Cannes 72: tra ricchezza e povertà vince "Parasite", un film coreano. Per Bellocchio niente premi ma tanta popolarità
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
Ricchi e poveri, un conflitto che non ha confini. Ce lo dice la Palma d’oro a “Parasite- Parassita” del sudcoreano Bong Joon-ho (già apprezzato con “Snowpiercer”). Le relazioni umane, lo scontro tra classi sociali, drammatico ed a volte inaspettato, conquista l’attenzione della giuria del Festival di Cannes, presieduta dal regista messicano Alejandro Inarritu.
Il film mostra una famiglia normale che entra nel vortice delle disgrazie e rinuncia amaramente alla sua classe sociale. Come emergere dal sommerso? Grande soddisfazione per la Corea del sud che riceve un premio così ambito, per la prima volta.
L’Oriente (quasi dimenticato dalla Mostra del cinema di Venezia) affascina Cannes. Anche lo scorso anno “Un affare di famiglia” del geniale regista giapponese Hirokazu Kore’eda ha vinto la Palma d’oro.
Non passano inosservati a Cannes i fratelli Dardenne pluripremiati, che vincono con “Le jeune Ahmed” il premio per la miglior regia. Un adolescente musulmano abitante in Belgio, in un ambiente anonimo, segue un imam che lo porta verso una follia omicida. Novità, il premio al miglior attore assegnato allo spagnolo Antonio Banderas che interpreta Salvador Mallo in “Dolor y gloria” dell’amato regista Pedro Almodovar. Il regista è l’alter ego della Spagna.
Una sorta di autobiografia, fatta di flashback dove Almodovar si mette a nudo con Antonio Banderas con lui ha condiviso in quarant’anni otto film. Sono in simbiosi i due, senza veli, con schietta esigenza di mostrarsi e mostrare le origini dell’omosessualità, l’affetto per la madre (Penelope Cruz che non poteva mancare e da anziana, Julieta Serrano), la passione per il cinema. Il film entusiasma anche per la presenza del piccolo Salvador (Asier Flores) in scene fondamentali, per esempio, quando raccoglie le figurine degli attori, quando canta.
Almodovar si scopre nelle ambientazioni, come i mobili della sua cucina, i suoi quadri d’autore (Guillermo Perez Villalta) e nelle inquadrature che ricordano il suo passato. Squisitamente spagnolo, il film è certamente capace di smuovere i sentimenti.
Un’altra novità: Grand Prix speciale giuria ad “Atlantique” della regista di origine senegalese, una scoperta, Mati Diop. Un dramma di profughi che vanno con i barconi verso la Spagna.
Sconfitto Quentin Tarantino con “C’era una volta a … Hollywood” che, nonostante il suo consistente cast, Leonardo di Caprio e Brad Pitt, non vince nulla. Forse ha sbagliato festival. Anche Marco Bellocchio, illuso dai tredici minuti di applausi dopo la proiezione, rimane a bocca asciutta, con il suo “Il traditore”.
Un film potente che racconta drammatiche storie di mafia. L’interpretazione impeccabile di Pierfrancesco Favino che fa rivivere Tommaso Buscetta, non stupisce la giuria che viene colpita dalla freschezza e dalla sincerità di altre interpretazioni.
“Il traditore”, già nelle sale, mette in scena fondamentali eventi che coinvolgono non solo l’Italia.
Notevole la presenza di Luigi Lo Cascio ( Totuccio Contorno), palermitano d’origine, il dialetto è essenziale per capire l’atmosfera. Il processo alla mafia, il rapporto di Buscetta con il giudice Giovanni Falcone (la sua tragica morte prevista da Buscetta) e con le famiglie di “Cosa Nostra”, fanno parte di una memoria collettiva che sicuramente i giovani vorranno conoscere (già lo dimostra l’affluenza nelle sale). Studiare il passato per capire il presente.
Il film è acquistato dalla Sony per la distribuzione americana e viene venduto in venti Paesi. “Il traditore”, unico film italiano in concorso a Cannes, non porta a casa premi ma un prestigioso posto nel mondo.