Referendum Biodistretto: “Un'occasione per produrre cibo sano e creare catene locali a vantaggio di produttori e consumatori”
Marco Tasin è tornato in Trentino da poco più di un anno, dopo un'esperienza in Scandinavia e un ruolo come professore associato di Agroecologia, aprendo un'azienda agricola nel capoluogo: “Alla base della mia attività la necessità di dare vita ad un ecosistema produttivo capace di connettersi con il territorio. È una sfida quella che sto portando avanti”

TRENTO. “E' una disciplina che ingloba tutti gli aspetti scientifici relativi al cambiamento che sta interessando l'agricoltura per puntare a modelli più sostenibili, comprendendo gli aspetti sociali ed economici che interessano ad esempio il rapporto tra piccoli produttori e la grande industria, oltre che la connessione con il territorio”. Spiega così, in due parole, la natura dell'agroecologia Marco Tasin, trentino di 49 anni che di questa disciplina è stato professore associato all'Università Svedese di Scienze Agrarie. A poco meno di un mese dal 26 settembre, quando in Trentino si voterà per l'istituzione di un Distretto biologico sul territorio provinciale (Qui Articolo), Tasin parla di una “grande occasione” per la Provincia, per “mangiare più sano, respirare aria più pulita” ma anche per puntare sulla nascita di “economie locali, di catene produttive che favorirebbero consumatori, produttori e tutto il territorio, anche in ottica turistica”.
Dopo una lunga esperienza all'estero, ora Tasin è tornato a Trento dove, un anno e mezzo fa, ha aperto una sua azienda agricola che porta avanti basandosi sui principi dell'agroecologia. “Si tratta di una disciplina che unisce il sapere tradizionale contadino alla conoscenza scientifica – racconta l'agricoltore trentino – e l'innovazione tecnologica al ritmo della terra, nel rispetto della biodiversità, senza dimenticare quegli aspetti sociali ed economici necessari per una transizione sostenibile del nostro modello agricolo”. Oggi con la sua attività Tasin punta a: “Creare orti e frutteti innovativi, dove affiancare specie arboree, arbustive ed erbacee da reddito con altre piante in grado di attirare insetti impollinatori e predatori. In questo modo mi è possibile ridurre al minimo, e spesso evitare completamente, il ricorso a prodotti per la protezione delle piante”. Tanta è anche l'attenzione che Tasin pone nella lavorazione del terreno in modo, dice lui: “Da salvaguardare micro-organismi utili alla produzione che vivono nel sottosuolo, evitando i concimi minerali in favore del compost. Vendo i miei prodotti a livello locale e organizzo visite guidate in campagna per discutere e condividere con i consumatori i valori alla base di questo tipo di produzione”.
Proprio negli scorsi giorni, nell'azienda agricola di Tasin si è tenuto un incontro a porte aperte al quale hanno partecipato, dice lui: “Una cinquantina di persone. Abbiamo discusso principalmente del potere che hanno i consumatori quando decidono di comprare un prodotto piuttosto che un altro e di come possono influenzare la nascita di nuovi modelli sostenibili”. Tutti temi legati a doppio filo al referendum sul Distretto biologico in Trentino, al quale ormai manca meno di un mese. “Sarebbe interessante sviluppare in Provincia un'agricoltura più legata al territorio, elaborando strategie che consentano di minimizzare, se non evitare addirittura, l'utilizzo di fertilizzanti e pesticidi – sottolinea Tasin – e il referendum va proprio in questa direzione. È una possibilità che ci è data per guardarci indietro e chiederci se il modello di agricoltura che abbiamo portato avanti finora, e che comprende monocolture intensive (come quella della mela) e l'utilizzo abbondante di fitofarmaci, sia sostenibile”. Monocolture che, dice l'agricoltore trentino: “A livello industriale portano ad una serie di problematiche come elevate popolazioni di insetti fitofagi, funghi patogeni ed erbe infestanti, depauperazione della sostanza organica del terreno, bassi rendimenti energetici, elevato utilizzo di fitofarmaci e fertilizzanti non riciclabili con conseguente inquinamento ambientale”.
Il Biodistretto potrebbe essere in poche parole l'occasione per “mangiare più sano e respirare aria più pulita”, spiega l'agricoltore trentino, ma anche per dare il via a tutta una serie di economie locali incardinate su nuove catene produttive che “favorirebbero tutti gli attori, dai consumatori ai produttori” fino addirittura al comparto turistico che gioverebbe, secondo Tasin, dell'attrattiva di una scelta 'bio' presa a livello provinciale. “Senza parlare della ricaduta sull'ambiente – continua – che sarebbe importantissima in tutto il Trentino”. Il coltello dalla parte del manico ce l'hanno comunque i consumatori, spiega Tasin, che devono in questo momento “fare una valutazione oggettiva di quello che vogliamo lasciare alle prossime generazioni. Per me è chiaro che la possibilità di cambiamento sia qui e ora, altri invece continuano a sostenere che i pesticidi non creino problemi”.
L'idea promossa da Tasin è in sostanza una: “Transizione dall'agricoltura industriale verso un'agricoltura locale, più indipendente da mezzi esterni (pesticidi, fertilizzanti e combustibili fossili) e allo stesso tempo in grado di rispondere alla domanda locale di cibo. Sarebbe un modo per uscire dal 'doppio imbuto' di acquisto di mezzi e materiali per la produzione e vendita dei prodotti agricoli nel quale si trovano ad operare la maggior parte delle aziende agricole odierne, che non riescono quindi ad influenzare realmente il mercato”. L'elevata concorrenza con altre aree produttive e l'estrema concentrazione dell'offerta, spiega infatti l'agricoltore trentino: “Non consentono un adeguamento dei prezzi per i produttori, che percepiscono remunerazioni simili a quelle di vent'anni fa. Di grande importanza in questo contesto è la relazione produttore-consumatori, perché contribuisce a riavvicinare chi mangia il cibo e chi lo produce e permette al produttore di tornare ad essere padrone del suo prodotto e al consumatore di far parte del processo produttivo”.
Per quanto riguarda il biologico in Trentino, racconta Tasin: “E' fondamentale creare dei gruppi di lavoro per portare avanti la transizione pluriennale dal metodo tradizionale, soprattutto per non spaventare chi teme questa novità. Quello che bisogna riuscire a trasmettere è l'importanza di un approccio diverso, che rimetta al centro il rapporto tra gli agricoltori e la terra. Oggi moltissimi si limitano ad aspettare le indicazioni dai tecnici (peraltro bravissimi nel portare avanti il loro lavoro) per capire che trattamenti utilizzare per le varie problematiche che si possono presentare. Io invece ho deciso di riprendere in mano il rapporto con il mio lavoro e la natura, ragionando su possibili alternative ai pesticidi, penso per esempio all'utilizzo di specie in grado di attirare i predatori degli insetti nocivi. È questo che intendo con 'ecosistema produttivo'”.