Ambrosi, meglio un giorno da leoni (da tastiera) che cento a votare e far politica nell'anonimato? Ok, ma lasci stare Gaber se (come è evidente) non l'ha capito
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
“Tené 'a capa sulo pe spartere 'e rrécchie” (ha la testa unicamente per dividere le orecchie). Benedetti campani. Quando ti difetta l’ironia come arma salvifica ecco che ti viene in aiuto uno dei detti più semplici, azzeccati e ficcanti del dialetto napoletano. Pensi a quanto siano inutilizzate le teste (“a capa”) di troppi politici di una sponda e di quella opposta. Ti immagini il vuoto dentro il cranio, il cervello desparecido, l’aria fritta che esce da bocche in troppi casi senza ritegno.
Vorresti riderci perché la risata, anche la più amara, in fondo è sopravvivenza. Ma non ce la fai e allora, appunto, benedetto proverbio napoletano. Il politico/a (e chi ce l’ha mandato) che ha la testa unicamente per tenere separate le orecchie ignora ogni categoria dell’assurdo e dell’inverosimile. Dategli una leva, anche secondaria, per esercitare l’ego ed il potere (anche le briciole) e lui/lei solleverà il mondo: il suo mondo di stratosferiche scemenze che si farà pulviscolo per i media.
Tra i politici/e che hanno la testa ad uso improprio la peggior specie è quella dei “citanti” (che purtroppo non sono pochi a destra e a sinistra). I citanti, coloro cioè che impudentemente si appropriano di intelligenze altrui per fare strame sia del buon senso che del buon gusto con un abuso scellerato dei riferimenti artistico, letterari, culturali. Sono, costoro, gli abitudinari della toppa più grande del buco. Sono quelli che una volta esposti a rabbia e ludibrio per le loro esternazioni fuori di luogo e fuori di senno, s’arrampicano su di un iperbolico giustificazionismo come chi scala i ghiacciai con i tacchi a spillo.
A quest'ultima categoria va iscritta di diritto (e di rovescio, ma di stomaco) la sorella d’Italia Alessia Ambrosi. Lei che fu leghista fulminata sulla via di Meloni che le ultime elezioni nazionali hanno traslocato dal consiglio provinciale trentino a Roma. Lì, in Parlamento, devi sgomitare per non farti relegare all’anonimato per un intero quinquennio. Si sgomita e si alza il gomito da sobri (forse è anche peggio) sparandole grosse. Sempre più grosse ma anche, obbligatoriamente, sempre più pubbliche: sempre più social.
Cosicché la parlamentare trentina non ha trovato di meglio che proporre un suo patologico gioco delle differenze che distinguerebbe destra (la sua destra) e sinistra per il fatto che la prima gode del vino e del buon cibo mentre la seconda mangia insetti. E ancora, la sua destra ama decoro e sicurezza mentre la sinistra imbratta i monumenti a abbonda di stupefacenti. Gli S/paragoni dell’Ambrosi (che non finiscono purtroppo qui) le sono serviti a definire (e definirsi) i “tipi” di destra e quelli di sinistra. Nulla più che una fanciullesca divagazione culturale per un soggetto che deve aver avuto un attacco di nostalgia per quando in consiglio provinciale a Trento era presidente della commissione cultura. Evidentemente il fatto di aver presieduto quell’organismo (nemmeno male, almeno nelle dichiarazioni perché i fatti sono altra cosa) deve aver legittimato Ambrosi a sintetizzare in poche righe un’enciclopedia del luogo comune, alla faccia di chi studia una vita prima di teorizzare e darsi con dignità alla saggistica.
Ma si sa, ad un politico/a basta un nulla. Se per esempio è a capo di una commissione sanitaria te lo puoi ritrovare in sala operatoria ad armeggiare con il bisturi. Bisogna capirla la Sorella italica che crede certamente al motto “meglio un giorno da leoni (della tastiera evidentemente) che una legislatura da pecora'' che alza la manina attenta senza che nessuno se la fili nemmeno di striscio. A dire la verità verrebbe perfino da applaudire alla sua capacità di superare ogni decenza, buttandosi su elucubrazioni piuttosto trite oltre che tristi: mancavano solo i comunisti mangia bambini.
Se insomma l’Ambrosi avesse rivendicato il suo medioevalismo ad uso pubblicitario, beh in fondo “chapeau” alla coerenza. Ma invece no. Invece Alessia è diventata Alexa (quella di Amazon) e da amazzone delle cavalcate a marcia indietro ci ha disarcionati da ogni tentativo di comprensione. Alla domanda “chi te lo ha fatto far?” (domanda che gli ha fatto tutta l’Italia giornalistica ghiottamente attirata dalle sue esagerazioni) lei ha bellamente risposto che s’è ispirata a Giorgio Gaber.
E qui dall’errore (dei paragoni) l’Ambrosi si dà in sposa all’orrore. Lasci in pace Gaber. Lasci in pace quel genio inarrivabile (insieme a Luporini) di un teatro canzone lungimirante, imbarazzante, fastidioso (specie per la sinistra dei suoi affetti) e soprattutto non incasellabile dentro stupide, strumentali e meschine appartenenze. È qui che Ambrosi ha provato a rattoppare il suo strappo con l’intelligenza finendo col fare un buco che al confronto quelli neri dell’universo sono nei. Il Gaber di “destra e sinistra” è lontano una stratosfera dalle miserie di chi ne fa un’appropriazione indebita magari conoscendolo ma a quanto pare senza averlo capito.
Quando il fu signor G (maturato nel sarcasmo di un’amarezza sempre più devastante per un mondo già ampiamente devastato nella materia e negli ideali) fece l’impareggiabile parallelo tra destra e sinistra liquidò le incrostazioni e i luoghi comuni (dell’una e dell’altra parte). Non fece solo satira (ad un altro livello, cara la nostra Ambrosi). Gaber fece il fotografo da palchi pieni di tensione umana e sociale: immortalò nei flash di un testo epico per i disillusi di ieri e di oggi lo stato culturale e politico del Paese. Un'Italia ridotta dall’incultura a 360 gradi che gettava nel ridicolo chi fa il bagno nella vasca (sinistra) e chi fa la doccia (destra). Oggi quel precipitare nell’incultura narrato da Gaber con tutti il cuore e con la mente è una profezia purtroppo realizzata. E non è finita.
Gaber, da innamorato tradito, denunciava le promesse tradite di una sinistra che nel tempo (quanto a tradimenti) ha reso Giuda un simbolo di fedeltà. Quando Gaber bacchettava la destra lasciava l’ideologia fuori da ogni porta ma spalancava le porte alla democrazia (quella vera, quella dal basso, conquistata e non regalata): “Il saluto vigoroso a pugno chiuso è un antico gesto di sinistra/ Quello un po’ degli anni ’20, un po’ romano È da stronzi oltre che di destra”.
Soprattutto, più di tutto, Gaber ci sputava addosso dubbi anziché sentenze. Lui dubitava. Lui preferiva il grigio al bianco (o rosso) e al nero. Dubitando interrogava, si interrogava, ci interrogava. Prendere a prestito Gaber per spiegare le proprie ridicole certezze (il male da una parte, a sinistra, il bene a destra) è criminale. Non è per le frasi cretine sui “tipi” di destra e su quelli di sinistra che la deputata Ambrosi va criticata. Lei che si definisce “tipa di destra” è una “tipaccia”, per essersi barricata (a posteriori e dopo il casino) dietro un genio che non è incompreso ma che lei non ha di sicuro compreso.
Se Alessia Ambrosi conoscesse davvero Gaber forse tituberebbe nel citarlo a sproposito: Mi scusi Presidente – cantava in “io non mi sento italiano” - ma ho in mente il fanatismo delle camicie nere al tempo del fascismo. Da cui un bel giorno nacque questa democrazia che a farle i complimenti ci vuole fantasia.” Ecco, ci vuole fantasia per farsi gaberiana insultando Gaber, la sua storia, quel suo cervello che stava in una testa che non serviva a tenere “separate le orecchie” ma a farle ''alzare'' a quelli che avevano, hanno e avranno la fortuna di apprezzarlo (e capirlo). E chi ha orecchie per intendere intenda, gli altri ascoltino solo.