Andrea Merler, i "sudici sudisti" le giustificazioni peggiori della gaffe e il sospiro di sollievo nel vederlo (almeno) all'opposizione
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Nel 1985, Carlo Vanzina girò senza infamia e senza lode (ma con buoni incassi), un thriller all’acqua di rose. Quel noir a luci vagamente rosse resta tutt’ora famoso più per il titolo - generalizzabile a diversi contesti - che per il contenuto cestinabile. “Sotto il vestito niente”: così titolava.
Nel dover registrare più con divertimento che con ribrezzo la perniciosa tendenza al masochismo di Andrea Merler – spesso firmatario di stupidaggini social-politiche su Facebook – torna alla mente quel “Sotto il vestito niente”. Torna attuale la metafora del titolo.
Per vestire, Andrea Merler veste bene. È un giovane avvocato. Rampante forse, pimpante di sicuro. Spicca per l’abbigliamento, sempre ben curato. Ideologicamente, Merler tende al nero. E vabbè.
Esteticamente, Merler è campione di indubitabile coerenza cromatica quando abbina giacca, pullover, camicia, panciotto, cravatta e pochette. È ricercato anche nel “casual”. Purtroppo appare “casuale” – e dunque toppa - quando rincorre il modo di farsi notare.
Tra impeccabilità estetica e eleganza c’è un abisso. I più lo chiamano cultura. Una cultura che non è erudizione – mica si può pretendere che ogni politico sia un Einstein – ma che certamente è una caratteristica acquistabile senza sforzo se si conosce l’indirizzo del mercato dell’umiltà.
La cultura che qui si intende - che si vorrebbe finalmente manifesta in chi vuol far politica di governo ma anche di opposizione - è il buonsenso. Di più, il buon gusto. Sennò, “volente o nolente” - come cantano duettando Ligabue e Elisa - “sotto il vestito” resta solo e soltanto il “niente”.
Il più recente “niente” di Andrea Merler è uno di quei vaneggi che di tanto in tanto accumunano sia gli alcolisti che gli astemi. Ieri l’altro Merler voleva attaccare da destra un governo che a suo dire “ignora la montagna e la sua economia” posticipando – (forse al 18 gennaio) l’apertura degli impianti sciistici.
In un sintetico excursus nella più labirintica delle elucubrazioni, Merler ha tracciato il suo strampalato identikit dei “killer della montagna” (e dunque del Trentino).
Identikit politico? Magari: sarebbe stato legittimo per un fiero oppositore del governo nazionale e cittadino. Sarebbe stato naturale per un avvocato che quando va all’attacco con bionda e solenne sicumera sembra un toro daltonico: vede rosso anche quando di fronte ha un rosa che più pallido davvero non si può. No, l’identikit volgarmente polemico di Merler non ha – purtroppo - nulla di politico. È un identikit geografico. È etnico, e nemmeno velatamente. A dirla tutta è scemo, ma non si può chiuderla qui.
Per Merler il governo calza solo infradito. Insomma, non conosce la forza degli scarponi perché “vien dal mare” come l’immortale Serbelloni Mazzanti di fantozziana e immemore genialità. “Venire dal mare” all’avvocato delle cause (politiche) perse deve suonare come una ragione di “logica insensibilità” alle esigenze del portafoglio nordico. Conte è nativo del sud. Con Di Maio forma una coppia “terrona” e tanto basta a Merler per additarli ad affamatori dell’impresa alpina, degli impiantisti, degli albergatori e dell’indotto tutto.
Si fosse accontentato di questa iperbole del pensiero avariato, l’avvocato avrebbe potuto implorare la clemenza della corte e patteggiare con scuse. Ma quando l’estetica manca di etica non c’è via di fuga retorica. Ci si può solo impantanare nella propria presunzione di incoscienza e fare altri danni. Cosicché Merler ha chiuso la sua filippica autolesionista (e lesiva di quanti politicamente stanno dalla sua parte) con un appello alla resistenza ai “sudici sudisti” di governo.
Vero è che quando gli hanno fatto notare - anche da destra - che aveva urinato fuori da tutti i vasi dello scibile e della convenienza politica, lui ha provato a correggere il tiro. Lo ha fatto scopiazzando la Treccani senza sapere cosa doveva copiare. Ha azzardato goffamente una differenza tra “sudista” e “meridionale” che avrebbe dovuto scagionarlo e che invece lo ha ancora più inguaiato. E sì che il detto “toppa più grande del buco” dovrebbe essere universale. E sì che anche l’avvocato dovrebbe sapere che la peggiore delle toppe nell’indole xenofoba è quella di chi candidamente giustifica schifezze dicendo “Non sono razzista, ho tanti amici neri”, oppure “Non sono omofobo, ho tanti amici gay”. Lui, immancabilmente e inesorabilmente, ha spiegato di avere “Tanti amici meridionali”.
A Merler ora tutti chiedono le scuse per il ruolo istituzionale che ricopre senza apparente cognizione. Chiedono scuse da sinistra, dal centro e - spiazzati e imbarazzati - anche da quella destra che con i “sudici sudisti” governa la parte bassa dello Stivale italico, isole comprese.
C’è chi ne pretende le dimissioni da vice presidente del consiglio comunale di Trento. C’è chi mette un cero a chissà quale Madonna per lo scampato pericolo di ritrovarselo sindaco anziché minoranza della minoranza in Comune. Probabilmente non ci saranno conseguenze. Se ci fossero, meglio.
Nell’attesa senza alcuna trepidazione proviamo a tornare al punto di partenza. Proviamo a suggerire anziché pretendere pentimenti e cenere. Proviamo a chiedere a Merler, semplicemente, di scendere dal piedistallo fragile di goleador nella propria porta. Ci siamo spanciati quando per primo, bicchiere in mano, Andrea Merler ha brindato alla panzana di Fugatti che prometteva di portare a Trento Vasco Rossi per raccattare qualche voto in più alle comunali. Abbiamo catalogato alla voce “ingenuità” quelle sue foto gioiose sulla neve assieme al fantasmagorico Baracetti all’indomani della notizia che gli assembramenti davanti agli impianti avevano diffuso il virus in ogni dove in Trentino e in Italia.
Abbiamo quasi avuto invidia nel vedere quelle foto caricate su Facebook mentre gozzovigliava per una Pasqua all’aperto, in famiglia, mentre il distanziamento anti Covid era il primo consiglio accorato dei sanitari. Reati? No, ma significativa inopportunità sì.
Ci siamo quasi commossi nel constatare quanto Merler fosse approssimativo anche nella storia: pochi mesi fa scambiò Palazzo Geremia per il Palazzo d’Inverno e Ianeselli con Lenin.
Ma adesso no. Stavolta l’ansia da “postazione” (i social, che iattura per chi non sa dosarsi), ha messo Merler davvero a nudo. “Sotto il vestito niente”, se non un “intimo” da primo della classe. Primo in sicumera. Per decenza, quell’intimo dovrebbe nasconderlo. Non serve affidarsi ad un sarto, né ad un curatore di look. A volte basta pensare. Spesso, basta tacere.