Referendum bio-distretto, il Comitato: “Nessun allarmismo sarà l’inizio di un percorso”. Coldiretti: “Al tavolo saremo propositivi”
Barbacovi (Coldiretti) possibilista: “Ci confronteremo con il Comitato promotore ed esporremo le nostre idee, l’importante è non forzare la mano altrimenti si generano malintesi”. Ecco cosa succederà davvero qualora il referendum sul bio-distretto dovesse passare. Giuliani del comitato promotore: “Nessun diktat, l'adesione sarà volontaria”
TRENTO. Proviamo a fare un’ipotesi: è il giorno dello spoglio dei voti per il referendum sul distretto biologico, i “sì” hanno vinto ed è pure stato superato il quorum del 40% da quel momento in poi cosa succederà? Questa almeno è la domanda che si stanno facendo in molti, soprattutto agricoltori e allevatori che temono di dover adeguare le loro attività da un giorno all’altro.
Questo è il primo mito da sfatare: “Non succederà nulla di tutto ciò – afferma Fabio Giuliani rappresentante del comitato promotore – il quesito, qualora dovesse passare, impegnerebbe la Provincia ad attivarsi per promuovere lo sviluppo del distretto biologico”. Il quesito d'altronde parla chiaro: “Volete che, al fine di tutelare la salute, l'ambiente e la biodiversità, la Provincia Autonoma di Trento disciplini l'istituzione su tutto il territorio agricolo provinciale di un distretto biologico, adottando iniziative legislative e provvedimenti amministrativi - finalizzati a promuovere la coltivazione, l'allevamento, la trasformazione, la preparazione alimentare e agroindustriale dei prodotti agricoli prevalentemente con i metodi biologici, ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 228/2001, e compatibilmente con i distretti biologici esistenti?”
Quindi né gli agricoltori né gli allevatori saranno chiamati a riconvertire nel breve periodo le loro attività, tempi e modi infatti dovranno essere stabiliti dalla Pat: “Il giorno dopo al referendum non succederà nulla – precisa Giuliani – ci siamo confrontati con molti contadini e allevatori agitati ma a loro abbiamo spiegato che questo sarà solo l’inizio di un percorso, l’adesione peraltro sarà volontaria”.
Ragionando sempre in un campo ipotetico, spetterà agli stessi operatori del settore scegliere dove collocarsi, se aderire fin da subito al bio-distretto oppure se farlo in un secondo momento o anche mai, in un percorso che potrebbe durare anche 10 anni. Tenendo presente che in Trentino esistono già quattro bio-distretti: Trento, Valle dei Laghi, Vanoi e Val di Gresta. L’unico obbligo se possibile sarà quello che vincolerà la Provincia ad attivarsi per recepire la volontà espressa dai referendari e in questo senso le opzioni sul tavolo sono le più disparate: “Da parte nostra – fanno sapere dal comitato promotore – lavoreremo per costruire una piattaforma dove coinvolgere produttori, enti, associazioni e istituzioni e magari arrivare a formulare un disegno di legge in grado di trovare un consenso trasversale”.
La Pat nel frattempo dovrà normare le procedure attraverso le quali istituire il distretto biologico e farsi garante della piattaforma che metta in comunicazione le varie realtà: “Il nostro – ripete Giuliani – sarà l’inizio di un lungo cammino ma non siamo di fronte né a un àut àut né tanto meno si vogliono imporre dei diktat ad agricoltori e allevatori”. Su questo punto, sottolinea lo stesso comitato, non esiste un solo metodo biologico ma è più corretto parlare di metodi al plurale dove ognuno può trovare la declinazione che meglio si adatta alla sua attività.
Sul referendum è intervenuta anche Coldiretti, attraverso il suo presidente Gianluca Barbacovi che abbiamo contatto, la posizione della confederazione si potrebbe sintetizzare come “un’apertura con riserva”. Infatti gli agricoltori avrebbero sicuramente preferito essere contatti prima che il quesito fosse presentato e non a cose fatte, ad ogni modo questo mercoledì (12 febbraio) Barbacovi incontrerà i rappresentanti del comitato promotore: “Siamo ben disposti e al tavolo saremo propositivi portando quelle che sono le nostre idee”.
Come già anticipato il referendum ha destato non poche preoccupazioni nel mondo agricolo: “Noi siamo da sempre a favore del metodo biologico – continua Barbacovi – ma non per questo devono esserci delle imposizioni o delle forzature, le imprese devono avere la possibilità di scegliere”. Per certi versi i coltivatori sono preoccupati che il referendum possa generare degli equivoci o peggio, scoraggiare i consumatori restituendo un’immagine non veritiera del settore agricolo trentino: “Il biologico va bene, ma non pensiamo che questo sia il futuro dell’agricoltura trentina, dove tradizionalmente il sistema più diffuso è quello integrato che meglio si adatta alle peculiarità del territorio.
Il presidente di Coldiretti ci tiene a sottolineare come già da tempo gli agricoltori cerchino di limitare al minimo l’utilizzo di prodotti chimici (QUI articolo) ma certe minacce, cimice asiatica e drosophila suzukii vanno combattute: “La chimica è indispensabile per poterci difendere, certo va integrata da altri fattori come le reti e la vespa samurai, ma spesso è decisiva per la salute delle colture”.
L’agricoltura integrata, unita a una progressiva riduzione dell’utilizzo dei prodotti chimici, potrebbero essere il punto d’incontro fra Comitato e Coldiretti, nonostante le perplessità sollevate da quest’ultima “perché non venga disconosciuto quanto di buono è stato costruito nel corso degli anni”, anche con sacrifici da parte dei coltivatori. “L’agricoltura integrata riesce a coniugare tutte le lavorazioni con un sempre minor impatto della chimica – conclude Barbacovi – non dimentichiamo che per essere sostenibile l’agricoltura deve esserlo anche dal punto di vista economico e sociale, se molte valli non si spopolano è proprio grazie al settore agricolo che tutela il lavoro, ma anche l’ambiente: dove c’è l’agricoltura l’Italia non frana”.