“E’ stata la mano di Dio”, la grande bellezza di Napoli e quel ''10'' che spinge Sorrentino fino agli Oscar
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
“Napule è mille culure”. Per rispondere al quotidiano francese Figaro che considera Napoli “terzo mondo d’Europa”, Paolo Sorrentino presenta nella sua città il film “E’ stata la mano di Dio” e dice “Napoli se l’è sempre cavata benissimo”. Anche lui. Ora è nelle sale italiane con varie polemiche. Sono state cancellate alcune programmazioni. La Lucky Red però conferma la possibilità di una distribuzione più ampia dopo la prima settimana. A Trento è al cinema Vittoria.
Il film ha vinto il Leone d’Argento Gran Premio della Giuria a Venezia 78, il Premio Mastroianni con l’azzeccatissimo protagonista Fabietto (Filippo Scotti) ed è candidato agli Oscar 2022 come miglior film straniero, Oscar già vinto da Sorrentino nel 2014 con “ La grande bellezza”. Al suo decimo film - e il 10 era il numero di Maradona - a vent’anni da “L’uomo in più”, il regista torna a girare a Napoli. Una sorta di autobiografia in cui Sorrentino racconta i suoi incubi ed i suoi miti.
Il primo è stato Maradona arrivato a Napoli nel 1984. Una famiglia felice quella di Fabietto, la madre Maria Schisa (Teresa Saponangelo), gioiosa amante degli scherzi, il padre Saverio Schisa (lo splendido Toni Servillo) ironico e accomodante, e poi il fratello Marchino (Marlon Joubert) che vuole fare l’attore. Poi ‘entra’ la zia Patrizia (la generosa Luisa Ranieri) che già nella prima scena in piazza del Plebiscito, appare senza veli. Viene accompagnata in macchina e portata dal munaciello, folletto dispettoso e preveggente, lei che non poteva avere figli. Un film evocativo che spazia nei luoghi noti al regista.
Come la sua casa, al Vomero, il lungomare, a Chiaia, la costiera amalfitana, lo Stadio San Paolo, oggi Stadio Maradona, Punta Campanella. il rifugio di Edoardo De Filippo, Capri, Stromboli. Il regista in scena Ciro Capano (Antonio Capuano), che gli trasmetterà l’amore per il cinema ed il teatro. Un omaggio ai cineasti, si evoca Fellini con “E la nave va’”, ed il napoletano verace, Massimo Troisi, grande ispirazione per Sorrentino. Tra ironia e dramma l’affiatata allargata famiglia si spezza. Una vita stravolta dalla morte dei genitori nell’incidente domestico, una fuga di monossido di carbonio a Roccaraso, nella casa di villeggiatura.
‘Fabietto’ si salva perché segue la partita in trasferta del Napoli, quella del primo scudetto. Una casualità fondamentale, che in realtà cambierà il corso della vita del regista campano. L’unico momento in cui mi sento a mio agio è quel tempo tra quando dico “azione” e quando dico “stop” - dice Paolo Sorrentino. E sostiene “Questo film l’ho scritto per spiegare ai miei figli i miei silenzi”. Ed anche a noi. Mai rinunciare al futuro.