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"Empire of light", con il film candidato ai premi Oscar, il baronetto Sam Mendez torna nel Regno Unito per esplorare se stesso

DAL BLOG
Di Alda Baglioni - 12 marzo 2023

Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore

Il cinema è teatro di vita. Un parco divertimenti con annessa la sala cinematografica, in origine “Dreamland” è il luogo. E’ stato aperto dal 1923 fino al 2007, considerato uno dei più grandi cinema inglesi. Ora è diventato  d’interesse storico, impossibile da distruggere (la dice lunga sulle sale italiane). Siamo a Margate (spiaggia amata dagli inglesi nell’isola di Thanet) nella contea del Kent.

 

Il film “Empire of light” scritto (per la prima volta) e diretto da Mendez è ambientato negli anni ottanta, i discussi anni del Primo Ministro Lady Thatcher.

 

"L’Empire è costruito su un cinema che io stesso ricordo abbastanza chiaramente", dice il premio Oscar Sam Mendez. Il regista, nato artisticamente in teatro, con la sua innata attitudine ad entrare nell’intimo dei personaggi (ricordiamo “American beauty”) va oltre. 

 

La personalità della madre che ha vissuto la depressione quando lui era bambino, rinasce nella figura empatica di Olivia Colman (con “La favorita” vince la Coppa Volpi e l’Oscar). Mendez, nato a Reading torna alle sue origini ed affronta un argomento universale, l’attenzione verso l’altro.

 

Hilary vive sola, è la direttrice rigorosa del cinema  e non ha mai visto un film. Ama la musica e la poesia di Tennyson, Eliot e Larkin che recita. Il suo capo, Donald Ellis (Colìni Firth) la chiama spesso nel suo ufficio per abusare di lei.

I grandi spazi semivuoti nei piani alti, le vetrate affacciate sul mare, grazie alla fotografia, trasmettono un’atmosfera luminosa. La sua vita cambia quando un giovane inglese di colore Stephen (Micheal Ward), che vive con la madre infermiera, viene assunto. 

 

Si instaura un rapporto d’intimità fra i due che scoprono di avere tante cose in comune, come l’amore per la musica. Nasce una storia clandestina nei piani alti del cinema. Quando poi Stephen, subisce un ennesimo episodio di razzismo, viene picchiato selvaggiamente proprio nell’atrio del cinema  da una banda di skinhead che manifestano per strada, lei lo seguirà in ospedale.

 

Stephen vuole fare l’architetto, sulla spiaggia con Hilary si sente libero e corre verso il mare senza vestiti. Poi costruisce un castello di sabbia che lei, in preda ad una crisi, distrugge. Una storia impossibile nonostante le attenzioni del giovane.  Lei lascia il lavoro, chiusa in casa con la musica a tutto volume, da Bob Dylan a Cat Steven, dovrà tornare in ospedale.

 

Stephen rivede la sua ex fidanzata, si appassiona sempre più al mestiere di proiezionista ma il suo sogno è un altro, che riesce a concretizzare, si iscrive ad Architettura. Incontrando Hilary prima di partire, il giovane la convince a riprendere il lavoro, il capo è stato trasferito, i colleghi le vogliono bene e la sala cinematografica è un toccasana per la mente.

 

Hilary torna a lavorare all’Empire e chiede all’amico proiezionista  Norman (Toby Jones) in chiusura di farle vedere un film. Lui sceglie “Oltre il giardino”. Non c’è scelta migliore per entusiasmare Hilary.

Il film candidato a un solo premio Oscar, quello per la fotografia (Roger Deakins), negli Stati Uniti è vietato ai minori di 17 anni.

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