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“Ritratto della giovane in fiamme”: visione femminile tra miti e pregiudizi

Il film di Céline Sciamma, in sala all'Astra, dimostra come la presenza maschile nel cinema non sia indispensabile. Una storia d'amore tra una ritrattista ed una nobile accompagna lo spettatore in un universo settecentesco fatto di tabù e passioni segrete, dialogando costantemente con l'arte pittorica e i miti classici
DAL BLOG
Di Alda Baglioni - 24 dicembre 2019

Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore

TRENTO. Viva la vita! E l’Arte è necessaria. In Ritratto della giovane in fiamme della regista francese Céline Sciamma il mito di Orfeo ed Euridice si rivela tra visi illuminati dalle fiamme di candele come nei quadri del pittore Georges de La Tour. I paesaggi incontaminati e le donne bretoni, saranno soggetti prediletti da Paul Gauguin.

 

Il film non è passato inosservato a Cannes, ha vinto per la sceneggiatura e la Queer Palm ed è candidato al Golden Globe. Nel 1770 una pittrice ritrattista insegna come dipingere dal vero. Il carboncino scivola tra le mani e lei posa per le sue alunne spiegando come si guardano le cose.

 

Un flash back la riporta indietro nel suo intenso passato. Lei Marianne (Noemie Merlant) viene richiesta per un lavoro in un luogo sperduto in Bretagna. La donna deve dipingere il ritratto di una ventenne Heloise (Adele Haenel), appena uscita dal convento. Il quadro dovrà arrivare ad un nobiluomo di Milano che la sposerebbe.

 

La sorella di Eloise è morta accidentalmente (forse) cadendo dalle scogliere e lei non vuole farsi ritrarre. La madre contessa (Valeria Golino) suggerirà alla pittrice di fare il ritratto di nascosto. La fotografia rigorosa e pulita, rivela il percorso dell’innamoramento fra le due donne. Un gioco di sguardi che coinvolgono anche la fantesca (Luana Bajrami).

 

Le tre donne si scoprono complici, quando la contessa si allontana per sei giorni. Intensa la discussione fra loro sul mito di Orfeo ed Euridice: ognuna avrà un differente punto di vista. Sguardi condivisi, passioni che crescono, il fuoco del camino nella casa isolata richiama sguardi infuocati.

 

Tra verità e finzioni, il film ci mostra la pratica dell’aborto (scena indelebile) in Bretagna. Trascorre del tempo ma l’amore mantiene il suo ardore nelle pareti di un’esposizione di quadri dove riappare un numero “28”. Senza colonna sonora, la musica si sente nella canzone del Sabba delle donne bretoni nella notte ed appare a teatro con le celebri note di Vivaldi.

 

La regista dice che, ai tempi, le donne non potevano ascoltare musica e non era consentito disegnare uomini nudi e dipingere quadri mitologici. Infatti Marianne dovrà firmare con il nome del padre anch’egli pittore. Ed attualmente?

 

Ora le donne nell’arte sono ancora poche e sempre meno pagate in confronto agli uomini. E se una donna raggiunge un po’ di popolarità si pensa che sia “compromessa” con qualche uomo influente. L’agguerrita regista dice di essersi ispirata ai film Lezione di piano di Jane Campion ed a La marchesa von... di Eric Rohmer dimostrando, in questo lavoro elegante e potente, che la presenza maschile nel cinema non sia necessariamente indispensabile. Il film è presente al cinema Astra di Trento.

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