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“1917”: La guerra non ha vincitori

Il film è composto da una decina di grandi scene d’azione tra piano sequenza e long-take. La guerra secondo il premio Oscar britannico Sam Mendes, co-sceneggiatore con Kristy Wilson Cairns
Foto tratta da Wikipedia - copyright Universal Pictures
DAL BLOG
Di Alda Baglioni - 26 gennaio 2020

Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore

TRENTO. Il trucco c’è ma non si vede. Sembra un unico piano sequenza ma non lo è “1917” del premio Oscar ( nel 2000 con American beauty) britannico Sam Mendes, co sceneggiatore con Kristy Wilson Cairns. In realtà il film è composto da una decina di grandi scene d’azione tra piano sequenza e long-take.

 

Come si realizza? Con uno schermo che diventa nero, si aggancia la telecamera ad un cavo, si corre su una jeep. L’effetto è un coinvolgimento adrenalinico che mantiene l’interesse per quasi due ore.

 

Una messa in scena sorprendente per un war movie che ha sorpreso tutti. Il film si aggiudica due Golden Globe come miglior film drammatico e miglior regia. Ottime aspettative verso la notte degli Oscar. Il film è candidato a dieci premi Oscar.

 

Se lo potrebbe prendere finalmente Thomas Newman per le musiche. Newman, insieme a Mendes in “American Beauty”, è stato nominato ben quindici volte agli Oscar senza mai ottenerli.

 

La cinematografia è avida di piani sequenza storici. Da Orson Welles con “Quarto potere”, ai giorni nostri con Aleksandr Sokurov e “L’arca russa”, al premio Oscar “Birdman”di Alejandro Inarritu, fino al premiatissimo “Il figlio di Saul” di Laszlo Nemes

 

Mai però in un film sulla Prima Guerra Mondiale. Qual’è la motivazione? Il regista dice che di film sulla Grande Guerra ce ne sono pochi, la natura della guerra è statica ma l’abbandono dei tedeschi dalle trincee ha innescato in Mendes l’idea che già con “Spectre”, aveva collaudato.

 

La storia trae origine dalle testimonianze del nonno Alfred Mendes, che gli racconta il suo vissuto in guerra quando il regista aveva undici anni circa. Il film viene dedicato proprio a lui.

 

Siamo nel nord della Francia, il 6 aprile 1917; l’esercito tedesco sembra essersi ritirato oltre la linea Hindenburg e due giovani caporali inglesi sono seduti sotto un albero parlando serenamente. Ma l’incubo della guerra è in agguato sulle loro vite. I due devono portare a termine una missione che il generale affida loro: consegnare un messaggio al battaglione, attraversando il territorio nemico “abbandonato”, per interrompere gli attacchi e salvare 1600 soldati da un agguato tedesco. Nel battaglione c’è proprio l’amato fratello di Blake(Dean- Charles Chapman).

 

L’altro, Schofield(George Mackay), è poco motivato alla missione ma la drammaticità degli eventi gli farà cambiare idea.

 

Un viaggio circolare del protagonista che corre tra interminabili trincee, scavalca campi di battaglia e sprofonda nelle acque tumultuose. Non è possibile sbagliare, specialmente la luce. Infatti il direttore della fotografia premio Oscar Roger Deakins non si smentisce, mettendo in evidenza dettagli empatici come i petali dei candidi ciliegi in fiore.

 

Un film che gioca sulle emozioni e rimuove concetti espressi anche nelle parole di Fabrizio de Andrè in “La guerra di Piero”. In guerra vince chi sopravvive.

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