Bisesti la conosc(i)enza e gli esami alle elementari, almeno sul servizio civile torni indietro: a marzo lo lodava e oggi lo taglia?
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Si presentò alla grande. Con un grande errore grammaticale, piazzato al primo giorno di ''lavoro''. “Appena conclusa la mia visita al Dipartimento Conoscienza”. Con quella “i” di troppo si era scatenato un inevitabile ludibrio. Prevedibile, forse eccessivo. In fondo era solo un inciampo. Se lo sarebbero dimenticati tutti se oltre all’incerto lessico Mirko Bisesti avesse mostrato doti di governo appena accettabili. Invece no. L’assessore in questione ha passato il primo anno e spiccioli di legislatura vagando malfermo tra luogo comune e buio pesto. Ha gettato nello sconforto schiere di addetti ai lavori biascicando il suo mantra: “La cultura è importante” o “La scuola è importante”. Oppure, “I giovani sono importanti”. Un po' come ripetere “Il sole scalda”, perché già “la terra gira” implica un minimo di conoscenza. Senza la “i”.
Chi di Bisesti contesta l’inconsistenza soffre sempre più gravemente della sindrome da imbarazzo. Lo attacchi il Bisesti. Se non lo attacchi, lo sproni a guadagnarsi se non la gloria almeno lo stipendio. Denunci la sua incapacità di affrontare una quale che sia questione, tra le tante che compongono le sue ben retribuite competenze. Niente, l’assessore deve essere un ologramma: le critiche lo trapassano, senza lasciare segno. Come se al dì là dell’ologramma ci fosse un muro riflettente, ti torna indietro la disperazione. Solo che ti torna indietro nella dimensione di un’irrealtà aumentata. Un’irrealtà fatta di “faremo” e di “stiamo valutando”: il tempo passa e i problemi invecchiano. Nel mentre Bisesti rinvia serafico ogni sua azione di sostanza alla fine della legislatura, i guai si accavallano. Si moltiplicano. Scuola e cultura sono in perenne lista d’attesa: se non di miglioramenti, almeno di non peggioramenti.
Fatti? È chiedere perfino troppo. Siamo ancora ad uno stadio primordiale. Si attende, insomma, che l’assessore si renda conto di essere l’assessore anziché dare l’impressione devastante di essere un “passante” in piazza Dante. Di definizioni negative a Bisesti ne sono state affibbiate tante: inadeguato è probabilmente la più bonaria. Lui non replica. Forse è un fan del detto “il silenzio è d’oro”. Forse è un socratico del “so di non sapere”. Ma si dubita. A dirla tutta viene da dire che Bisesti farebbe bene a tacere se è vero che nell’improvvisazione non prende né le lucciole né le lanterne. Per avere conferma non occorre spingersi troppo indietro nella sua storia di assessore che non farà storia. Pochi giorni fa in un’intervista scarsa di sale e scarsa di pepe se n’è uscito assicurando che i bambini di quinta elementare faranno l’esame come hanno sempre fatto. Sì, come hanno fatto per l’ultima volta nel 2004. Poi l’esame fui abolito per tutti tranne che per l’assessore provinciale all’istruzione.
Si è corretto dopo la pubblicità? Forse. Ci ha provato, dopo che gli è stato fatto notare l'errore. Come si era corretto dopo che tutti gli avevano detto che conoscenza si scrive senza ''i''. Resta la gaffe su argomenti che dovrebbe conoscere come le sue tasche. Bisesti è questo. Prendere o lasciare? La seconda ipotesi sarebbe un bene per il Trentino. Ma non accadrà. Il Trentino dell’istruzione e della cultura con Bisesti rischia il “di male in peggio” , con amara disillusione di docenti, studenti, artisti, organizzatori e chi più ne ha più ne mobiliti prima che sia troppo tardi. Quello che di Bisesti era fino a pochi giorni fa non conosciuto, nella ricca casistica dei suoi limiti, è l’attitudine al dissociarsi: da sé stesso. Illuminante e per nulla illuminata la scelta di sospendere il servizio civile provinciale, vale a dire la possibilità offerta ai giovani di lavorare per un anno nei servizi sociali e culturali dietro dignitoso compenso.
Perché Bisesti sembra dissociarsi da sé stesso? Perché non più tardi del 16 marzo ha firmato lui – non i suoi dissacratori – un messaggio di elogio ai ragazzi impegnati nel servizio civile provinciale: “Voi – diceva loro in piena emergenza Covid – potete essere un importante tassello di ricostruzione della socialità, dando esempio ai vostri coetanei”. E ancora più beffardamente Bisesti si buttava sull’aulico: “Vi invito a riprendere con forza il cammino intrapreso una volta terminata la fase di emergenza, assieme alla rassicurazione che le istituzioni provinciali stanno facendo il possibile per tutelare e difendere la popolazione in questo difficile momento”. Leggendo e approvando questo messaggio cosa si può aspettare un normodotato? Forse che il servizio civile venga rafforzato. Meno che mai che con un improvviso colpo di spugna a meno di due mesi di distanza dai complimenti, la Provincia fugattiana blocchi la strada ai giovani che avevano in mente di partecipare ai bandi del servizio civile provinciale già programmati per settembre e poi in inverno.
Ma il giovine assessore ci è o ci fa? Come si fa ad esaltare con ogni crisma di ufficialità un servizio che indiscutibilmente è un fiore all’occhiello del Trentino per poi immolarlo - come se nulla fosse - a discutibili ragioni di cassa? A fronte di un paio di milioni l’anno di spesa, la resa del servizio civile provinciale è testimoniata dalla soddisfazione di realtà associative, enti ed istituzioni che fanno svolgere a ragazze e ragazzi importanti percorsi di aiuto ai più fragili, di impegno negli ambiti culturali e sociali: cooperative, musei, Comuni, onlus eccetera. Quei seicento euro di compenso mensile che lo stesso Bisesti, (quel che è di Cesare…), volle concedere come paga provinciale rispetto ai 480 euro del servizio civile nazionale sono ad oggi il solo punto a favore dell’assessore da inizio legislatura.
Ma il nostro non sarebbe tale se difendesse a spada tratta – in giunta provinciale – il suo stesso pensiero. A Bisesti è dunque lecito domandare un briciolo di coerenza. O con impertinenza dirgli “Torna in te”. È anche lecito domandare a lui, a Fugatti e tutta la giunta come cavolo considerano 600 euro in cambio di lavoro, (e si badi, tanto) da concedere ai giovani che vogliono impegnarsi nel servizio civile. Non sono forse un aiuto ai giovani ma anche alle famiglie in questo drammatico periodo di crisi crescente e post virale? Non sono forse un’occasione di inserimento, di prospettiva e forse anche di futuro assicurato ai giovani? Negli anni, non sono pochi quelli che hanno stabilizzato il loro rapporto con le realtà dove hanno svolto il servizio civile.
Ancora, in un momento di gravi ripercussioni sociali quale è la depravazione che porta a chiudere la porta ai giovani piuttosto che spalancarla alle loro energie e al loro impegno. Un impegno “civile”, appunto. Allora all’assessore Bisesti diciamo ''torna in te''. Quella che si può suggerire si chiama “marcia indietro”. È una terapia efficace contro gli errori palesi. Non fa perdere la faccia, semmai la riabilita. Si riattivi allora subito il servizio civile provinciale. Perché? Perché non è un costo ma un investimento di cui andar fieri. Se la Provincia cerca soldi per far fronte all’emergenza guardi alla voce “sprechi”. Tra piste di sci sotto il livello del mare e l’innalzamento oltre i livelli di decenza delle paghe di qualche dirigente, i risparmi non sarebbero così complicati. Risparmiare sul servizio è certo più facile. Ma è incivile.