra loro e si danno le pacche sulle spalle al motto “guarda che zotici ci sono a destra”.

 

Il centro sinistra (compreso quello che sembrava futuribile ma che si è troppo presto ridotto da movimento innovativo ad anonima pattuglia che per non sparire forse elemosinerà un posto nella lista Pd) si è accontentato di una politica praticata “solo” dentro le istituzioni. Si è limitato a mettere una firma (sulle mozioni, le interrogazioni eccetera) piuttosto che mettere la faccia dove c’era e c’è bisogno di incontrare un pensiero meno rassicurante ma maggioritario. Dove c’era bisogno di conoscere e di farsi riconoscere fuori dalle fasce protette.

 

Oggi si fanno le pulci (al tavolo siedono spulciatori eternamente esperti nel demolire le proposte altrui piuttosto che perorare le proprie) ad un paio di nomi. Se la politica avesse provato ad opporsi alla destra in una maniera semplicemente “normale”, privilegiando l’ardua ma possibile interlocuzione con chi va conquistato a valori e proposte anche se non legge né i chilometrici interventi sui giornali né le mozioni e le interpellanze, beh forse oggi i nomi da mettere in campo sarebbero di più. Forse sarebbero perfino nomi nuovi. In arrivo da mondi nuovi. Con nuove idee.

 

Forse scompiglierebbero. Forse no, ma almeno ci sarebbe un briciolo di suspense. Invece no. Invece il rito è il rito. È il rito dei tavoli dove trovano posto anche coloro che non rappresentano più nemmeno sé stessi ma se la raccontano come se dietro avessero interi continenti. Se, tanto per dire, i socialisti in Trentino stanno nelle dita di una mano a nome di chi pontifica da sempre il simpatico Pietracci? E che dire dell’avvocato che rispunta inesorabilmente ad ogni spiffero di elezione? Più o meno Europa? O di chi tuona (è un Boato) nel dar pagelle senza mai porsi il problema (che è un problemone) che nell’area ecologista il ricambio generazionale, anche grazie a lui, sembra drammaticamente al verde? E infine mette un poco di malinconia anche il debutto di un giovane vecchio: il nuovo segretario Pd nemmeno si sogna di giocare una qualche carta creativa se non altro per marcare una novità anagrafica nel partito dei sempiterni. Loro, i sempiterni, gli si sono stretti attorno con la corda nascosta sotto la giacca.

 

Va così. E così – chiunque scelgano nella scarna lista dei papabili al martirio elettorale – l’Alleanza democratica ha già perso l’ennesima occasione. Che sia presunzione o masochismo poco importa. Il calcio, così come le elezioni, non è una scienza esatta. Nel calcio, però, quando sulla carta non hai alcuna chances puoi almeno giocarti l’effetto sorpresa: fuori i senatori e dentro chi corre, dribbla, inventa, spiazza. Dentro un poco di imprevedibilità. Nel calcio trovi chi corre, dribbla, inventa e ribalta i pronostici solo se giri in campetti di periferia. Se osservi. Se impari. Se poi dai spazio e vero protagonismo ai fantasisti. Lo sapranno quelli dell’Alleanza? E sì che di calcio s’intendono. Sono anni che danno calci all’umiltà e piuttosto che cambiare modulo fanno festa quando non perdono a zero così come è accaduto alle elezioni nazionali con un eletto pieno ed una beneficiata dai resti.

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