''Le otto montagne'', dall'opera di Cognetti al grande schermo (va visto al cinema) è un viaggio senza distrazioni. Un grande cast per una grande storia
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
Un viaggio senza distrazioni. Il film “Le otto montagne” dei registi belgi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, ci trasmette l’intimità di un rapporto di amicizia senza tempo. La scelta del formato 4/3, la bravura dei due bambini, Cristiano Sassella (Bruno) e Pietro Lupo Barbiero (Pietro), la colonna sonora efficace di Daniel Norgren, ci coinvolgono fin dall’inizio. Dal romanzo omonimo del milanese Paolo Cognetti che ha vinto il Premio Strega ed il Premio ITAS nel 2017, il film, dedicato a Gabriele Rambo Vuillermin, non è da meno e presentato in anteprima a Cannes 2022, vince il Premio della Giuria.
Il titolo “Le otto montagne” è legato ad un’antica leggenda nepalese: al centro del mondo c’è la montagna altissima, intorno ci sono otto mari e otto montagne. Una storia che vede Pietro, un bambino di Torino, proiettarsi nel mondo rurale della Val d’Aosta, Graines, dove in estate la mamma (Elena Lietti), vive con lui in una casa della minuscola frazione. Il padre, ingegnere in un grande stabilimento piemontese, è un tenace appassionato di montagna e quando può scala con il figlioletto. Pietro incontra in questo paese sperduto, un unico bambino, Bruno, pastore della sua stessa età, il cui padre muratore lavora lontano ed è sempre assente. Nasce tra i due bambini una profonda amicizia.
Dal romanzo di formazione, al cinema che coinvolge e trasmette emozioni. Dice Cognetti: ''Non è un’autobiografia, ma nasce in maniera molto chiara dalla mia vita e dal rapporto con questi luoghi''. Luoghi che lui decisamente ama, il borgo di Brusson, in Val d’Ayas, dove ha scelto di vivere tra un viaggio e l’altro in Nepal. Lo scrittore, tra l’altro, compare in un cameo nel film. Pietro, Luca Marinelli (vincitore della Coppa Volpi a Venezia nel 2019 con “ Martin Eden”di Pietro Marcello) dopo gli studi e vari lavori, decide di viaggiare ed andare in Nepal, per scoprire, tra le alte cime, se stesso. Bruno, Alessandro Borghi (Stefano Cucchi in “Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini), resta però nelle sue terre.
Pietro, dopo la morte del padre Giovanni (Filippo Timi) con cui non ha mai avuto un buon rapporto, scopre, tornando nei luoghi della sua infanzia, di aver ereditato una baita diroccata a Barma Drola.
Bruno, rivisto dopo vent’anni, gli racconta di aver frequentato spesso suo padre Giovanni, di aver scalato con lui e di avergli promesso che avrebbe rimesso in piedi la baita. I due si mettono al lavoro ed il luogo diventerà il rifugio dove riscoprire il loro rapporto. Si mette in discussione il nome “natura” quando Bruno vuole spiegare a Pietro ed ai suoi amici cittadini che la natura è un concetto astratto. Lui vive di cose concrete, il prato, il lago, il piccolo albero che i due sradicano dai ruderi della baita piantandolo sopra un colle.
Bruno in questi suoi luoghi si è fatto una famiglia ed ha una figlia, ma non sa organizzare l’azienda agricola che finirà per ricoprirlo di debiti e soffocare il suo rapporto con la compagna Lara, l’esordiente Elisabetta Mazzullo.
Tanti i temi che affiorano, il rapporto tra padri e figli, le aspirazioni che ci spingono a viaggiare o che ci portano a restare, il senso della vita. Dice il regista: “Io e Charlotte abbiamo perso i nostri padri molto presto e forse anche questo ha avuto un ruolo”. Un film in cui la sala cinematografica diventa essenziale come afferma Alessandro Borghi: “Penso che durante la fase Covid qualcuno si sia reso conto di non aver troppo bisogno del cinema, commettendo un errore totale...”. Ed ha ragione “Le otto montagne” conquista le sale cinematografiche italiane, al box office è già sul podio.