Contenuto sponsorizzato
Sport

Gli itinerari de L’AltraMontagna: sul Mont Glacier, di fronte ai giganti della Valle d’Aosta

Una valle quasi nascosta, un Parco naturale, grandi spazi e una cima panoramica: gli ingredienti giusti per un’escursione di grande soddisfazione

di
Luigi Dodi
03 maggio | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Entrando in Valle d’Aosta, lasciata a destra la Valle di Gressoney e raggiunto il bel Forte di Bard, sul versante occidentale (in destra orografica) si apre forse la più solitaria valle laterale della regione. Da sempre mi ha incuriosito questo solco remoto, mentre mi dirigevo verso i grandi Quattromila e le distese di ghiaccio del Rosa, del Gran Paradiso o di sua maestà il Bianco, o mi inoltravo nelle “minori” e bucoliche Valle di Rhêmes o Valsavarenche. Finché un giorno di molti anni fa, dovendo decidere dove andare a sgranchirsi le gambe, e volendo restare lontani dai soliti circuiti, decidemmo di esplorare finalmente la Valle di Champorcher. Sapevo già che c’era qui un’area protetta, anche se, in tempi cui internet non era ancora onnipresente, mi sfuggiva il dettaglio che il Parco naturale del Mont Avic è stato il primo a essere istituito in Valle d’Aosta, tanto per dirne una. E così, recuperata una cartina, studiai l’area, accorgendomi per esempio che il Parco confina, a sud, con quello ben più celebre del Gran Paradiso. Diversi i Tremila che dominano l’alta valle, che a ovest confina, attraverso la Finestra di Champorcher, con la Valle di Cogne. Dove andare? Che giro fare? Forse proprio alla Finestra di Champorcher? O superare il Lac Miserin e salire verso il Colle della Rosa? Poi, sarà per il nome, o per la quota, superando la fatidica cifra dei 3000 metri, la mia attenzione si sposta sul Mont Glacier. Un sentiero vi arriva direttamente in cima, anche se è segnato per esperti. Cosa chiedere di più? Non ci lasciamo nemmeno intimorire dal fatto che l’estate non è ancora del tutto arrivata, e rischiamo di incontrare neve. Pazienza, vedremo sul momento, non sarebbe la prima volta che torniamo indietro senza raggiungere la meta.


Gli ampi spazi dell’alta Valle di Champorcher. © Sophie Ferlin

Tra grandi praterie alpine
Eccoci quindi a risalire la strada della valle, non particolarmente agevole, soprattutto oltre il “capoluogo” (le virgolette sono d’obbligo: nessuno in giro, un negozietto, un solo bar aperto). Quando termina l’asfalto, e iniziamo a salire la sterrata che si inoltra sul fianco della valle verso Dondena, ci chiediamo se l’auto ce la farà. Sì, pare farcela, anche se in certi tratti bisogna davvero andare piano e fare lo slalom tra grandi buche e profondi canali di scolo. Ma eccoci arrivati, finalmente, al parcheggio di Dondena (o Dondenaz, con la z finale, come si usa in Valle d’Aosta), a poco più di duemila metri di quota, dove gli alberi sono già spariti e davanti a noi, oltre le baite dell’omonimo alpeggio, si aprono grandi pascoli. La segnaletica ci indica la direzione da seguire, e senza perdere tempo iniziamo a salire, ancora lungo una sterrata, verso il rifugio Dondena, il lungo e basso caseggiato a 2189 metri che raggiungiamo in meno di 15 minuti. Troppo poco per fare una pausa, quindi proseguiamo rapidi, seguendo il segnavia n° 5A (ma le numerazioni sono anche altre, si separeranno più avanti), ancora lungo un tratto di sterrata che, quasi in piano, contorna alla base il Monte Dondena, superando una modesta strozzatura della valle. Ed ecco che, poco oltre, presso il primo bivio, si apre un mondo di vaste distese di pascoli d’alta quota, ondeggianti tra dossi e avvallamenti, con i versanti che salgono ripidi alle cime più alte. Abbandoniamo la sterrata, che sappiamo procedere fino al rifugio Miserin, e prendiamo a destra, finalmente un sentiero (questa volta non c’è dubbio: è il numero 5C, o 8A). Valichiamo il torrente Ayasse, alziamo lo sguardo e riusciamo solo a intuire la nostra meta, ancora invisibile agli occhi. Superiamo la piana erbosa, e iniziamo a salire. La traccia zigzaga sul pendio, poi al bivio volge a destra, lasciando a sinistra il sentiero per il Col Pontonnet, e quasi tornando indietro va a traversare un ripido pendio, per portarsi su un altro pendio quasi perfettamente triangolare, che risaliamo con continue svolte fino a quando si chiude tra due canali. Uno sguardo alla cartina, capiamo di essere ai piedi del Mont Delà, mentre di fronte a noi inizia a svelarsi un panorama grandioso, con il Lac Miserin, tutta la Valle di Champorcher, la Rosa dei Banchi, là a destra la Finestra di Champorcher, e soprattutto la serie quasi infinita di dossi erbosi ai nostri piedi, interrotti da pianori e avvallamenti, la principale caratteristica di questi luoghi.

 

Conche sospese, e poi la vetta
Un breve traverso, ancora un po’ di salita per superare, tra rocce e detriti, una dorsale, e ci affacciamo su un anfiteatro sospeso, una conca nascosta, con al suo centro il piccolo Lago Gelato (2823 m), che in effetti è ancora gelato. Il Mont Glacier, la nostra meta, è lì in alto, riusciamo a scorgerne non la cima, ma la mole complessiva, e il versante di salita. Innevato. D’altronde, la neve copre già diversi tratti del sentiero che ci sta portando verso il vicino Col Pussy, e diverse impronte ci fanno capire di non essere i primi a passare di qui. Quando infatti arriviamo ai 2910 metri del colle, troviamo un nutrito gruppo di ragazzi che ridono e scherzano. L’abbigliamento lascia intuire che non sono proprio avvezzi all’alta quota, e ci chiediamo cosa ci fanno qui, a quasi tremila metri, con pedule leggere e giacchini che ti viene freddo solo a guardarli. Ci scambiamo i saluti di rito, ammiriamo il panorama sull’altro versante, nulla di incredibile a dire il vero, ma è l’ultima parte di salita ad attirare di più i nostri sguardi. Non abbiamo ramponi, e la neve non è poca: riusciremo a salire? Un breve consulto, e decidiamo di provarci, al massimo torniamo indietro. Salutiamo i ragazzi, che ci guardano incuriositi, e due di loro si fanno avanti, chiedendoci se andiamo sul Glacier. Sì, ci proviamo almeno. Chiedono di venire con noi, vorrebbero salire anche loro, ma da soli non se la sentono. Guardiamo le loro scarpe, hanno delle pedule leggere, ma la suola non è male, quindi, declinando ogni responsabilità in caso di insuccesso, riprendiamo il cammino con loro, mentre gli amici aspetteranno qui. Traversiamo in alto sulla conca, la pendenza è ancora modesta e la neve tiene bene. Poi la salita si fa più decisa, il pendio ripido, con la neve che lo copre uniforme. Il sentiero non si vede più, ma la direzione è chiara, e quasi intagliando un gradino alla volta, saliamo spediti. Raggiungiamo una poco marcata dorsale, e capiamo che la dobbiamo risalire per la massima pendenza, perché i versanti ai suoi lati sono troppo ripidi. I due ragazzi sembrano un po’ intimoriti, guardano in basso, salutano da lontano – forse invidiandoli – i loro amici fermi al colle. Chiediamo loro se sono convinti di proseguire, specificando che rischi oggettivi non ce ne sono, la neve tiene bene e si sale senza pericolo, ma che bisogna comunque fare attenzione, e non si deve scivolare, per nessun motivo. Sì, non vogliono mollare ora, e comunque se la cavano bene, hanno un passo sicuro, quindi proseguiamo, troppo concentrati per guardarci intorno. E quando arriviamo in cima, e finalmente tiriamo il fiato e possiamo guardarci intorno, ci si svela un panorama che ha dell’incredibile. E non solo per le cime che si vedono, dal Gran Paradiso alla catena del Monte Bianco, con la Grivola che spunta a destra della Tersiva, dal Grand Combin al Cervino, al Gruppo del Rosa. Ai nostri piedi, infatti, si dipana tutta l’alta Valle di Champorcher, mentre sul versante opposto si aprono due ampi valloni, disseminati di laghi, in un’area davvero selvaggia, pochissimo battuta dagli escursionisti, eppure così affascinante. Il tempo non volge al meglio, e decidiamo che è ora di scendere. Ripercorriamo i nostri passi, tutti insieme almeno fino all'ultimo pendio innevato, poi salutiamo i nostri compagni occasionali, che ci ringraziano per averli “accompagnati” fin lassù, e scendiamo rapidi a valle. Purtroppo ci aspettano un viaggio di ritorno non proprio breve e altri impegni a casa, perché giunti all’ultimo bivio, chiedo al mio socio se vuole allungare un po’ il ritorno, per traversare al Lac Pontonnet e rientrare per il Lac Miserin. Per un attimo intuisco che vorrebbe dirmi di sì, e lo spero anche. Scoppiamo a ridere, e torniamo a più miti consigli, rimandando a un altro giorno l’esplorazione di questa valle nascosta.

 

IL PERCORSO
Regione: Valle d’Aosta
Partenza: località Dondena (2103 m)
Accesso: uscendo dall'autostrada a Pont San Martin, si continua sulla statale fino a Hône, per poi risalire interamente la Valle di Champorcher e quindi seguire le indicazioni per Dondena
Arrivo: Mont Glacier (3185 m)
Disilvello: 1100 m
Durata: 3 h e 30 min/4 h
Difficoltà: EE (escursionisti esperti)

 

Immagine di apertura: Il Lac Miserin (2582 m), con l’omonimo rifugio. Sull sfondo, a destra, il Mont Glacier (3185 m). © Sophie Ferlin

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Attualità
| 22 gennaio | 19:45
A New Orleans si è verificata una tra le nevicate più importanti di sempre. "Il sistema climatico è complesso, non possiamo aspettarci che risponda in modo semplice e lineare. In un mondo sempre più caldo non è assurdo che si verifichino locali e temporanei eventi freddi con una frequenza addirittura più alta che in passato"
Attualità
| 22 gennaio | 18:00
La piana del Fucino, in Abruzzo, è uno dei principali poli spaziali europei. L'area è finita sotto i riflettori dei media perché ospiterà il centro di controllo del progetto "Iris2", una delle più importanti iniziative finanziate dall'Unione Europea per sviluppare una rete di satelliti dedicati a fornire connessioni internet sicure ai cittadini europei
Sport
| 22 gennaio | 13:00
Donato al Museo etnografico Dolomiti, è stato esposto dopo un’accurata ripulitura e manutenzione che lo ha portato all'originario splendore
Contenuto sponsorizzato